Dieci punti per mettere in campo in modo nuovo, ma con finalità simili, il metodo adottato da Carlo Azeglio Ciampi, per un ruolo programmatorio dello Stato che coinvolga le parti sociali in una prospettiva di ripresa degli investimenti
di Renato Costanzo Gatti
Il premier Mario Draghi, in un suo intervento dello scorso 23 giugno, ha affermato: “Il nostro obiettivo è superare in maniera duratura e sostenibile i tassi di crescita anemici che l’Italia registrava prima della pandemia. Per fare ciò è fondamentale mantenere a livello europeo una politica di bilancio espansiva nei prossimi mesi. Durante la pandemia, abbiamo impiegato risorse ingenti per proteggere la capacità produttiva della nostra economia. Ora dobbiamo assicurarci che la domanda aggregata sia in grado di soddisfare questi livelli di offerta. Raggiungere tassi di crescita notevolmente più alti di quelli degli ultimi decenni ci permetterà anche di ridurre il rapporto tra debito e prodotto interno lordo, che è aumentato di molto durante la pandemia. E ci consentirà di creare nuovi lavori, fondamentali per affrontare le transizioni, come quella digitale e quella ambientale”.
Come non essere d’accordo? Ma il tema su cui vogliamo discutere è il come, e di dubbi ne abbiamo uno sostanziale: qual è la missione dell’Italia; come vogliamo realizzare la missione; chi deve guidare, organizzare e coordinare le forze necessarie; come investiamo i soldi che l’Europa ci presta?
Di fronte alla proposta liberista del Pnrr di regalare miliardi ad un capitale miope, ignavo, che non investe, che non innova e che sposta i profitti sulla finanza, io ritengo indispensabile l’azione programmatica dello Stato che investa secondo un suo programma e che coinvolga il capitale privato che è disponibile a collaborare attraverso la leva finanziaria.
Ma è importante andare a leggere le raccomandazioni che al proposito ha fatto la X Commissione permanente (Attività produttive, commercio e turismo):
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al fine di creare e consolidare filiere decisive per l’industria nazionale occorrerebbe identificare meglio da un lato le filiere su cui investire prioritariamente per lo sviluppo tecnologico e sostenibile (es. aerospazio, farmaceutico, auto, acciaio, tessile-moda, agro-alimentare, biomedicale, meccanica ed automazione, legno e arredo, alluminio, ceramico, cartario etc.) e dall’altro definire le specifiche misure necessarie al sostegno delle attività di innovazione di processo e prodotto e alla proiezione internazionale delle aziende tramite ausilio all’export; in diversi dei casi indicati (auto, siderurgia, space economy, moda, agro-alimentare, farmaceurica)
In sostanza la commissione invita il governo a scegliere le filiere da incentivare anziché lasciare alle singole imprese la scelta di investire o meno in cambio di un incentivo fiscale;
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sarebbero inoltre importanti programmi nazionali dedicati cintenenti misure di intervento specifiche anche alla luce (come nel caso esemplare della space economy) del ruolo del Paese a livello internazionale, dei progetti e delle potenzialità di ulteriore crescita di quei settori; in questa ottica, pur immaginando il ricorso ad altri strumenti finanziari, lo stanziamento previsto per le politiche di filiera appare del tutto insufficiente e andrebbe rafforzato;
La denuncia di carente capacità/volontà programmatoria mi pare esplicita.
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occorrerebbe rafforzare e promuovere gli invesrimenti pubblici e privati verso le singole catene strategiche del valore con le loro specificità sostenendo investimenti nelle tecnologie emergenti ed avanzate (es. intelligenza artificiale, robotica, sanità digitale, super and quantum computing ecc.) ed in rilevanti progetti di ricerca e sviluppo ed innovazione orientati alla sostenibilità digitale ed ambientale:
Un appello allo Stato a mettersi a guidare il rinnovamento non abbandonandosi ad un capitale miope e ignavo capace solo di questuare elemosine.
Avanzo una proposta concreta. Ricordate il protocollo Ciampi, la concertazione tra governo, enti datoriali e sindacati finalizzata alla ripresa degli investimenti in cambio di moderazione sindacale? Ebbene, ripercorriamo la strada della concertazione, ma con diverse modalità, anche se la finalità è simile, basata sui seguenti punti che mi auguro possano essere arricchiti modificati o integrati attraverso l’apertura di una sana discussione:
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Dirottare tutti i fondi previsti per le agevolazioni 4.0 su questo protocollo;
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Prevedere forme finanziarie a favore delle imprese sotto forma di partecipazioni pubbliche;
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Dare attuazione all’art. 46 della Costituzione con la partecipazione del mondo del lavoro nella direzione aziendale;
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Concertare tra le tre componenti un piano ben definito di investimenti pubblici e privati;
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Finalizzare gli investimenti in settori innovativi con forte valore aggiunto, innovando e elevando il livello tecnologico per una maggior produttività;
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Concertare un meccanismo di collegamento produttività/livelli salariali;
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Promuovere una legislazione atta a incrementare le dimensioni aziendali ad un livello coerente con l’innovazione e l’incremento produttivo;
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Concertare piani di valorizzazione del capitale umano promuovendo una formazione continua a carico di Stato e imprese;
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Disincentivare gli investimenti finanziari;
10. Prevedere un piano di ammortizzatori sociali per gli eventuali effetti negativi sulla occupazione.