L’ex avvocato del presidente Richard Nixon, John Dean, è convinto che la decisione presa dal Maine di escludere Donald Trump dalle primarie “sarà difficilmente ribaltabile”. Il segretario di Stato del Maine, l’ex senatrice democratica Shenna Bellows, ha escluso il tycoon delle primarie, appellandosi alla terza sezione del 14° emendamento, secondo cui nessun funzionario pubblico che, dopo aver giurato sulla Costituzione, abbia attaccato la Costituzione stessa, può essere legittimato a correre di nuovo per occupare un posto pubblico. Trump, ha scritto Bellows nelle trentaquattro pagine della motivazione della sua decisione, è coinvolto nell’insurrezione del 6 gennaio 2021, quando centinaia di suoi sostenitori assaltarono il Congresso nel tentativo di bloccare la certificazione dell’elezione di Joe Biden a presidente degli Stati Uniti. La decisione è la prima adotta in modo unilaterale da un rappresentante di un’amministrazione pubblica americana ed è destinata a infiammare ancora di più il dibattito negli Stati Uniti. Con l’avvicinarsi delle primarie di partito in vista delle presidenziali del 2024, ogni Stato si sta pronunciando sulla legittimità a ricandidarsi di Trump, incriminato in quattro processi per il tentativo di interferire sulle elezioni del 2020. In Colorado, il 19 novembre, la Corte Suprema statale, con una votazione di 4-3, ha escluso il tycoon dalla corsa, richiamandosi al 14° emendamento. I quattro voti a favore sono tutti Democratici. In Wisconsin, due giorni fa, la Corte Suprema ha invece respinto una richiesta di esclusione di Trump dalle primarie. In questo caso i giudici hanno ritenuto la questione troppo complessa per essere affrontata. Le decisioni che si stanno accumulando in questi giorni scandiscono in modo drammatico il conto alla rovescia della decisione della Corte Suprema di Washington, attesa a un pronunciamento entro il 5 gennaio, quando in Colorado andranno stampate le schede elettorali per le primarie e bisognerà capire se il nome di Trump verrà considerato. Quello che potrebbe decidere la più alta corte degli Stati Uniti varrebbe per tutti e chiuderebbe forse il caso, evitando mesi di ulteriore tensione. Secondo Carl Bernstein, uno dei due storici giornalisti dello scandalo Watergate che portò alle dimissioni di Nixon, quello che nel celebre film “Tutti gli uomini del presidente” venne interpretato da Dustin Hoffman, i giudici alla fine potrebbero non decidere, ma in questo modo consegnerebbero l’America a mesi di caos e di battaglie legali. Anche perché le primarie si intersecheranno con un altro evento chiave: i processi in cui Trump è imputato. Un esempio è il Maine: qui, nello Stato del nordest, i candidati repubblicani verranno scelti il 5 marzo, ma appena il giorno prima si dovrebbe aprire il processo a Washington Dc, in cui il tycoon è accusato di aver tentato di bloccare l’elezione di Biden. Primarie e processi, processi e primarie: i comizi e le udienze potrebbero stravolgere, per la prima volta nella storia americana, la campagna presidenziale. Le decisioni prese da Colorado e Maine mettono la Corte Suprema in una posizione molto delicata: quella di diventare protagonista attivo nelle elezioni, più di vent’anni dopo il pronunciamento nello stallo tra i candidati George W. Bush e Al Gore, separati da un pugno di voti in Florida, e per contare i quali furono necessarie quattro settimane di battaglie legali. Steven Cheung, uno dei portavoce di Trump, ha definito quelli di Colorado e Maine “tentativi di parte di interferire nelle elezioni” e “attacco ostile alla democrazia americana”. Ma altri Stati si preparano a decidere. I prossimi potrebbero essere altri due a guida Democratica: Oregon e California. Il ricorso al 14° emendamento, dopo il pronunciamento del Colorado, non è più un tabù. (AGI)
NWY/UBA