Tumori: risonanza magnetica strumento prevenzione cancro a seno


(AGI) – Roma, 9 ago. – La risonanza magnetica per imaging può rappresentare uno strumento utile per prevedere l’insorgenza del tumore al seno, nelle donne ad alto rischio, cioè con una storia familiare del tumore, mutazioni genetiche o altro. Lo dimostra lo studio della Radiological Society of Nord America, pubblicato sulla rivista, Radiology.
Un modello di apprendimento automatico ha scoperto che un aumento del parenchima di fondo, ovvero un tessuto specifico di un organo che appare con struttura compatta sulla risonanza magnetica, in questo caso mammaria, è un indicatore del fattore di rischio di insorgenza del cancro al seno fra le donne con seni estremamente densi. I soggetti con una composizione mammaria molto densa hanno un rischio da tre a sei volte maggiore di sviluppare il cancro al seno, rispetto alle donne con un seno, per lo più, composto da grasso. Poiché la mammografia è meno sensibile nel rilevare il carcinoma mammario in stadio iniziale, fra donne con seni densi, è consigliabile fra coloro di età compresa tra i 50 e 75 anni, approfondire le analisi con un ulteriore screening di imaging a risonanza magnetica. Un altro elemento di rischio per il cancro alla mammella è, dunque, il Bpe, ovvero l’aumento del fondo parenchimale, che è quello che compone l’organo. Il BPE individua un fenomeno, visibile tramite risonanza magnetica, in cui aree del normale fondo del tessuto della mammella appaio bianche o aumentate. Tuttavia, non si sa molto su come il BPE si confronti con altri fattori di rischio clinico più consolidati del cancro al seno, come l’età, la storia familiare, l’indice di massa corporea e la densità della mammella. “Finora, gli studi sui fattori di rischio del cancro al seno si sono, in genere, concentrati sulla famigliarità”, ha affermato Kenneth G.A. Gilhuijs, del Dipartimento di Radiologia del Centro medico universitario di Utrecht In Olanda e coautore dello studio.

“Questa è la prima ricerca che dimostra un’associazione tra l’aumento del parenchima di fondo e l’insorgenza di cancro al seno nelle donne con seni estremamente densi”, ha continuato Gilhuijs. Per determinare quanto il BPE sia indicativo nell’insorgenza del cancro al seno, i ricercatori hanno utilizzato esami di risonanza magnetica con contrasto dinamico, svolti su 4.553 partecipanti al Dense Tissue and Early Breast Neoplasm Screening Trial, un ampio studio multi-istituzionale con sede nei Paesi Bassi, volto a sviluppare un modello di deep learning, ovvero un metodo di intelligenza artificiale che insegna ai computer a elaborare i dati in un modo che si ispira al cervello umano, per identificare automaticamente il tessuto fibroghiandolare.     Gli esami di risonanza magnetica per imaging sono stati eseguiti ogni due anni in otto ospedali nei Paesi Bassi, tra dicembre 2011 e gennaio 2016. Dopo aver suddiviso i risultati per età, risonanze magnetiche e BPE, i ricercatori hanno scoperto che l’incidenza del cancro al seno era maggiore nelle donne con volumi più elevati di parenchima, rispetto a quelle con volumi bassi. Delle 4.553 donne incluse allo studio, a 122 è stato diagnosticato un cancro al seno. A circa il 63% di loro è stato scoperto dopo il primo ciclo di screening. Per le restanti donne con diagnosi di carcinoma alla mammella è stato stimato tempo medio di rilevamento di 24 mesi. “Il parenchima non aumenta in modo uniforme secondo la risonanza magnetica”, ha detto Gilhuijs.
Secondo i ricercatori, l’implementazione dello screening con la risonanza magnetica per imaging, in donne con densità mammografica, oltre a comportare un minor numero di tumori a intervalli, ovvero tumori al seno diagnosticati tra gli screening mammografici di routine, metterà a dura prova anche i carichi di lavoro dei radiologi. Lo sviluppo di strategie mirate può aiutare ad alleviare il sovraccarico del settore sanitario. “Il nostro studio incoraggia le donne con densità mammaria a sottoporsi con frequenza a screening con risonanza”, ha spiegato Gilhuijs. “È importante concentrarsi, non solo sulla densità mammaria come principale fattore di rischio, ma anche su altre proprietà del seno stabilite da un primo screening risonanza magnetica”, ha concluso Gilhuijs. (AGI)