Vivendi dovrà risarcire Mediaset per Premium con 1,7 milioni


AGI – Il tribunale di Milano ha sancito che il ‘rastrellamento’ delle azioni Mediaset da parte di Vivendi nel dicembre 2016 per un quantitativo complessivamente di poco inferiore al 30% non possa essere ritenuto illegittimo ma che nell’accordo siglato nell’aprile di quello stesso anno per la compravendita di Mediaset Premium, ci sono stati ‘inademipmenti’ da parte della società francese che dovrà quindi risarcire Mediaset ed Rti mediante pagamento di una somma complessiva di oltre 1,7 milioni di euro. 

La guerra finanziaria, societaria e giudiziaria tra le due società è iniziata proprio dopo il mancato rispetto dell’accordo per l’acquisto da parte di Vivendi di Mediaset Premium, la vecchia pay tv del gruppo di Cologno. Per vedersi riconoscere i propri diritti, la famiglia Berlusconi si è rivolta alla giustizia, mentre i francesi hanno reagito con l’acquisto a man bassa di azioni Mediaset in Borsa che aveva messo in moto Consob e Agcom.

Per il rastrellamento di azioni Mediaset a Piazza Affari, la Procura di Milano sta indagando per aggiotaggio il principale azionista di Vivendi, Vincent Bollorè, e l’amministratore delegato della società, Arnaud de Puyfontaine.

Le tappe della vicenda

– 8 aprile 2016: Mediaset e Vivendi annunciano di aver raggiunto un accordo per lo sviluppo di nuovi progetti industriali su scala internazionale e il contemporaneo scambio reciproco di un pacchetto di azioni pari al 3,5%. Con quel contratto, il gruppo francese si impegna all’acquisto di Mediaset Premium, la pay tv del Biscione. 

– 26 luglio 2016: Vivendi comunica con una nota di non voler più rispettare l’accordo e di aver informato di questo il management di Mediaset. Per i francesi, la due diligence sulla pay tv di Cologno Monzese aveva fatto emergere risultati discordanti rispetto a quelli resi noti da Mediaset prima di siglare l’intesa. Più chiaramente, de Puyfontaine sostiene in un’intervista successiva che “è come se ci avessero invitato a cena in un ristorante a tre stelle e poi ci siamo ritrovati in un McDonald’s”. 

– 28 luglio 2016: Il consiglio di amministrazione di Mediaset annuncia una serie di azioni “a tutela della società”, tra cui, si verrà a sapere poi, rientra la deposizione al Tribunale di Milano dell’atto di citazione contro Vivendi per chiedere il rispetto del contratto firmato l’8 aprile.

– 23 agosto 2916: E’ il giorno in cui Fininvest, primo azionista di Mediaset, deposita, sempre al Tribunale di Milano, un atto di citazione nei confronti di Vivendi alla quale chiede, oltre al rispetto dell’intesa già firmata, un risarcimento danni non inferiore a 570 milioni di euro. 

– 12 dicembre 2016: Dopo dieci giorni di scambi vertiginosi a Piazza Affari, Vivendi ufficializza di aver superato la soglia del 3% del capitale sociale di Mediaset e di voler diventare “il secondo maggiore azionista” del gruppo. 

– 21 dicembre 2016: Si placa il boom del titolo Mediaset in Borsa. La nuova fotografia dell’azionariato della società vede Vivendi al 28,8% del capitale e al 29,94% dei diritti di voto, a un soffio dalla soglia del 30% dopo la quale scatta l’obbligo di opa. Lo shopping costa ai francesi 1,3 miliardi di euro circa. Sempre nello stesso arco temporale, Fininvest rafforza la propria posizione portandosi quasi al 40% del capitale di Mediaset. 

– 11 gennaio 2017: Viene ascoltato in Procura a Milano il consigliere di Vivendi Tarak Ben Ammar, storico amico di Silvio Berlusconi e socio di Vincent Bollorè. La settimana successiva Ben Ammar viene sentito nuovamente dai titolari dell’inchiesta. Il finanziere franco-tunisino si è sempre detto disponibile a svolgere il ruolo di mediatore per arrivare a una pacificazione tra le due parti in causa e di non voler favorire nessuna di essa. 

– 24 febbraio 2017: la Procura di Milano indaga Bollorè e Arnaud de Puyfontaine per aggiotaggio.

– 20 marzo 2017: il giudice della sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Milano Vincenzo Perroziello, chiede di riunire le due cause intentate da Mediaset e Vivendi.
– 21 marzo 2017: le cause vengono riunite e le udienze vengono aggiornate a ottobre.

– 10 aprile 2017: una delibera dell’Agcom impone a Vivendi, in ottemperanza alla normativa in materia di concentrazione nel settore italiano delle telecomunicazioni, di scegliere tra la presenza nel capitale sociale di Mediasert e la conservazione della partecipazione in Tim, di cui è il primo azionista con il 24% circa del capitale.

La delibera porta di fatto al congelamento di quasi il 20% di Mediaset detenuto da Vivendi in un trust (Simon Fiduciaria) che non ha mai avuto diritto di voto nelle assemblee del Biscione, creando il vulnus a una serie di altri ricorsi e querelle giudiziarie che saranno alla base dell’annullamento o del ritiro di alcune delibere adottate dagli azionisti riuniti in assemblea.

– Giugno 2019: i cda di Mediaset e della sua controllata iberica, Mediaset Espana, decidono di proporre ai rispettivi soci di fondersi in una nuova capogruppo con sede in Olanda e denominata MfE (MediaforEurope), destinata a diventare nelle intenzioni della famiglia Berlusconi il futuro polo di una tv generalista di respiro paneuropeo.

– Febbraio 2020: Mediaset, dopo mesi di lavoro, e un duro ostracismo dei francesi anche nelle aule dei Tribunali di Olanda, Spagna e Italia, ritira il progetto MfE con l’impegno di rivisitarlo e riproporlo in futuro.

– 3 settembre 2020: La Corte di Giustizia Europea stabilisce che “la disposizione italiana che impedisce a Vivendi di acquisire il 28% del capitale di Mediaset è contraria al diritto dell’Unione”. Si creano quindi le condizioni per cui venga annullata la delibera Agcom dell’aprile 2017 che in effetti aveva applicato per la prima volta quanto previsto dal Testo unico dei servizi media e audiovisivi e radiofonici (il Tusmar) in materia di eccessiva concentrazione nel settore delle Tlc del Paese.

– 4 dicembre 2020: entra in vigore la cosiddetta norma ‘Salva Mediaset’, nata fondamentalmente per colmare il vuoto normativo creato dalla sentenza della Corte Ue del 3 settembre. Con il provvedimento si danno in sostanza all’Agcom sei mesi di tempo per verificare se lo scongelamento del diritto di voto del socio francese nel gruppo televisivo di Cologno incida negativamente sul pluralismo informativo e quindi agire di conseguenza.

– 23 dicembre 2020: Il Tar del Lazio, a seguito del pronunciamento della Corte di Giustizia Europea, annulla la delibera dell’Agcom del 10 aprile 2017 che aveva imposto a Vivendi di scegliere tra la partecipazione rilevante in Tim e quella in Mediaset.

Source: agi