di Danilo Di Matteo
Concordo con Paolo Mieli: la giusta dose di oblio aiuta a situare storicamente gli eventi, sottraendoli alle letture più superficiali e strumentali. Assistiamo, infatti, alla compresenza della memoria e dell’incapacità di cogliere i fatti di ieri e di oggi. Dinanzi alla candidatura alle presidenziali Usa di un personaggio controverso come Donald Trump o alla vicenda della candidatura di Joe Biden, ad esempio, sono stati evocati il giovane presidente J.F. Kennedy o suo fratello Bob, quasi dimenticando che furono stroncati da mani assassine, come il pastore afroamericano Martin Luther King. E che, in quel decennio, quel sangue sembrava la tomba della democrazia nordamericana.
Ecco, siamo al cospetto di un mix di amnesia e memoria: pullulano “nostalgia” e ricordi e, al tempo stesso, non se ne coglie o se ne smarrisce il senso.
Così oggi vi è chi intravede nella candidata dell’Asinello Kamala Harris un’indo-afro-americana radical e chi scorge in lei solo la mediocrità e l’opportunismo “centrista”. Dimenticando, tra l’altro, che proprio di JFK si davano (e si danno) letture e interpretazioni dissimili e contrastanti.
Mi sentirei di dire a costoro: è la politica, signori. Di più: è la vita!
E aggiungerei che Winston Churchill, pur avendo guidato eroicamente il Regno Unito nella tragedia di una guerra senza precedenti, proprio nel 1945 perse clamorosamente le elezioni.
Come insegna (anche) l’ebraismo, in realtà, speranza e fallimento si possono leggere nella stessa parola. Compiamo un salto di secoli e millenni: i profeti biblici, o alcuni di loro, incarnano proprio una condizione del genere. Spesso ai margini della vita pubblica e politica, in contrasto con i potenti, provavano a comprendere i segni dei tempi, per lo più inascoltati. Proverbiali sono le Lamentazioni di Geremia (tanto che ancor oggi per “geremiade” si intende, impropriamente, uno sterile piangersi addosso). E tuttavia egli è lì a ricordarci che la speranza può annidarsi proprio nel fallimento, e persino nella disperazione. Se non avesse sperato, neppure si sarebbe tanto “lamentato”. Come dire: la semina e il raccolto, il pianto e il riso, momenti di una stessa umanità, nutrita o meno che sia dalla fede.
E, dunque, proviamo ad accostarci alle presidenziali Usa laicamente, con un pizzico d’incantamento, a sostegno delle ragioni della democrazia e di Kamala Harris.
L’Occidente democratico è in crisi? Certo. La democrazia rappresentativa è gravemente in difficoltà? Purtroppo sì. Eppure, a Londra come a Parigi e altrove, essa vive. E vive anche nelle parole del presidente Sergio Mattarella. Persino nel suo riferimento ironico – solo un accenno – al lessico politico e burocratico, affinché ancora si possa dire, e scrivere, sindaca.