Tim: oggi si vende la rete, inizia una nuova epoca


Inizia una nuova epoca per Tim. Sta per compiersi un passaggio storico per la principale compagnia telefonica del Paese. Dopo tanti anni, tentativi, progetti, il famoso e delicato dossier dello scorporo della rete va in porto. La data cerchiata di rosso è il primo luglio, il giorno fissato per il closing per la nascita di Netco, la società della rete che Tim cede al fondo statunitense Kkr. Si chiude un capitolo e si apre una nuova era.

COSA E’ LA RETE
Tim detiene e gestisce una rete di accesso primaria, in rame e fibra ottica, che serve i cabinet (quegli armadietti che si vedono sui marciapiedi delle nostre città) nonchè i collegamenti ultra-broadband (cioè con accesso a internet con velocità superiori a 30 Mbps) dei clienti finali. Poi possiede la cosiddetta rete di accesso secondaria, anch’essa sia in rame sia in fibra ottica, che dai cabinet arriva nelle singole case degli italiani. La rete fissa in fibra e rame di Tim raggiunge l’89% circa delle abitazioni e si estende per oltre 23 milioni di chilometri in tutto il Paese, risultando la componente principale dell’infrastruttura delle telecomunicazioni italiane.
LA REGIA DEL GOVERNO
Tim è storicamente un’azienda che tocca da vicino le sfere della politica e l’attenzione dei vari governi, e l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ovviamente non fa eccezione. Del resto parliamo di un asset strategico, per business e sviluppo sociale, della nazione. La circolazione dei dati sensibili e le infrastrutture di telecomunicazione ricadono nel regime dei poteri speciali, ovvero del ‘Golden power’, lo strumento normativo che consente al governo di uno Stato di bloccare o porre specifiche condizioni a determinate operazioni finanziarie che vadano a intaccare gli interessi nazionali. Nello specifico, l’obiettivo dell’attuale esecutivo “è la realizzazione non di una rete unica, ma di una rete nazionale a controllo pubblico che copra al più presto tutti gli ambiti del nostro territorio, soprattutto quelli più svantaggiati”, ha più volte spiegato il ministro per le Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso. Quindi, oltre alla garanzia di garantirsi un controllo pubblico per evitare che la rete vada in mani private potenzialmente interessate al controllo dei dati personali per interessi ‘particolari’, il governo vuole assicurarsi che le connessioni più performanti arrivino anche nelle aree del Paese dove questi investimenti non risultano remunerativi, come per esempio nei piccoli comuni, nelle zone montane, nelle isole minori, zone d’Italia dove comunque vive una percentuale significativa della popolazione e che tramite infrastrutture avanzate possono essere in grado di ripopolarsi e svilupparsi economicamente.

CHI E’ KKR
Kkr è un fondo statunitense fondato nel 1976 a New York da Jerome Kohlberg Jr. e dai cugini Hwenry e George R. Roberts. Amministra più di 400 miliardi di dollari tramite una ‘squadra’ composta da quasi 1.700 impiegati e consulenti e oltre 550 analisti capaci di pilotare e consigliare investimenti da una rete dislocata in 20 città di 16 diverse nazioni di 4 continenti. In questi anni Kkr ha effettuato investimenti in oltre 160 società che spaziano dai settori delle infrastrutture (uno dei più gettonati dal fondo) all’energia, dal real estate al credito. Già nel novembre del 2021 Kkr aveva manifestato interesse per Tim con un’offerta per rilevare l’intero gruppo. Un interesse che fu rispedito al mittente.

IL RUOLO DI VIVENDI
A opporsi al progetto è stato Vivendi. Il colosso francese dei media è il primo azionista di Tim con circa il 24% del capitale e ha sostenuto che la cifra ‘corretta’ per Netco sarebbe pari a 31 miliardi di euro. La società riconducibile alla famiglia Bollorè ha avviato delle iniziative legali per contrastare il perfezionamento della cessione della rete. (AGI)
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