Nelle cure per il cancro in Italia serve un cambio di passo, con lo stanziamento di fondi per creare più spazi e assumere personale. In 10 anni sono stati tagliati 1.103 posti letto pubblici in Oncologia Medica: nel 2012 erano 5.262, ridotti a 4.159 nel 2022. E’ quanto sottolineano gli oncologi dell’Aiom, riuniti a congresso a Roma. Nel nostro Paese oltre il 45% delle morti per tumore è attribuibile a fattori di rischio modificabili, sia comportamentali, cioè stili di vita scorretti, che ambientali. Si tratta di circa 80.000 dei 180.000 decessi annuali stimati per cancro, pari a più di 200 morti al giorno. Ma l’Italia investe ancora troppo poco in prevenzione, solo il 6,8% della spesa sanitaria totale (pari a 7,19 miliardi di euro nel 2021), una cifra inferiore alla media (7,1%) dei Paesi dell’Unione Europea più il Regno Unito (EU27+UK). In particolare, l’Italia (con il 6,8%) è ottava dopo Regno Unito (12,5%), Austria (10,3%), Paesi Bassi (9,6%), Danimarca (8,9%), Estonia (8,3%), Repubblica Ceca (8,1%) e Ungheria (7,6%). “È importante che l’Italia recuperi quanto prima questo gap negativo, per continuare a garantire la qualità delle cure e la sostenibilità del servizio sanitario – spiega Francesco Perrone, Presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica, nella conferenza stampa di apertura del XXVI Congresso Nazionale della società scientifica -. L’oncologia italiana chiede più risorse alle Istituzioni anche per rispondere alla domanda di assistenza, che è in continua crescita”. In Italia, si stima che ogni giorno vi siano circa 1.000 nuove diagnosi di cancro e che questo numero tenda ad aumentare di anno in anno di circa l’1%. A questo si aggiunga la capacità sempre più diffusa di rendere cronica la malattia, grazie al progresso terapeutico. “Gli investimenti, finora – denunciano gli oncologi – non sono stati proporzionati all’aumento di richiesta di cure. Domanda e offerta di assistenza oncologica vanno a velocità diverse. La capacità del servizio sanitario pubblico di abbattere le liste di attesa, enorme problema alla base anche di una quota di migrazione sanitaria, dipende dalla ottimizzazione dei sistemi di prenotazione e dalla disponibilità di spazi e personale. Oltre a posti letti e strutture più moderne, mancano medici e infermieri, con differenze troppo ampie tra le Regioni. La scarsità di specialisti è diventata una vera emergenza e sta interessando anche la nostra area medica. Cominciano, infatti, a rimanere vacanti i posti nelle scuole di specializzazione di oncologia”. “Il rischio concreto – continua il Presidente Perrone – è che aumentino le spese a carico dei pazienti oncologici, con un numero sempre maggiore di cittadini che devono affrontare non solo il cancro, ma anche la cosiddetta tossicità finanziaria, cioè le perdite economiche causate dalla malattia. I costi del cancro in Italia sono pari a circa 20 miliardi ogni anno, di questi almeno 5 sono sostenuti direttamente dai pazienti. Uno studio, pubblicato su ‘The European Journal of Health Economics’, ha posto l’accento sui costi out of pocket, cioè pagati di tasca propria dai pazienti oncologici e dai loro familiari, che ammontano a oltre 1.800 euro annui per paziente in Italia. Tra le voci più significative vi sono i trasporti (359,34 euro in media), che richiamano il problema del pendolarismo sanitario, gli esami diagnostici (259,82 euro) e le visite specialistiche (126,12 euro), servizi che il Servizio Sanitario, ancora alle prese con il problema delle liste d’attesa, non riesce ad assicurare a tutti in tempi adeguati”. (AGI)