Turchia: “Gulen morto senza patria”, polemiche con Washington


“Fetullah Gulen è un traditore morto senza patria”. Il portavoce del governo turco, Omer Celik, ha commentato cosi’ la morte dell’uomo considerato la mente del golpe fallito del 2016 e definito “scellerata” la protezione di cui Gulen ha goduto da parte degli americani. Il magnate e predicatore islamico è spirato negli Stati Uniti che gli hanno sempre garantito protezione, ma, come sottolineato da Celik “non sono il suo Paese”. “Ha tradito l’Islam, ha tradito il suo Paese e il suo popolo, giusto che muoia senza una patria”, ha detto Celik. Gulen si trasferi’ nel 1999 negli Stati Uniti dove stabili’ il centro delle proprie attivita’ in una enorme tenuta in Pennsylvania. Il potere finanziario della confraternita cresce e il gruppo arriva a dirigere negli Usa 120 scuole private che godono di finanziamento pubblico (charter school ndr) in 26 diversi Stati. La permanenza di Gulen negli Stati Uniti diventa un’ossessione per Erdogan dopo il fallito golpe del 2016, quando la confraternita viene ribattezzata Feto e diventa il nemico numero uno da sgominare. Le richieste di estradizione di moltiplicano ed Erdogan insiste. La consegna di Gulen divenne un tema prioritario nei rapporti con gli Stati Uniti. Il primo a dire di no al presidente turco è Barack Obama, presidente degli Usa ai tempi del golpe in Turchia. In questa fase il principale alleato di Gulen è l’allora Segretario di Stato, Hillary Clinton. Gia’ in buoni rapporti con il marito ex presidente Bill Clinton, Gulen finanzia la campagna elettorale della ex first lady con 2 milioni di dollari aiutandola a divenire il dopo Obama.
La notizia viene resa nota dai media americani 5 mesi dopo il tentato golpe. La sconfitta della Clinton e l’ascesa di Donald Trump non cambiano lo spartito. Nel 2018 il presidente americano vede Erdogan e dichiara : “Con il presidente turco ci intendiamo bene, ma la consegna di Gulen è fuori discussione”. Si arriva cosi’ all’era di Joe Biden. La confraternita raggiunge il presidente a inizio 2021, con una lettera preparata, secondo media americani e turchi, con l’ausilio di membri del Congresso. Gulen chiede a Biden di rivedere i rapporti con Ankara, denuncia carcerazioni, licenziamenti e discriminazioni e nega qualsiasi coinvolgimento nel tentato golpe del 2016. Una mossa che gli consentira’ di morire nella sua tenuta in Pennsylvania e non in un carcere turco. (AGI)