Turchia: petrolio e lotta al Pkk, Fidan a Baghdad ed Erbil


Sono tanti e importanti i temi su cui Turchia e Iraq continuano a discutere e la visita del ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, nominato lo scorso giugno, conferma l’importanza che Baghdad e la citta’ curda di Erbil, le due tappe della missione, rivestono per il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Tra i governi dei due Paesi manca ancora l’intesa per far ripartire il flusso di petrolio verso le infrastrutture situate nel porto di Ceyhan, nel sud del Paese. Uno stallo che neanche il recente incontro ad Ankara tra il ministro iracheno del Petrolio, Hayan Abdel-Ghani e il ministro turco dell’Energia, Alparslan Bayraktar e’ riuscito a sbloccare. E a conferma della necessita’ da parte di Ankara di trovare una soluzione c’e’ la fitta agenda di Fidan, che ha incontrato ieri la propria controparte irachena Fuad Hussein, mentre oggi incontrera’ il premier Shia al Sudani e il presidente Abul Latif Rashid.
Dopo Baghdad Fidan andra’ ad Erbil, nella regione autonoma del Kurdistan iracheno (KRG) dove incontrera’ il premier Masrour Barzani e il presidente Nechivan Barzani. Entrambi rappresentano la terza generazione della famiglia Barzani alla guida ininterrotta della regione. Con il Krg la Turchia ha da sempre in agenda la lotta all’organizzazione separatista curda Pkk, invisa sia ad Erbil che sopratutto ad Ankara. Da anni il governo del Kurdistan Iracheno permette ai jet di Ankara di colpire con l’aeronautica ed effettuare operazioni militari all’interno del proprio territorio, sulle montagne che segnano il confine tra Iraq e Turchia. Tuttavia e’ proprio il Krg il nodo della discordia tra Ankara e Baghad nella questione legata all’export di petrolio, il cui flusso si e’ arrestato lo scorso 25 marzo, in seguito a una sentenza emessa dalla Camera Internazionale di Commercio. La corte ha emesso una sentenza a favore dell’Iraq, che denunciava il passaggio tra il 2014 e il 2018 di petrolio attraverso il Krg, frutto di una negoziazione illegittima tra Ankara ed Erbil. La sentenza comprende anche una compensazione da 1.5 miliardi di dollari che Ankara e’ tenuta a versare al governo iracheno e su cui Baghdad ha fino ad ora rifiutato i tentativi del governo turco di ottenere uno sconto. Alla base del disaccordo tra i due Paesi rimane anche il nodo delle risorse idriche, con il sistema di dighe costruito da Ankara a partire dagli anni 70 lungo i fiumi Tigri ed Eufrate che ha sensibilmente ridotto il flusso d’acqua verso l’Iraq.  Baghdad cerca delle garanzie che al momento la Turchia non fornisce e l’acqua e’destinata a diventare nel prossimo futuro una importante arma di pressione da far valere nei confronti di Baghdad. Una situazione destinata a creare enormi problemi nei prossimi anni. Lo stop al flusso di petrolio costa al KRG 700 milioni di dollari circa al mese e non e’ difficile da immaginare che il governo di Nechivan Barzani spingera’ con Fidan affinche’ l’export riprenda il piu’ velocemente possibile, a prescindere da Baghdad. Il KRG ha negli ultimi due mesi faticato a pagare stipendi di dipendenti pubblici e garantire servizi ai cittadini che erano stati pagati fino ad oggi grazie all’accordo siglato nel 2013 con il governo turco. In base all’intesa Erbil ha garantito l’export di petrolio verso Ceyhan per 50 anni e la sospensione attuale ha creato non pochi problemi tra Ankara e quello che era sempre stato un alleato di Erdogan. Un accordo che aumenta i malumori di Erbil. Malumori destinati a perdurare, anche perche’ la situazione difficilmente si sblocchera’ con la visita di Fidan e alcuni media turchi hanno anticipato che Erdogan potrebbe presto ricambiare la visita ricevuta dal collega iracheno Sudani lo scorso Marzo. (AGI)

TUY/TIG