Se dopo il 5 novembre il vincitore dovesse essere Donald Trump, gli analisti prevedono che la prima visita ufficiale negli Stati Uniti con il nuovo presidente sara’ quella del presidente russo Vladimir Putin. Se, invece, il tycoon dovesse perdere, i russi potrebbero scatenare un’ondata di disinformazione per rilanciare le accuse di brogli e portare migliaia di persone di nuovo in piazza, quattro anni dopo le elezioni del 2020. L’intelligence americana si sta preparando al secondo scenario, convinta che la Russia non se ne stara’ ferma in caso di vittoria di Kamala Harris. Secondo il Washington Post, agenti del Cremlino hanno gia’ realizzato un video che accusa il candidato vice di Kamala, il governatore del Minnesota Tim Walz, di aver commesso abusi sessuali quando era insegnante e coach della squadra di football del liceo. Sui social i trumpiani hanno rilanciato l’accusa, pubblicando commenti violenti nei confronti del candidato Democratico. Secondo il quotidiano della capitale, le interferenze russe puntano a “incitare la violenza e screditare la democrazia come sistema politico, chiunque vinca le elezioni”. Dopo il voto, secondo le fonti citate dal Post, la Russia potrebbe “diffondere minacce nei confronti di funzionari elettorali, amplificare proteste e incoraggiare le proteste a diventare violente”. Gli analisti dell’intelligence Usa indicano come particolarmente pericolosa la fase tra il voto del 5 novembre e l’inaugurazione della nuova presidenza il 20 gennaio 2025.
Quattro anni fa hacker di diversi Paesi “ostili” avevano alimentato polemiche sui conteggi delle schede, le ratifiche del voto nei vari stati e su presunti brogli. “Quest’anno – secondo il Pentagono – in parte perche’ hanno studiato le lezioni del 2020, Russia, Iran e Cina appaiono meglio preparati a sfruttare opportunita’ simili durante la transizione post-elettorale”. Agenti di Russia, Iran e Cina sono al lavoro per diffondere disinformazione e fake news sulle elezioni americane. Tra le operazioni gia’ intercettate, le fonti dell’intelligence citano le voci diffuse da profili controllati dalla Russia secondo cui ci saranno frodi elettorali compiute da immigrati. Nelle scorse settimane sono stati emessi mandati di cattura nei confronti di russi legati all’emittente di Stato RT, Russia Today, accusati di aver finanziato la diffusione di notizie false su Harris, attraverso influencer di destra. Ma ci sono altre entita’ nel mirino degli investigatori. Il dipartimento di Stato Usa ha stanziato una ricompensa fino a 10 milioni di dollari per informazioni sull’identita’ di dipendenti di Rybar, un sito di news russo fondato da Evghenij Prigozhin, lo scomparso leader dei mercenari del Gruppo Wagner, accusato di condurre campagne sui social con falsi profili. Tra le “fake news” messe in rete dal Cremlino, figura il video di un uomo che si identifica come “Matthew Metro”, in cui sostiene di essere stato uno studente di Walz in Minnesota e lo accusa di abusi. La clip e’ stata vista da milioni di persone su X, la piattaforma social media di Elon Musk, che si e’ schierato con Trump e ha dato spazio a tutti gli account cospirazionisti e suprematisti bianchi. Trump non e’ solo il beneficiario degli attacchi hacker, ma anche un bersaglio. Secondo un blog di Microsoft, un gruppo di pirati informatici iraniani starebbe monitorando i siti web legati alle elezioni americane. I ricercatori sostengono che ci siano “preparativi con l’obiettivo di influire direttamente sulle operazioni elettorali”. Gli hackers – chiamati da Microsoft con il nome di Cotton Sandstorm – sarebbero legati alla Guardia rivoluzionaria islamica dell’Iran. A maggio avrebbero penetrato un sito di informazione americane per capirne il grado di vulnerabilita’. L’Iran era stata accusata nelle settimane scorse di aver hackerato la email della campagna di Trump, e di aver cercato di contattare quella di Harris, per sondare la disponibilita’ a passare informazioni riservate. Lo staff della vicepresidente non ha mai risposto alla email, e ha denunciato la cosa all’Intelligence Usa. Adesso c’e’ questa nuova accusa, a cui Teheran ha risposto con durezza. Il portavoce della missione iraniana alle Nazioni Unite ha definito le accuse “infondate e totalmente inammissibili”. “L’Iran – ha aggiunto – non ha alcun motivo e intenzione di interferire con le elezioni in Usa”. Quattro anni fa, pero’, lo stesso gruppo di hacker Cotton Sandstorm, presentandosi come la milizia di destra ‘Proud Boys’, aveva inviato migliaia di email agli abitanti della Florida, in cui accusavano il sistema elettorale Usa di essere corrotto. L’obiettivo, disse allora l’intelligence americana, era diffondere confusione e dubbi. (AGI)
NWY/UBA