La Tunisia preoccupa. A Bruxelles lo ripetono in tanti. Preoccupa sui fronti economico, politico, della stabilità del Paese e per l’impatto sulle migrazioni verso l’Unione europea, Italia in primis. Proprio il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, aveva chiesto il mese scorso di inserire il dossier tunisino all’ordine del giorno della riunione di domani con i suoi omologhi a Bruxelles. Nel frattempo la situazione si è ulteriormente deteriorata, sfociando nelle dimissioni del ministro dell’Interno, Taoufik Charfeddine, sostituito da Kamal Feki, governatore di Tunisi dal 2021 e fedelissimo del presidente.
Domani l’Ue deciderà la sua azione politica nei confronti del Paese. Non mancherà una ferma condanna per le ultime politiche ritenute xenofobe e contrarie ai principi dello Stato di diritto. Ma sul tavolo pesa la contrapposizione sull’equilibrio tra diritti e stabilità. Molti temono il rischio di una nuovo scenario libico se la situazione dovesse sfuggire al controllo, seppur poco democratico. Intanto il Parlamento europeo è stato molto chiaro. In una risoluzione adottata giovedì scorso gli eurodeputati hanno esortato l’Alto rappresentante Ue per la Politica estera, Josep Borrell, e gli Stati membri a denunciare pubblicamente il forte deterioramento della situazione dei diritti umani, e hanno chiesto la sospensione di specifici programmi di sostegno dell’Ue ai ministeri della Giustizia e dell’Interno.
Il 21 febbraio il presidente Saied si era lanciato in un discorso xenofobo in cui parlava di “orde di migranti irregolari provenienti dall’Africa subsahariana” arrivati in Tunisia, portando ” la violenza, i crimini e i comportamenti inaccettabili che ne sono derivati”. Il capo di Stato l’ha definita una situazione “innaturale”, parte di un disegno criminale per “cambiare la composizione demografica” e fare della Tunisia “un altro Stato africano che non appartiene più al mondo arabo e islamico”.
Parole che hanno innescato un’ondata di violenze contro i migranti africani e spinto diversi Paesi dell’Africa occidentale a organizzare voli di rimpatrio per i cittadini timorosi. Molti dei circa 21 mila migranti dell’Africa subsahariana che vivono in Tunisia si sono ritrovati senza lavoro e senza casa. (AGI)