Trivelle: scaduto il termine per il piano delle aree. Si torna in alto mare


Solo in questi giorni il Mite ha annunciato di avere trasmesso il Pitesai (Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee) alla Conferenza unificata Stato-Regioni che, per legge, deve dare il definitivo benestare. Ma il Piano doveva essere approvato entro il 30 settembre e a questa scadenza era legata la moratoria per due anni e mezzo dei permessi per le trivellazioni

di Xavier Mancoso

La novità di maggior rilievo nella formazione del governo Draghi è stata, senza dubbio, l’istituzione del nuovo ministero della Transizione Ecologica (Mite) che, se ricordate, fu la condizione posta da Beppe Grillo a nome dei Cinquestelle per sostenere il nuovo esecutivo.

Il nuovo ministero, in realtà, è la ridenominazione del precedente Ministero dell’Ambiente cui sono state accorpate alcune direzioni del ministero dello Sviluppo economico, quelle che si occupano di energia. La scelta del ministro è caduta sul responsabile dell’innovazione tecnologica di “Leonardo”, il fisico Roberto Cingolani.

Dopo poco più di sette mesi di attività di governo è prematuro fare un bilancio dell’attività del Mite, il quale è chiamato a svolgere un ruolo centrale nella gestione dei fondi dei programmi comunitari, la cui efficacia si misurerà nei sei anni di applicazione del Pnrr. Quel che è certo è che il futuro del Paese e la vita delle nuove generazioni si gioca sul contrasto al cambiamento climatico e al surriscaldamento globale, sull sviluppo sostenibile, sulla tutela della biodiversità, degli ecosistemi e del patrimonio marino-costiero, sulla salvaguardia del territorio e delle acque, sull’efficienza energetica, sull’economia circolare, sulla gestione integrata del ciclo dei rifiuti, sulla bonifica dei Siti d’interesse nazionale (SIN), sulla valutazione ambientale delle opere strategiche, sul contrasto all’inquinamento atmosferico-acustico-elettromagnetico ed ai danni che derivano dall’impiego di prodotti chimici e organismi geneticamente modificati.

Cingolani si è distinto, fin qui, per alcune uscite infelici, come le sue ultime dichiarazioni sui movimenti ambientalisti e per qualche fuga in avanti, come quella sul nucleare, che l’Ue, opportunamente, si è premurata di escludere dalle possibili ricadute di utilizzo delle risorse ricavate dall’emissione dei Green Bond.

Lascia sgomenti la vicenda del Pitesai (Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee), che è lo strumento di pianificazione generale delle estrazioni di idrocarburi, quello attraverso il quale devono essere individuate le aree in cui è possibile, per le compagnie petrolifere, essere autorizzate a trivellare per fare ricerche ed estrazione di idrocarburi.

Solo in questi giorni il Mite ha annunciato di avere trasmesso il Pitesai alla Conferenza unificata Stato-Regioni che, per legge, deve dare il definitivo benestare al piano. Fatto è che il Pitesai doveva essere approvato entro il 30 settembre e che a questa scadenza era legata la moratoria per due anni e mezzo dei permessi per le trivellazioni disposta nel 2018, perciò in questo momento le società petrolifere, formalmente, possono riprendere nei territori e in mare le attività a suo tempo sospese. A questo punto si crea un vuoto, uno stato di incertezza nel quale è facile prevedere la nascita di una serie di contenzioni legali con il ministero.

Si vedrà in quali tempi la Conferenza Stato-Regioni riuscirà a trovare un’intesa che si profila difficile, visto che non mancano le critiche all’impostazione che il ministero ha dato al Piano, trasmesso con così grave e ingiustificato ritardo. Il Coordinamento nazionale No-triv denuncia l’illegittimità dal piano e chiede le dimissioni di Cingolani perché oggi non è possibile sapere dove le attività di ricerca ed estrazione di gas e petrolio è da ritenere sostenibile e dove non lo è. Il ministro Cingolani ha dichiarato che la predisposizione del piano è stata “un lavoro condotto con grande attenzione e in tempi ristrettissimi” giustificando il ritado col fatto che gli ultimi rilievi da parte delle Regioni e degli Enti locali sono arrivati intorno al 14 settembre. “Nel frattempo – ha detto il ministro – il MiTE non autorizzerà alcuna nuova attività estrattiva e di ricerca” ed ha assicurato che “l’utilizzo dei combustibili fossili si concluderà nel medio termine, in funzione degli obiettivi di decarbonizzazione che rappresentano il cardine della politica energetica italiana”.

Tuttavia le buone intenzioni non risolvono il problema aperto in questi giorni dalla scadenza della proroga della moratoria. Il ministero si è fermato al Decreto Vas, datato 29 settembre, senza neanche adottare, come avrebbe potuto, un decreto per l’approvazione del Pitesai limitatato ai permessi in mare. E, francamente, è difficile credere che non abbiano giocato alcun ruolo gli interessi dell’Eni e delle altre compagnie petrolifere.

Il rischio di contenziosi legali nasce dal fatto che l’approvazione del Pitesai oltre la scadenza del 30 settembre può rendere il piano che, presto o tardi, sarà varato dalla Conferenza Stato-Regioni, può mettere le società Oil&Gas nelle condizioni di impugnare il provvedimento evocandone l’illegittimità. Insomma, dopo quasi tre anni, tutta la vicenda delle trivellazioni torna in alto mare.