Twitter 'banna' Trump ma non i regimi 


AGI – E’ destinata a far discutere la decisione di Twitter di ‘bannare’ in modo definitivo il presidente Usa Donald Trump: la decisione è stata presa dopo l’assalto al Congresso e giustificata con il fatto che i suoi ‘cinguettii’ violavano le regole di Twitter contro l’incitamento all’odio e le minacce violente.

Ma c’è chi accusa Twitter di epurazione, evoca l’ombra della dittatura orwelliana e fa notare che il ceo, Jack Dorsey, usa ‘due pesi e due misure‘.

Twitter è stato spesso criticato dall’amministrazione Trump, ma anche dai dissidenti iraniani per il fatto che consente ai leader di Iran e Cina di utilizzare la piattaforma per diffondere disinformazione e retorica.

Non si è lasciato sfuggire l’occasione il figlio del presidente, Donald Trump Junior, che ha subito notato come “gli ayatollah e numerosi altri regimi dittatoriali possono avere account senza problemi nonostante la minaccia di genocidio a interi Paesi e l’uccisione di omosessuali…”; e poi ha aggiunto, “Mao (Zedong; ndr) sarebbe orgoglioso”.

La Cina, che blocca Twitter e Facebook nei suoi confini, utilizza i social media per diffondere la sua propaganda e raccontare “la storia della Cina”.

Un tweet a novembre, ad esempio, di “People’s Daily, China”, l’account del più importante giornale, espressione del Partito Comunista cinese, ha tentato di riscrivere la narrativa sull’epidemia di Covid-19. “Tutte le prove disponibili suggeriscono che il Covid-19 non è iniziato nella Cina centrale a Wuhan, ma potrebbe essere arrivato in Cina attraverso prodotti alimentari congelati importati e il loro imballaggio”.

Negli scorsi mesi, lo stesso account ha anche cercato di rassicurare sulla situazione dei musulmani nello Xinjiang. “I musulmani non hanno motivo di credere alla propaganda occidentale” che “pubblica storie “inventate” e dà notizie di cosiddette “persecuzioni” per “scatenare i musulmani contro la seconda più grande economia mondiale”.

Sulla stessa linea l’ambasciata cinese in Usa che l’ha usato per decantare l’emancipazione delle donne nella regione autonoma uigura: “Lo studio mostra che nel processo di sradicamento dell’estremismo, le menti delle donne nello Xinjiang sono state emancipate e sono state esaltate l’uguaglianza di genere e la salute riproduttiva, rendendole non più macchine per fare i bambini. Sono più sicure e indipendenti”.

Il presidente venezuelano, Nicolas Maduro, esattamente come aveva fatto il suo predecessore, Hugo Chavez, lo utilizza per diffondere gli ideali della sua rivoluzione socialista nel 21esimo secolo. Maduro, che ha anche lanciato profili in francese, inglese, arabo e portoghese, utilizza anche falsi account – come risulta da un’analisi di Twitter – per amplificare la sua propaganda. Fatto è che durante la crisi del 2019, al culmine dell’incertezza su chi era al potere in Venezuela, quando i governi di 65 Paesi in tutto il mondo avevano riconosciuto il leader dell’opposizione Juan Guaidó, Twitter bloccò diversi account appartenenti ai ministeri di Stato venezuelani e ai consolati esteri perché incitavano alla violenza.

Fa eccezione l’ayatollah Ali Khamenei, che ha ripetutamente spronato alla violenza sia verso gli Stati Uniti sia verso l’arci-nemico Israele e il cui account rimane indisturbato: “Israele è un tumore maligno che va rimosso e sradicato. E così accadrà”. La potentissima Guida Suprema iraniana ha anche minacciato la vendetta per l’uccisione di Qassem Soleimani, il generale che era a capo della Forza Quds della Guardia Rivoluzionaria Iraniana, ucciso da un drone americano nel gennaio 2020: “La Repubblica islamica dell’Iran non dimenticherà mai il martirio di Soleimani e assesterà sicuramente un colpo adeguato agli Stati Uniti”.

E ancora: “Chiunque abbia ordinato e compiuto l’assassinio di Qassem Soleimani deve pagarne il prezzo, e questa vendetta sarà inevitabile in ogni occasione disponibile. Come riferisce il detto dell’amato (Maometto) ‘le scarpe di Soleimani sono più onorevoli del capo dei suoi assassini'”.

Sulla stessa linea incendiaria, il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, che anche all’indomani della terrificante esplosione nel porto di Beirut pensava a ricordare che “il vero flagello della nostra regione è l’esistenza di Israele”. E in occasione della Giornata di al-Quds (Gerusalemme), il 22 maggio scorso, ‘cinguettava’: Israele ha scommesso molto sulla diffusione del coronavirus in Iran, ma Teheran ne uscirà molto più forte. Israele è un regime illegittimo, che ha usurpato e occupato. la sua sopravvivenza non ha legittimità”. 

Adesso che Twitter ha bannato Trump, un tema è quello di che fine faranno gli oltre 55mila ‘cinguettii’ del presidente che sicuramente costituiranno un utile materiale nel prossimi anni per analisti e storiografi. Il timore è stato evocato dallo stesso Edward Snowden, l’ex analista dell’Nsa, fuggito in Russia dopo aver rivelato i segreti del sistema di spionaggio statunitense: Dopo la mossa di Twitter, si è limitato a rilanciare la pagina di Wikipedia che racconta la ‘Damnatio memoriae’, l’antica pratica romana di cancellare ogni traccia di un individuo dalla storia, come se non fosse mai esistito. 
 

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Fonte: estero agi