AGI – A Raffaele Masto sarebbe piaciuto. Qui a Grand Bassam, la ex capitale coloniale della Costa d’Avorio, da qualche giorno la biblioteca del Carrefour Junesse è intitolata all’amico e collega scomparso il 28 marzo del 2020, portato via dal Covid. Raffaele, oltre ad essere un amico, era un giornalista di Radio Popolare e della rivista Africa, esperto del continente africano, molto attento alle sue evoluzioni, con uno sguardo rivolto alla società civile, quella dimenticata, ma che lui valorizzava nei suoi reportage.
Una biblioteca, dunque, un centro culturale, un luogo di discussione, di incontro. Uno spazio che diventerà il punto di riferimento per i giovani di questo quartiere tra i più poveri della città. L’inaugurazione, anch’essa, è stata un momento emozionante. In Africa, e la Costa d’Avorio non fa differenza, le cerimonie, a cui sono invitate le autorità, sono lunghe e noiose.
Tutti devono prendere la parola e i loro discorsi, spesso, sono carichi di retorica. Questa volta non è stato così. Nessuno ha ceduto ai proclami, nessuna parola altisonante, si sono limitati a raccontare, dal loro punto di vista, l’importanza di un centro culturale in un luogo molto povero. La necessità di avere uno spazio nel quale giovani e meno giovani, possano ritrovarsi e parlare, incontrarsi. Non a caso il “motto” del centro culturale è questo: “Ecouter – Respecter – Parler”. Prima ancora di “parlare”, ascoltare l’opinione altrui, rispettare, e poi raccontare il proprio punto di vista.
Sembra essere una cosa “normale”, scontata, ma a queste latitudini non è sempre così. La Costa d’Avorio è stata attraversata negli anni da scontri molto aspri tra raggruppamenti politici, spesso alimentati dalle appartenenze etniche, che hanno squassato il paese fin dalle radici. L’ascolto e il rispetto non appartenevano al confronto, per usare un eufemismo. Tanto è vero questo, che il processo di riconciliazione è faticoso, il paese è ancora lontano dal trovare una pace condivisa.
Allora che un centro culturale abbia come primo obiettivo quello dell’ascolto è una novità perché può avvicinare le persone nel rispetto reciproco. Solo allora è possibile raccontare e esprimere la propria opinione che non sarà mai prevaricatrice, ma servirà ad arricchire il dibattito nel rispetto. Una novità, certo, ma tutta da costruire e i giovani del Carrefour Jeunesse sono determinati perché questo luogo, il centro culturale, diventi il fulcro della riconciliazione.
L’inaugurazione è stata l’inizio di questo cammino, è stata una festa. L’Associazione degli scrittori e poeti ivoriani ha dato, con generosità, il suo contributo mettendo in scena le loro opere letterarie e poetiche, donando, anche, le loro opere alla biblioteca. I giovani scrittori di questa terra, e ne sono contenti, troveranno un luogo dove potersi esprimere. La festa poi è stata animata da un griò, un cantastorie della regione di Poro nel Nord del paese, che è si è alternato con uno slameur, un griò moderno, che arriva dai quartieri poveri. Una sorta di rapper senza musica, dove la parola prevale su tutto.
E questo a Raffaele sarebbe piaciuto. Proprio lui che molto del suo tempo passato nel continente africano, lo ha dedicato a incontrare e raccontare le storie di uomini e donne che, anche se non potenti e arrivati, fanno la storia, quella che si costruisce tutti i giorni, anche attraverso le miserie quotidiane.
Tutto ciò, però, era già nella testa di Raffaele. In un suo ultimo viaggio in Costa d’Avorio, ha visitato il Careffour Jeunesse, animato dalla Comunità Abele, e parlando con il responsabile, Leone de Vita, aveva proprio detto che questo spazio poteva diventare un luogo di incontro culturale per i giovani di Grand Bassam. Subito dopo la sua scomparsa, ho ricevuto una telefonata da Leone che mi proponeva di dedicare la biblioteca all’amico scomparso. Subito ho accolto l’idea. Ci siamo messi in moto con gli amici del collettivo di giornalisti Hic Sunt Leones, di cui Raffaele faceva parte, e abbiamo cercato i fondi per realizzare questo sogno. La Fondazione Zanetti ha aderito all’iniziativa, e grazie al loro importante contributo è stato possibile far diventare realtà un sogno.
La Comunità Abele ha riabilitato tutti gli spazi, l’Ambasciata d’Italia in Costa d’Avorio sostiene l’iniziativa, e il resto lo hanno fatto i ragazzi del centro che adesso dovranno animare la biblioteca. E come ho detto durante l’inaugurazione: ora le parole devo uscire dai libri e diffondersi per le strade e tra i giovani di Grand Bassam. Ma si pensa già al futuro. Alla realizzazione dell’Arbre à Palabre e al Festival della cultura di Grand Bassam, magari l’anno prossimo. Chissà. I sogni sono belli da coltivare perché si possono realizzare.
Source: agi