Tetto al contante: misura efficace o specchietto per le allodole?


Di Vittorio Sangiorgi (Direttore del Quotidiano dei Contribuenti)


Scatta oggi, 1 luglio, il tetto al contante voluto dal governo, che fa scendere da 3000 a  2000 euro la soglia massima per le spese con denaro liquido. Un provvedimento che, nelle intenzioni dell’esecutivo, costituirà un’importante arma contro evasione fiscale, attività illegali, criminalità organizzata.

La questione, in realtà, è molto più complessa e porta con sè una serie di ragionamenti e di analisi che pongono dei seri dubbi sull’efficacia di simili mosse. A questo proposito risultano particolarmente interessanti le coclusioni a cui è giunta la “Fondazione Studi Consulenti del Lavoro”. L’indagine, intitolata L’uso del contante in Italia tra necessità e abitudini, smonta e depotenzia l’assunto secondo il quale, la progressiva dimunuzione della circolazione di contanti aiuti a combattere ogni tipo di illegalità connessa all’uso del denaro. Ad esempio, se si guarda ai precedenti periodi nei quali sono stati applicati dei vincoli al liquido, non si sono registrate particolari contrazioni nell’economia sommersa. In questi anni, anzi, il suo valore è cresciuto costantemente passando da 202 miliardi nel 2011 a 2010 nel 2017. Un emblematico aumento del 3,9%, che certifica un dato: la crescita del nero è stata sempre costante, sia nei momenti in cui la soglia massima di spesa era 3000 euro, sia quando è stata portata a 1000.

 

L’analisi dei consulenti del lavoro, inoltre, evidenzia che, anche nelle altre nazioni europee, le limitazioni al denaro contante non hanno portato a risultati significativi nel contrasto all’economia irregolare. Degne di nota le dichiarazioni del presidente della fondazione Rosario De Luca: “Il limite alla circolazione del contante aiuta certamente a contrastare l’illegalità, ma gli interventi che vanno in questa direzione, per essere realmente incisivi, devono essere strutturali. Si pensi innanzitutto all’infrastruttura tecnologica, le cui carenze, ad esempio relative alla rete Internet, non agevolano l’uso delle carte di credito. Poi, aspetto non secondario, è quello dei costi per il loro utilizzo, che incidono pesantemente sui pagamenti. Anche in questo caso l’esempio è semplice: se si usano 100 euro in contanti per un pagamento e quella somma viene immessa nel mercato, dopo avere effettuato diversi passaggi tra vari consumatori torna al primo utilizzatore con il medesimo valore. Se la stessa operazione viene eseguita con moneta elettronica, quei 100 euro saranno ridotti dagli oneri bancari e perderanno quindi il loro valore iniziale. Infine, è necessario armonizzare in tutti i Paesi dell’Unione il limite minimo in modo da evitare differenze che creino distorsioni nei mercati interni”.

Alla luce dei dati analizzati la sensazione è che, l’ennesimo limite posto dalle istituzioni italiane all’uso dei liquidi, sia in realtà uno specchietto per le allodole. I grandi evasori fiscali e i gruppi criminali, d’altronde, hanno i loro metodi per non essere colpiti da certe misure. Senza dimenticare, poi, che i canali del nero corrono fuori dai circuiti legali e che la delinquenza adopera strumenti finanziari particolarmente avanzati e sofisticati, slegati dall’uso delle banconote. Detto questo vanno citate, inoltre, le numerossisime criticità legate al monopolio della moneta elettronica. Innanzitutto va evidenziato che, il primo risultato di questa “modernizzazione”, è l’arricchimento di banche e istituti finanziari, grazie a commisioni ed oneri. Le stesse banche, magari, che  – grazie a legislazioni favorevoli e compiacenti – hanno rappresentato un porto sicuro per i flussi illegali di denaro. La progressiva dimunizione del contante, poi, va a sfavore di quelle fasce della società, si pensi ad esempio agli anziani, che non hanno familirità con determinati strumenti come bancomat, carte di credito e prepagate. La cronaca degli ultimi giorni, infine, pone serissimi dubbi e perplessità sui modelli che, praticamente in tutto il mondo, si vorrebbero portare avanti in futuro. L’idea di un domani nel quale il denaro liquido scompaia a favore di quello telematico, fa a pugni con le gravi conseguenze del crollo Wirecard. Il colosso tedesco, infatti, ha recentemente dichiarato lo stato d’insolvenza a causa di un buco da 1,9 miliardi, che ha determinato il blocco e l’inoperatività di conto correnti e carte che ad esso si appoggiavano. Basti pensare che, in Italia, sono state improvvisamente congelate circa 325.000 carte prepagate SisalPay. Qualora simili eventi dovessero verificarsi in un futuro “elettronico”, determinerebbero un drammatico blocco del sistema, manderebbero in tilt l’economia.

La lotta ai flussi di denaro irregolare, al nero, alla grande evasione, è evidente, va fatta in modo diverso, con provvedimenti incisivi e coraggiosi. Il tetto al contante in vigore da oggi sembra, ahi noi, soltanto l’ennesima mossa confusa di un governo che non sa dove andare.