Verso il voto. Giovani e politica: l’importanza di un approccio costruttivo


don Matteo Cella

Siamo arrivati troppo tardi, non c’è più tempo. Non abbiamo strumenti per migliorare la situazione e l’Europa non riesce a giocare un ruolo fondamentale in questo cambiamento” dice uno dei partecipanti ai Caffè Politici organizzati da Politics Hub.

È davvero così? Il ruolo della politica è finito? Il contributo che i giovani possono offrire alle grandi sfide che accomunano la società è irrilevante o destinato a restare inascoltato? Lo pensano in molti: il dato dell’astensionismo tra i giovani nelle ultime tornate elettorali ha superato il 40%.

Eppure, esistono esperienze nella quali la nuova generazione prova a riprendere in mano il tema politico. Lo stile che i ragazzi scelgono è particolarmente interessante: rifiutano la conflittualità recitata come accade nei talk show televisivi, chiedono un linguaggio comprensibile – diretto – scevro di tecnicismi, pretendono che nulla sia dato per già noto e che tutto si possa spiegare e, soprattutto, desiderano andare al cuore delle questioni. Di esempi virtuosi a cui attingere ne esistono molti.

Tra le esperienze interessanti c’è proprio Politics Hub: un’associazione di giovani che si impegna per rappresentare le istanze della nuova generazione attraverso il confronto e l’approfondimento. Si tratta di una realtà apartitica ma che interpella la politica e va alla ricerca delle competenze per capire il presente e cercare soluzioni per le sfide che i giovani avvertono più urgenti. Nel manifesto dei valori si legge: “dialogo senza aggressività, rispetto per l’interlocutore e la pluralità delle opinioni nella convinzione del valore del processo democratico”.

“Il nostro obiettivo è creare spazi di dialogo tra ragazzi che hanno il desiderio di approcciarsi criticamente alle sfide odierne, lontano da ogni logica partitica ed elettorale”.

www.politicshub.it

L’associazione milanese, molto attiva sul social network, in vista delle prossime elezioni Europee ha organizzato nei giorni scorsi un evento in collaborazione con ISPI – Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, e Will media: One Europe in Common.

Ad attrarre l’attenzione, oltre che i contenuti di grande rilievo dell’incontro, è anche il metodo con il quale è stato gestito. Il simbolo che ben riassume l’approccio e che è proiettato in grande alle spalle delle persone sul palco mostra due cerchi che si intersecano: due insiemi con uno spazio comune.

A caccia di elementi di condivisione
L’immagine esprime in modo chiaro la coesistenza di pensieri diversi ma anche la possibilità di individuare elementi di condivisione. Un approccio decisamente in controtendenza rispetto alla tradizionale comunicazione politica che predilige le divergenze e i conflitti. Inevitabilmente sono i contenuti a diventare centrali in questo tipo di confronto e non gli screzi tra i protagonisti del dibattito.

Sul palco si alternano alcuni giovani dell’associazione, il CEO di Will media Riccardo Haupt, il segretario generale di ISPI, Francesco Rocchetti e soprattutto gli ospiti invitati a confrontarsi sui due temi che saranno fondamentali nei lavori del prossimo parlamento europeo: il posizionamento internazionale dell’Unione Europea e la transizione ecologica.

Le sanzioni contro la Russia servono realmente, sono efficaci? L’Europa dovrebbe trovare un suo ruolo nel mondo guadagnando maggiore indipendenza dagli Stati Uniti d’America? L’economia cinese con il suo progetto della “Nuova via della seta” rappresenta una minaccia per il benessere degli europei?

Matteo Villa, ricercatore di ISPI, si è confrontato su queste domande con Marco Valigi, docente universitario esperto di relazioni internazionali. Com’era prevedibile le loro risposte non sono state identiche o sovrapponibili anche a causa del diverso approccio alla materia o, come è emerso nel dibattito, dall’orizzonte temporale con il quale si osserva il fenomeno.

Ai due esperti vengono dati solo due minuti per esporre un’idea. Dopo questo tempo ristretto ma sufficiente per farsi capire vengono concessi pochi minuti per reagire alle affermazioni dell’interlocutore, senza sovrapporre le voci e generare battibecco. Al termine dello scambio emerge con evidenza cosa unisce e che cosa divide le due posizioni.

Le questioni sul tavolo, c’è bisogno di orientarsi
Si riflette sul “bisogno di vincere la pace” oltre che la guerra in Ucraina, della sfida di superare la visione del mondo diviso in blocchi contrapposti ereditata dalla Guerra Fredda, dell’opportunità per l’Europa di avere una politica estera comune.

Il pubblico raccoglie elementi utili per potersi orientare tanto che di fronte ad alcune domande può esprimere una posizione alzando una paletta nera da un lato e color oro dall’altro. Non mancano le domande dal pubblico e le richieste di approfondimento.

Con il cambio palco si modificano anche gli argomenti: per parlare di Green Deal, nuove forme di approvvigionamento energetico, competitività delle imprese arrivano l’eurodeputata del PD Irene Tinagli e Massimiliano Salini, esponente del centro-destra, nel PPE a Strasburgo. Le questioni per loro sono di grande complessità: il nucleare è necessario per l’indipendenza energetica e per la sostenibilità? Le ‘rinnovabili’ basteranno per la transizione energetica dell’UE che si vorrebbe proporsi al mondo come modello di sviluppo possibile? Il green deal approvato dal parlamento europeo è una minaccia per la competitività delle imprese del Vecchio Continente?

Tinagli ribalta la domanda: “Non è il riscaldamento globale ad essere il vero pericolo? Lo è, anche dal punto di vista economico oltre che ecologico!”. Salini reagisce: “L’approccio dell’UE è pericoloso perché ideologico. Già oggi l’Europa è all’avanguardia sui temi della sostenibilità, si rischia di essere controproducenti”. Posizioni che sembrano opposte e inconciliabili ma che nell’evoluzione del dialogo diventano più articolate e, per molti aspetti, complementari. Stupisce la pacatezza dei toni e il riconoscimento delle ragioni dell’altro. Prevale una logica che premia la costruttività e la competenza.

Forse per avere i giovani dentro la politica il dibattito pubblico dovrebbe riconfigurarsi facendo tesoro di un metodo coinvolgete e propositivo come quello di One Europe in Common.

Fnte: Santalessandro