Grande attesa per l’uscita, domani, dell’autobiografia della leggendaria cantante e attrice Barbra Streisand, 81 anni, intitolata “My Name Is Barbra”. In un’intervista alla Bbc, rilasciata dalla sua casa di Malibu, dà qualche anticipazione sul suo libro di memorie, condivide pensieri, emozioni e sentimenti piuttosto intimi e per certi versi inattesi. Ci sono voluti quasi 25 anni di lavoro per realizzare le sue memorie, avendo iniziato a prendere appunti a matita nel 1999. Il risultato sono quasi mille pagine di sorprendente onestà e autoriflessione, divagazioni ironiche, ricordi enciclopedici degli abiti di scena, analisi rigorose dei suoi film, molti dei quali rivisti per la prima volta dopo decenni, ma anche deliziosi dettagli di discussioni nel backstage, gustose ricette e corteggiatori sconcertati.
“Anche dopo tutti questi anni, sono ancora ferita dagli insulti e non riesco a credere alle lodi”, ha confidato la star nella sua autobiografia, pubblicata dalla Viking, casa editrice del gruppo Penguin Random House. Il libro, come detto da lei stessa, è il suo tentativo di correggere la storia, “l’unico modo per avere un certo controllo sulla mia vita”. Le sue memorie Streisand – classe 1942, nata a Brooklyn – le presenta come “la mia eredità. Ho scritto la mia storia. Non dovrò più fare altre interviste dopo questa”.
Gli insulti che l’hanno ferita nel profondo sono quelli che riguardano essenzialmente il suo aspetto fisico, una lezione che ha imparato presto, sulla propria pelle, dopo il suo arrivo nel Regno Unito nel 1966, quando Newsweek scrisse che “il suo naso è troppo lungo, il suo seno troppo piccolo, i suoi fianchi troppo larghi”, salvo poi riconoscere che “quando si mette davanti a un microfono trascende generazioni e culture”. Veniva anche chiamata “formichiere amabile” con un “naso incredibile” che somigliava a “una gazzella Guardando indietro, Barbra ricorda la sua ambizione giovanile: da bambina la sua massima aspirazione era quella di diventare attrice, anche se non ha mai pianto facilmente, al cinema invece si lasciava andare a copiose lacrime.
La Streisand è cresciuta a Brooklyn e uno dei suoi primi ricordi è mentre canta sulle scale del suo condominio con le amiche. In casa invece la vita era difficile, orfana di padre a soli 15 mesi, famiglia in povertà, un patrigno crudele e una madre che non la sosteneva. Uscendo di casa a 16 anni, accettò un lavoro come impiegata, mentre lavorava nei turni del fine settimana come usciere di teatro, in modo da poter stare al passo con gli ultimi spettacoli di Broadway. “Mi pagavano 4,50 dollari, credo, ma ho sempre nascosto la faccia perché pensavo che un giorno sarei diventata famosa. Non volevo che la gente mi riconoscesse sullo schermo e sapesse che una volta li avevo accompagnati ai loro posti”, ha raccontato nelle sue memorie. Fu proprio allora che si fissò un obiettivo ben preciso, egregiamente raggiunto: “Devo diventare famosa solo per poter convincere qualcun altro a rifarmi il letto”.
Barbra si emozionava all’idea di diventare famosa, ma la realtà poi è stata più difficile da gestire, confidando di essere “una persona molto riservata, non mi piace la celebrità”. Il sogno iniziò a diventare realtà nel 1960, quando partecipò a un concorso per talenti in un bar gay di Manhattan. Il premio era di 50 dollari e una cena gratuita, e Streisand allora aveva bisogno di entrambi. Fu una standing ovation e l’inizio di una serie infinita di successi. Numerosi anche gli ostacoli incontrati sulla propria strada, come la relazione tesa di Barbra con il co-protagonista Sydney Chaplin – figlio della star del cinema Charlie – costantemente impegnato a sabotare la sua performance in “Funny Girl” a Broadway, dopo che la Streisand aveva respinto le sue avance. Un’esperienza che contribuì alla paura del palcoscenico e le impedì di esibirsi in concerto per 27 anni.
Complicati i rapporti di lavoro con Walter Matthau che l’ha umiliata sul set di “Hello” e col premio Oscar Frank Pierson che ha pubblicamente cestinato la versione del 1976 di “A Star Is Born” – da lui diretta – definendo la Streisand una maniaca del controllo. Tra gli anni ’70 e ’80, dai musical al cinema, è stata inarrestabile, a cominciare da “Come eravamo” di Robert Redford, uno dei più grandi film d’amore di quell’epoca. Molti gli uomini che rimasero affascinati, da Omar Sharif, che le scrisse lettere lunghe e appassionate, a Marlon Brando che le baciò la nuca, passando per re Carlo III che la descrisse come “devastantemente attraente”. È stato quando è diventata una superstar che l’attenzione nei suoi confronti è cambiata, trasformata dalla stampa in una “regina babilonese” dai record e risultati superlativi, quali 250 milioni di dischi venduti, definita con l’acronimo EGOT per aver vinto tutti i premi dell’intrattenimento: Emmy, Grammy, Oscar e Tony Award. Nel 2016, dalle mani di Barack Obama ricevette la medaglia presidenziale della libertà. Lo scorso luglio col marito James Brolin ha festeggiato il venticinquesimo anniversario di matrimonio, e dopo l’insuccesso dei progetti cinematografici perseguiti negli ultimi dieci anni, prevede di trascorrere più tempo a casa. “Non mi sono divertita molto in vita mia, a dire il vero. E voglio divertirmi di più. Voglio vivere la vita”, ha dichiarato concludendo l’intervista alla Bbc. (AGI)
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