L’ultimo per The Donald è stato il presidente polacco Andrzej Duda, con cui ha cenato alla Trump Tower l’altroieri. E prima ci sono stati gli incontri con il premier ungherese Viktor Orban, con il ministro degli Esteri britannico David Cameron e le telefonate con altri interlocutori che sarebbero “privilegiati” nell’ipotesi di un suo ritorno alla Casa Bianca. Vedi il principe ereditario Mohammed bin Salman o il presidente argentino Javier Milei. E’ in pieno fervore la diplomazia per il futuro intessuta dall’ex presidente americano Donald Trump, di cui una parte è contabilizzata dagli organi di stampa, e una seconda, più sommersa, può essere soltanto congetturata.
Si tratta di incontri che recano, tuttavia, implicazioni politiche sul presente, come ha rilevato il New York Times in un lungo articolo in cui si sottolineava che molte ambasciate straniere si stanno destreggiando con cautela, “tramite emissari”, per evitare di irritare l’amministrazione Biden. E che i Paesi che hanno avuto connessioni dirette con Trump tramite i loro capi di Stato tendono a essere quelli i cui governi hanno litigato con Biden o che hanno avuto rapporti più stretti con il tycoon americano quando era presidente.
E’ il caso di MbS, che ha parlato con Trump il mese scorso in una telefonata organizzata da un senatore del South Carolina, Lindsey Graham, il quale si trovava in visita in Arabia Saudita. I rapporti fra Trump e MbS erano stati ottimi malgrado l’eco enorme di indignazione suscitata dal caso di Jamal Khashoggi, il giornalista dissidente fatto a pezzi nel consolato saudita di Istanbul.
E’ il caso, ancora, del primo ministro ungherese Orban che sul dossier della guerra in Ucraina ha avuto un rapporto conflittuale con i leader europei e con Biden, al punto di non incontrarlo quando ha fatto visita negli Stati Uniti. A ospitarlo a marzo scorso nel suo club di Mar-a-Lago in Florida è stato invece Trump, che continua a rinverdire i rapporti, secondo il Nyt, “con leader ed emissari di Paesi, dal Golfo Persico all’Europa orientale, diversi dei quali condividono affinità con la sua matrice politica”. Tra gli altri, il re Hamad bin Isa Al Khalifa del Bahrein, con cui pure si è sentito a telefono il mese scorso.
Con Duda si è trattato di una ripresa dei legami molto stretti che il presidente polacco ebbe con Trump, il quale lo ospitò alla Casa Bianca nel giugno 2020, qualche giorno prima della sua rielezione, esprimendogli un sostegno di cui Duda è stato grato al punto che propose di rinominare ‘Fort Trump’ una base militare americana in Polonia.
L’obiettivo dell’attivismo diplomatico, ancorché privato, del magnate repubblicano, risulta evidente: prepararsi il terreno per quando tornerà, come ritiene, alla Casa Bianca. D’altronde Trump non è tenuto a concordare le sue mosse con il Dipartimento di Stato né a informarlo circa i propri contatti. Non si può escludere che possa vedere anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il quale lo aveva già invitato ufficialmente a visitare il Paese per constatare gli effetti dell’invasione russa. Anche se Trump dall’inizio del conflitto non ha espresso chiaramente il suo pensiero (ma fece scalpore il suo “potrei risolvere il conflitto in 24 ore”) i rapporti con Kiev erano buoni all’epoca della sua presidenza. (AGI)
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