AGI – “Ormai è una città di vecchia, che apparentemente non ha prospettive e, venuto meno il turismo di massa, scopre nuove fragilità. Perché ci vivo? Beh, Venezia o la sia ama o la si odia, dire che è bella è veramente poco, c’è qualcosa che prende, un vivere, un modo di essere diverso, non saprei spiegarlo… viene dentro o non viene dentro. È come l’amore: o lo senti dentro o non lo senti”. Bellezza e fragilità, fascino e decadenza: c’è un mondo nella parole pronunciate all’AGI da Giorgio Ravegnani, docente di Storia Bizantina all’Università Ca’ Foscari di Venezia, recentemente uscito con un libro dal titolo “Venezia prima di Venezia”.
Non un titolo casuale se si considera che la città lagunare si appresta a celebrare i 1600 anni di storia. Il 25 marzo del 421 è infatti comunemente riconosciuto come il giorno di fondazione della Città di Venezia, come testimonia la fonte manoscritta del Chronicon Altinate (o “Origo civitatum Italie seu Venetiarum”), una delle fonti più antiche sulla storia di Venezia e, in tempi più recenti, lo storico Marin Sanudo il quale, descrivendo il grande incendio di Rialto del 1514, nei suoi Diari scrisse: “Solum restò in piedi la chiexia di San Giacomo di Rialto, la qual fu la prima chiexia edificata in Venetia dil 421 a dì 25 Marzo, come in le nostre croniche si leze”.
Ma il turismo è ricchezza
Mille seicento anni di storia che sono mille seicento anni di primati: il commercio con l’oriente, gli anni di pace e prosperità della Serenissima, il più importante centro europeo per la stampa dei libri, il più antico ghetto ebraico del mondo e più recentemente gli eventi culturali internazionali, ma anche le acque alte, le sua fragilità, il boom del turismo di massa senza controllo. “Ai primi di marzo è stato quasi piacevole vedere Venezia cosi vuota come non l’avevamo mai vista ma ora ci accorgiamo che il tanto vituperato turismo è ricchezza – ha proseguito Ravegnani – i veneziani hanno sempre mantenuto un certo timore forse anche ‘isolano’ verso i foresti, ma è la principale fonte di sussistenza. Senza il turismo saremo come Pompei”.
Un animale a due teste
Secondo Gherardo Ortalli, professore emerito di Storia medioevale dell’Università Ca’ Foscari di Venezia ci troviamo ormai di fronte ad un “animale a due teste: da un lato la città lagunare con la sua struttura e i suoi problemi, dall’altro la terraferma con altre strutture e altri problemi. Due anime legate assieme dove la città lagunare compare oggi come un quartiere con una vocazione specifica e una destinazione univoca”.
“La Venezia lagunare è ormai spopolata, finita, presa da una monocultura che è quella turistica e l’illusione di punti di forza, gli aspetti culturali, che sono però un fiore in un deserto – ha proseguito parlando all’AGI – ma Venezia come la conosciamo è una costruzione artificiale, giustissima e razionale quando è stata inventata nella prima metà del secondo scorso, ma che non ha poi visto aggiornamenti e ammodernamenti negli ultimi decenni”.
L’immobilità di decenni paralizza la città
Il tema è quello arcinoto della separazione tra Venezia-isola e Venezia-terraferma, tema che ha visto nel dicembre 2019 il quinto referendum per la separazione di Venezia da Mestre (senza raggiungimento del quorum) dopo il voto del 1979, del 1989, del 1994 e del 2003. “Venezia ormai è un quartiere turistico all’interno di una costruzione artificiale molto vecchia che non ha saputo aggiornarsi, prigioniera di una capacità gestionale di vecchia data – ha poi concluso – una dinamica talmente radicata che difficilmente si potrà cambiare, le vicende storiche non si cambiano in una generazione ma solo se decennio dopo decennio ci si aggiorna. L’errore non è stata la costruzione artificiale della città come la conosciamo oggi, l’errore va ricercato piuttosto nell’immobilità di decenni di politica con amministrazioni locali e poteri centrali non in grado di adeguare il vecchio al nuovo”.
Source: agi