Gli esiti dell’indagine conoscitiva in materia di sanità integrativa condotta dalla Commissione Sanità e Lavoro del Senato dovrebbero portare a un’iniziativa legislativa per il riordino normativo del sistema entro l’estate. Alcune considerazioni alla luce degli ultimi dati diffusi dall’Anagrafe del Ministero della Salute
di Michaela Camilleri
La 10° Commissione (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico, previdenza sociale) del Senato sta conducendo un’indagine conoscitiva in materia di assistenza sanitaria integrativa con l’obiettivo di valutare un intervento legislativo di riordino del sistema che, secondo le ultime dichiarazioni del Presidente Zaffini, potrebbe già arrivare entro l’estate. La volontà di intervenire nasce, come già accaduto altre volte in passato seppur muovendo da presupposti diversi, dalla necessità di accrescere l’integrazione tra SSN e sanità integrativa, muovendosi secondo tre direttrici: costruire un modello di governance più strutturato e omogeneo e che garantisca più trasparenza e rendicontazione, promuovere il monitoraggio su attività e prestazioni sanitarie offerte e ampliare la platea dei beneficiari. Il che è assolutamente coerente con la situazione demografica e finanziaria del nostro Paese: da un lato, il progressivo invecchiamento della popolazione genererà pesanti ricadute sul sistema sanitario pubblico che si stanno già verificando oggi e che difficilmente potranno essere superate in futuro senza il contributo dei cittadini attraverso la partecipazione a forme di assistenza sanitaria integrativa; dall’altro, le esigenze di finanza pubblica non lasceranno ampi margini per un ulteriore aumento della spesa per il welfare nel suo complesso (pensioni, sanità e assistenza). Spesa che ha già raggiunto dimensioni poco sostenibili.
Da dove partiamo
Il sistema della sanità integrativa è in continua espansione e coinvolge oltre 16 milioni di cittadini, poco meno del doppio di quelli iscritti alla previdenza complementare. Ciononostante, a differenza di quanto previsto per i fondi pensione, manca una legge quadro che regoli le diverse forme di assistenza sanitaria integrativa e ne preveda il monitoraggio e la vigilanza. Attualmente infatti il sistema di governance si fonda sull’Anagrafe dei Fondi sanitari, tenuta presso il Ministero della Salute con il compito di rilevare i soggetti che operano in questo ambito, e che si iscrivono volontariamente, e verificare la soglia delle risorse vincolate destinate alle prestazioni complementari al SSN per l’ottenimento del beneficio fiscale. All’Anagrafe dei Fondi sanitari si sono recentemente affiancati l’Osservatorio nazionale permanente dei fondi sanitari integrativi (OFSI) che opera presso la Direzione generale della programmazione sanitaria del Ministero della salute (DM 15 settembre 2022) e il Cruscotto delle prestazioni dei fondi sanitari che si instaura, con finalità di monitoraggio, all’interno della piattaforma del Nuovo sistema informativo sanitario e si interfaccerà con l’attuale Sistema informativo anagrafe dei fondi sanitari (SIAF) (DM 30 settembre 2022).
Occorre, tuttavia, considerare che l’implementazione del Cruscotto rimarrà sperimentale fino al 2024, e solamente dall’anno successivo sarà prevista l’obbligatorietà per i Fondi e le Casse di fornire i dati richiesti salvo l’impossibilità di iscriversi all’Anagrafe dei fondi sanitari. Sebbene il passo compiuto dal precedente esecutivo vada nella direzione giusta, ovvero garantire una maggiore trasparenze e disponibilità di dati e informazioni sul settore, la strada da percorrere rimane lunga, soprattutto se si considera che, a oggi, i dati raccolti dall’Anagrafe relativi all’anno fiscale 2022 possono offrire una fotografia parziale del sistema in quanto l’iscrizione è facoltativa. Proprio questi dati mostrano tuttavia interessanti tassi di crescita in termini di numero di operatori ma soprattutto come numero di iscritti e importi delle prestazioni erogate, il che determina anche un aumento del patrimonio complessivo di questi nuovi investitori istituzionali.
I dati dell’Anagrafe dei Fondi
Gli ultimi dati dell’Anagrafe dei Fondi relativi all’anno fiscale 2022 indicano un numero di enti attestati pari a 324, in leggero calo rispetto al biennio precedente (erano 334 nel 2021 e 327 nel 2020). Di questi, 311, ovvero il 96% sono cosiddetti fondi tipo B, mentre i restanti 13, pari al 4%, sono fondi tipo A. I fondi tipo B sono enti, Casse e società di mutuo soccorso “aventi finalità esclusivamente assistenziale” (detti anche fondi “non doc”) che possono erogare anche prestazioni sanitarie comprese nei LEA, quindi complementari e sostitutive al SSN, ma che per ricevere l’iscrizione all’Anagrafe ed essere ammessi ai benefici fiscali, sono tenuti a dedicare almeno il 20% delle risorse per prestazioni, cosiddetta “soglia delle risorse vincolate”, a precisi ambiti di intervento: assistenza odontoiatrica, non autosufficienza e recupero di soggetti che si trovano temporaneamente inabili al lavoro a causa di infortunio o malattia. Tali enti hanno spesso un’origine di tipo contrattuale, sono rivolti ai lavoratori dipendenti di uno o più comparti e, in alcuni casi, l’adesione avviene automaticamente con la stipula del contatto di lavoro durante l’assunzione. I fondi tipo A sono invece “fondi integrativi del Servizio Sanitario Nazionale”, istituiti ai sensi dell’art. 9 del D.lgs. 502/92 e successive modificazioni, che erogano esclusivamente prestazioni extra LEA e sono quindi solo integrativi del SSN (detti anche “doc”). Tali fondi non prevedono forme di selezione dei rischi per l’adesione e sono rivolti a tutti i cittadini e non a singole categorie. Guardando all’andamento della numerosità dei soggetti attestati dal 2010 a oggi, si evidenzia come la composizione rappresentata non si sia sostanzialmente modificata nel tempo con la prevalenza assoluta di fondi di tipo B.
Ai 324 fondi attestati dall’Anagrafe risultano iscritti 16,27 milioni di soggetti, incrementati di quasi 5 volte rispetto ai 3,3 milioni del 2010 (primo anno fiscale di rilevazione). L’ultimo dato disponibile relativo agli iscritti per tipologia, ripartito per lavoratori dipendenti, autonomi, familiari a carico e pensionati con i loro familiari, risale purtroppo al 2016 quando il totale generale era indicato in 10,62 milioni così distribuiti: 6.680.504 lavoratori dipendenti (62,9%) 1.074.038 lavoratori autonomi (10,11%), 2.160.917 familiari a carico, di cui 251.955 relativi ai lavoratori autonomi, 527.716 pensionati e 173.672 familiari di pensionati.
Non è, tuttavia, possibile conoscere quanto viene versato dagli iscritti in termini di contributi in quanto l’Anagrafe non fornisce informazioni in merito alle entrate delle diverse forme di assistenza sanitaria integrativa censite. Questo dato risulta di fondamentale importanza per valutare lo stato di salute del sistema ed è auspicabile venga reso pubblico in futuro. Dai dati dell’Anagrafe è, dunque, possibile ricavare solamente le informazioni relative all’ammontare generale e parziale (per prestazioni extra-LEA previste per legge almeno pari al 20% del totale) erogato agli iscritti per prestazioni sanitarie: nel 2022 le forme di assistenza sanitaria integrativa iscritte all’Anagrafe hanno erogato prestazioni per un valore pari a 3,24 miliardi di euro, di cui 1,07 miliardi (32,97%) destinati esclusivamente all’erogazione di prestazioni extra-LEA. Tra il 2017 e il 2018 si è registrato l’incremento più elevato sia rispetto all’ammontare generale, cresciuto del 14,6%, sia di quello parziale (+16,2%). Segue, in termini di variazione dell’importo delle prestazioni erogate, il periodo tra il 2020 e il 2021 per effetto del maggior impegno da parte dei fondi nel periodo di diffusione della pandemia da COVID-19. Anche nel 2022 i due valori, seppur in maniera più contenuta, sono aumentati: l’ammontare generale è passato da 3,09 miliardi di euro a 3,24 miliardi (+5%), mentre l’ammontare parziale da 1,02 miliardi di euro a 1,07 miliardi (+5%).
È, dunque, auspicabile che venga finalmente realizzata una legge quadro che definisca tutti gli aspetti del settore, esattamente come avviene per la previdenza complementare, dalle fonti istitutive, alla definizione delle diverse tipologie di forme di assistenza sanitaria integrativa, dai vantaggi fiscali alla vigilanza e alla trasparenza (a partire dalla pubblicazione dei bilanci consuntivi). In particolare, in merito agli aspetti fiscali, sarebbe auspicabile che venisse superato l’attuale e poco costituzionale sistema duale di deducibilità e detraibilità per iscritti contrattualizzati e non. Insomma, una versione 2.0. della sanità integrativa per cui si attende un primo impulso normativo già a partire dall’estate.
Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali