Trattativa arenata, per ora sul Conte ter la fumata è nera


AGI – Nessun passo avanti per il ‘Conte ter’. Nelle ultime ore la trattativa si è arenata, tra veti dei partiti e divergenze sul programma. Renzi con i suoi è sempre più pessimista, secondo quanto spiegano fonti parlamentari di Iv. “Ormai non c’è più niente da fare”, il ‘refrain’ dei big ai quali Renzi ha sottolineato che non c’è discontinuità nei piani di M5s e Pd. Continuano a parlare di ministri ma sulle cose da fare dicono sempre le stesse cose, lo sfogo del senatore di Rignano.

“La barzelletta che non si chiude sul verbale è, appunto, una barzelletta. Qui lo scontro è altissimo sui contenuti: dal Mes alle infrastrutture, dalla giustizia alla Torino-Lione e ovviamente sui nomi. Crimi ha detto che non intendono cedere su nessuno a cominciare da Bonafede e Azzolina. Domenico Arcuri e Mimmo Parisi non si toccano. Possono sostituire la Catalfo solo se non ci va la Bellanova. E per vicepremier al momento è in ballo Fraccaro con Orlando” ha detto Renzi in chat con i parlamentari di Italia Viva.

Persino il semplice verbale sulla fine dei lavori del tavolo sul programma non incassa il via libera dei renziani. Secondo ‘boatos’ di Montecitorio i dem avrebbero garantito ad Iv due ministeri di peso, con Orlando vicepremier. Ma i pentastellati avrebbero fatto muro su alcuni nomi. E soprattutto sui temi sul tavolo. È vero che c’è impasse sulle questioni discusse ai tavoli della maggioranza, ma M5s rimarca come l’apertura sulla riforma della prescrizione non è da poco.  “Iv non vuole l’accordo”, tagliano corto nel Movimento 5 stelle e nel Pd.

E ora? Bisognerà vedere cosa l’esploratore Fico dirà al presidente della Repubblica, ma senza Iv non ci sono i numeri per il ‘Conte ter’. Un eventuale secondo giro di consultazioni potrebbe esserci anche su un altro schema. Sullo sfondo diversi scenari. Il primo è quello di un governo elettorale (è la massima apertura che il Pd al momento sarebbe disposto a concedere) o di un esecutivo istituzionale.

Ma al Senato sarebbe pronta una pattuglia di quasi 50 esponenti pentastellati a sbarrare la strada a questa ipotesi. “Conte – dice un ministro M5s – si è dimesso per noi, per evitare che Bonafede possa essere sfiduciato. Dobbiamo seguirlo fino alla fine”.

I ‘contiani’, quindi, di fronte ad un ‘piano B’ affilerebbero le armi, disposti magari soltanto a far partire un governo senza fiducia che poi possa portare il Paese al voto. Ma di fronte al nome di Draghi ed eventualmente un appello alla responsabilità delle alte cariche dello Stato c’è chi sottolinea come non è detto che non possa partire un governo non presieduto da Conte.

Intanto il centrodestra ha ribadito che in un eventuale secondo giro di consultazioni si presenterà compatto. Ovvero che non si andrà in ordine sparso. “Il centrodestra – mette in chiaro Salvini dopo aver sentito gli altri leader – è compatto e ha le idee chiare: non è possibile che la sinistra perda altro tempo, le priorità sono la salute e il lavoro degli italiani, non i litigi per poltrone e ministeri. Noi abbiamo le idee chiare su quello che serve per rilanciare il Paese, da un piano vaccinale serio al taglio delle tasse, dall’apertura immediata di tutti i cantieri fermi all’utilizzo più efficace dei fondi europei, da una profonda riforma della giustizia alla pace fiscale: basta chiacchiere, si è perso già troppo tempo”.

Non ci sarà quindi un ‘ni’, o si appoggerà eventualmente un governo istituzionale o di ‘salvezza nazionale’ oppure si opterà per la strada del voto, osserva un ‘big’ dell’alleanza.