Ecco la prova sperimentale che unisce la relatività di Einstein alla meccanica quantistica di Heisenberg. La scoperta grazie ad una teoria degli anni ’80 che sembrava non dare i frutti sperati
Torniamo su uno dei grandi enigmi della scienza del ‘900, ovvero la costruzione della “più bella delle teorie”, quella in grado di mettere insieme, individuandone una matrice comune, le principali leggi della fisica. Già perché appena è stata individuata una nuova strada è arrivata una conferma sperimentale per quella “vecchia”, che sembrava non funzionare affatto.
Nella teorizzazione di quella “norma del tutto”, su cui i più brillanti fisici teorici del nostro tempo e del secolo scorso si sono arrovellati, c’è sempre stato infatti un muro altissimo da superare: mettere insieme la relatività generale di Albert Einstein (che spiega la gravità attraverso la curvatura dello spaziotempo) e la meccanica quantistica di Werner Karl Heisenberg (che governa le particelle più piccole dell’Universo). Per l’unificazione, l’ipotesi era che la teoria della gravità di Einstein dovesse essere modificata, o “quantizzata”, per adattarsi alla teoria quantistica. Ma questo sistema non ha funzionato mandando la teoria della gravità quantistica, pensata negli anni ’80 del secolo scorso, su un binario morto.
Recentemente alla comunità scientifica internazionale era stata presentata una nuova teoria, sviluppata dal professor Jonathan Oppenheim (UCL Physics & Astronomy), che adottava un approccio alternativo suggerendo che lo spaziotempo essendo totalmente classico, da un punto di vista matematico, non potesse essere affatto governato dalla teoria quantistica, che usa un algebra di tipo discreto, non continua. Invece di modificare lo spaziotempo, la nuova teoria – denominata “teoria postquantistica della gravità classica” – modificava la teoria quantistica e ipotizzando un crollo intrinseco della prevedibilità mediato dallo spaziotempo stesso. “La teoria quantistica e la teoria della relatività generale di Einstein sono matematicamente incompatibili tra loro, quindi è importante capire come viene risolta questa contraddizione. Lo spaziotempo dovrebbe essere quantizzato, o dovremmo modificare la teoria quantistica, o ancora dovremmo trovare qualcos’altro di completamente diverso?”, ha detto Oppenheim.
Ma proprio in queste ore sembra essere arrivata una conferma importante a riguardo della teoria della gravità quantistica che proprio per la sua fragilità sembrava essere finita in un cassetto. Infatti, è stato scoperto come misurare la gravità alla maniera di Heisenberg. La dimostrazione in un esperimento condotto dai fisici dell’Università di Southampton, in collaborazione con scienziati europei, pubblicato sulla rivista Science Advances. Gli esperti non hanno mai compreso appieno come la forza scoperta da Isaac Newton funzioni nel minuscolo mondo quantistico. Persino Einstein rimase perplesso di fronte alla gravità quantistica e, nella sua teoria della relatività generale, disse che non esisteva un esperimento realistico che potesse mostrare una versione quantistica della gravità. Ma, ora i fisici, grazie ad una nuova tecnica, hanno rilevato con successo una debole attrazione gravitazionale su una minuscola particella. Secondo gli scienziati, ciò potrebbe aprire la strada alla scoperta dell’elusiva teoria della gravità quantistica. I ricercatori hanno utilizzato magneti levitanti per rilevare la gravità su particelle microscopiche, abbastanza piccole da sconfinare nel regno quantistico.
“I risultati potrebbero aiutare gli esperti a trovare il pezzo di puzzle mancante nel nostro quadro della realta”, ha detto Tim Fuchs, dell’Universitaà di Southampton e autore principale dell’articolo che descrive l’esperimento. “Per un secolo, gli scienziati hanno cercato e fallito nel capire come la gravità e la meccanica quantistica funzionassero insieme, ha notato ancora Fuchs. “Ora che abbiamo misurato con successo i segnali gravitazionali alla massa più piccola mai registrata, siamo un passo più vicini a capire finalmente come funzionano in tandem”, ha aggiunto lo scienziato. “Da qui inizieremo a scalare la sorgente verso il basso utilizzando questa tecnica fino a raggiungere il mondo quantistico su entrambi i lati – ha concluso Fuchs -. Comprendendo la gravità quantistica, potremmo risolvere alcuni dei misteri del nostro universo, come la sua origine, ciò che accade all’interno dei buchi neri o l’unione di tutte le forze in un’unica grande teoria”.
Le regole del mondo quantistico non sono ancora del tutto comprese dalla scienza, ma si ritiene che le particelle e le forze su scala microscopica interagiscano in modo diverso dagli oggetti di dimensioni normali. I ricercatori di Southampton hanno condotto l’esperimento assieme agli scienziati dell’Università di Leiden nei Paesi Bassi e dell’Istituto per la fotonica e le nanotecnologie in Italia, con il finanziamento della sovvenzione Horizon Europe EIC Pathfinder dell’UE. Lo studio si è servito di una sofisticata configurazione, che comprende dispositivi superconduttori, noti come trappole, con campi magnetici, rivelatori sensibili e un avanzato isolamento dalle vibrazioni. I ricercatori sono riusciti a misurare una debole forza di attrazione, appena 30aN, su una minuscola particella di 0,43 mg, facendola levitare a temperature di congelamento di un centesimo di grado sopra lo zero assoluto, circa meno-273 gradi Celsius. “I risultati aprono la strada a futuri esperimenti tra oggetti e forze ancora piu’ piccole”, ha sottolineato Hendrik Ulbricht, professore di fisica all’Università di Southampton. “Stiamo spingendo i confini della scienza che potrebbero portare a nuove scoperte sulla gravita’ e sul mondo quantistico”, ha specificato Ulbricht. “La nostra nuova tecnica, che utilizza temperature estremamente fredde e dispositivi per isolare le vibrazioni della particella, si rivelerà probabilmente la via da seguire per misurare la gravità quantistica”, ha osservato ancora lo studioso. “Svelare questi misteri ci aiutera’ a svelare altri segreti sulla struttura stessa dell’universo, dalle particelle più piccole alle strutture cosmiche più grandiose”, ha concluso Ulbricht.
Di Davide Re – fonte: https://www.avvenire.it/agora/pagine/prima-misurazione-quantistica-della-gravita