“Persone naturali e strafottenti” di Giuseppe Patroni Griffi alla Sala Umberto di Roma
di Angelo Pizzuto
In quanti e quali modi si rivelava la “Napoli rappresentata” prima che in marchio-Gomorra non la monopolizzasse quasi del tutto? (Senza giudizi di merito sul coraggio e le qualità di scrittura di Roberto Saviano)
Difficile dare una sintetica, univoca risposta, tante e legittime sono le varianti di osservazione (e, per chi scrive, a rischio di omissione): dalla Napoli ‘spelonca dolente’ di Matilde Serao e Raffaele Viviani alla Napoli letteraria e di sé stessa (dolentemente) orgogliosa di Domenico Rea e Carlo Bernari; da quella fescennina, bozzettistica di Giuseppe Marotta e Guglielmo Giannini a quella più divulgata e commedistica dei fratelli De Filippo. E già ci si accorge che mancano all’appello la Napoli ‘civile’ ma ‘saccheggiata’ (dal malaffare) di Francesco Rosi e Nanni Loy, e l’altra a noi cara del cinema ‘intestato’ a Picone, ad “Operazione San Gennaro”, al micro capolavoro del “Giallo napoletano” (buffo e strabiliante nel suo intrigo narrativo).
Sin qui i ricordi e il contesto ambientale. Ove situare le “Persone naturali e strafottenti” che Patroni Griffi immaginò e mise in scena mezzo secolo fa, senza che da allora nessuno si avvedesse della loro attualità e palpabile presenza nel girone (post dantesco?) dei ‘fiori del male’ a noi contiguo.
Sbrigativamente catalogata alle voci dello ‘sboccato’ e ‘scabroso’, la commedia è invece un misconosciuto collage di vite disarmate e cogenti, insofferenti e appagate di sentirsi tali: in un “ventre di Napoli” che è placenta protettiva e inespugnabile.
Ovvero, quattro solitudini da appartamento-baraonda, in una notte da “ultimo” Capodanno che potrebbe essere la liberazione o la “definitiva dannazione di ciascuna anima” . Donna Violante, la padrona, ex serva in un bordello, discute e litiga con Mariacallàs, un uomo effeminato e travestito da donna per meglio ‘battere’ e tirare a campare. In bilico fra rassegnazione, sberleffo, squallore e cattiveria.
E poi, Fred e Byron che sono alla ricerca dell’ebbrezza di una notte: l’uno, studente omosessuale bramoso di una “vita libera dalle paure” ; l’altro, uno scrittore nero che ambirebbe (a parole) “distruggere il mondo per vendicare le umiliazioni subite”. Quattro persone o personaggi che, per un gioco del destino (se credete al destino), divideranno la loro solitudine, consustanziale a quella degli altri, mentre fuori la città ‘festeggia’ il nuovo anno, “fra accese recriminazioni, desideri repressi, liti e violenze sessuali”.
Più che all’incrocio fra Eduardo a Annibale Ruccello, il teatro di Patroni Griffi è pari a se stesso e gode di un’autonomia in equilibrio sensibile tra ‘fenomenologia’ e ‘umana complicità’ (fatta di dismisure, senso del grottesco, involontaria iperbole e paradossi).
Merito di Nicoletti è averlo ripensato, ritrovato e restituito con la stessa vitalità (e umana simbiosi) del suo storico debutto al Piccolo Eliseo di Roma- al quale ebbi la giovanile fortuna di esserci e scrivere un mio parere. Rinnovato per questa una messinscena scarna e doviziosa, che “ribalta” i suoi polverosi interni domestici, dal primo al secondo tempo, come invitando a “osservare” da diverse prospettive.
Squarci di vita frantumati e ricomposti come ‘puzzle fotografico’ o lungo piano –sequenza, in cui i protagonisti profondono annientamento e alienazione del desiderio intestarditosi nel nulla. Basilare ed encomiabile il contributo degli interpreti: che sono Marisa Laurito (insofferente e meticolosa nella sua smania di provvedere a tutto), Gianlcarlo Nicoletti (che intarsi un personaggio prepotente, spaventato, spavaldo nella paura). E poi Guglielmo Poggi che è un ben sobriamente si immedesima nel ruolo di Fred, in tandem con Livio Beshir che affronta con esito persuasivo il non facile ruolo dello scrittore ‘vendicativo’. Sino alla ‘dissoluta’ rivalsa di far suo (brutalizzandolo) il frastornato, consenziente compagno d’una notte.
Persone naturali e strafottenti
di Giuseppe Patroni Griffi
con Marisa Laurito, Guglielmo Poggi, Giancarlo Nicoletti, Livio Beshir
disegno luci Daniele Manenti
costumi Giulia Pagliarulo
aiuto regia Giuditta Vasile
make up Vincenzo Verdesca
direttore di scena Claudia Tagliaferro
datore luci Tommaso Natale
organizzazione Cinzia Storari
foto Luana Belli
Produzione Altra Scena
in collaborazione con Sycamore T Company
distribuzione Stefano Pironti – Chiediscena
Sala Umberto di Roma (in ripresa autunnale)