Tutti aspiranti suicidi. È una colpa non essere usciti di casa dopo due scosse di terremoto molto forti che seguivano uno sciame sismico che durava da mesi, per le vittime sotto le macerie del crollo di uno stabile in centro del capoluogo abruzzese nel sisma del 6 aprile 2009 in cui morirono 24 persone sulle 309 complessive.
di Ettore Minniti
Per chi frequenta abitualmente le aule di Tribunale, in tutta Italia, di sentenze strane, cervellotiche, paradossali, né abbiamo viste, sentite e commentate tante, ma onore del vero così ‘strampalata’ (per essere buoni) nella sua motivazione non ci era mai successo.
È una colpa non essere usciti di casa dopo due scosse di terremoto molto forti che seguivano uno sciame sismico che durava da mesi, per le vittime sotto le macerie del crollo di uno stabile in centro del capoluogo abruzzese nel sisma del 6 aprile 2009 in cui morirono 24 persone sulle 309 complessive:
“E’ infatti fondata l’eccezione di concorso di colpa delle vittime ai sensi dell’art. 1227 1 comma c.c. costituendo una condotta incauta quella di trattenersi a dormire – così privandosi della possibilità di allontanarsi immediatamente dall’edificio al verificarsi della scossa – nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile, concorso che, tenuto conto dell’affidamento che i soggetti poi defunti potevano riporre nelle capacità dell’edificio di resistere al sisma per essere lo stesso in cemento armato e rimasto in piedi nel corso dello sciame sismico …”.
Così a pagina 16 della sentenza del Tribunale ordinario dell’Aquila, sezione unica, in composizione monocratica, giudice dott.ssa Monica Croci.
“Concorso che può stimarsi nel 30 per cento“, ovvero la misura di cui verrà decurtato il risarcimento danni stabilito.
Le sentenze si rispettano, ma in un ordinamento democratico deve essere riconosciuto ampio spazio alla libertà di espressione dei cittadini ed al diritto di critica sui provvedimenti e sui comportamenti dei magistrati che esercitano rilevanti poteri pubblici; la critica e le conseguenti discussioni contribuiscono, infatti, alla crescita della sensibilità collettiva su questioni rilevanti ed “aiutano” chi esercita un pubblico potere a correggersi (Cassazione, con la sentenza 6 luglio 2004 n. 29232, precisando che il diritto dei cittadini di criticare i magistrati costituisce il contrappeso all’elevato grado di indipendenza e di autonomia della magistratura).
E questa sentenza non può non essere aspramente criticata, perché fuori da ogni regola giuridica anche per noi che non siamo cultori o esperti del diritto, perché non riusciamo a comprendere quali colpe potessero avere le vittime nel continuare a trovare protezione nell’appartamento che occupavano e nel riporre fiducia nelle capacità dell’edificio di resistere al sisma per essere lo stesso in cemento armato e rimasto in piedi nel corso dello sciame sismico!
Ci chiediamo quale è il nesso di causa e concausa con l’art. 1227, comma 1, c.c., che nel dettare i principi generali sul risarcimento del danno, così dispone: «Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate»?
Dopo la tragedia, gli eredi dei deceduti, avendo dalla loro perizie che attestavano irregolarità in fase di realizzazione dell’immobile e una “grave negligenza del Genio civile nello svolgimento del proprio compito di vigilanza sull’osservanza delle norme poste dalla legge vigente, in tutte le fasi in cui detta vigilanza era prevista“, avevano citato in giudizio (per milioni di euro) sia i ministeri dell’Interno e delle Infrastrutture e Trasporti per le responsabilità della Prefettura e del Genio Civile nei mancati controlli durante la costruzione; sia il Comune dell’Aquila per responsabilità analoghe e le eredi del costruttore (nel frattempo deceduto). Tutti condannati.
Quindi le vittime con la loro una condotta incauta ovvero quella di trattenersi a dormire – così privandosi della possibilità di allontanarsi immediatamente dall’edificio al verificarsi della scossa, hanno concorso nel causare la loro stessa morte.
Incredibile, ma vero!
Eppure, i manuali di Protezione Civile in caso di ‘terremoto’ ci invitano se siamo a casa a trovare rifugio sotto mobili robusti (tavoli, sedie) o contro un muro interno. Stare lontani da librerie o mobili che potrebbero rovinare a terra o crollare. Evitare le scale, gli ascensori sono vietati. Ma se l’edificio crolla, hai voglia a scappare. Se poi ritieni l’edificio sicuro perché in cemento armato e già rimasto in piedi nel corso dello sciame sismico, dove vuoi andare? All’aperto? È probabile, ma ricordiamoci di tenersi lontano da edifici, alberi, infrastrutture aeree, ponti e cavalcavia. E all’Aquila esci per il centro storico, trovi immediatamente un posto sicuro?
All’Aquila, dopo le prime scosse, quella notte, tutti sono rientrati a casa. Non c’era un allarme, non c’era un campo dove potersi rifugiare, non c’era nulla.
Ma se l’edificio crolla a causa del terremoto e tu hai la colpa di dormire, per non essere scappata alla prima scossa sismica, la colpa non è del costruttore o degli altri attori chiamati ai controlli statici, ma è tua, solamente tua.
Una sentenza choc, difficile da comprendere. Ci sarà appello, se non vi è prescrizione, ma quanto scritto in quel dispositivo è una ferita aperta per tutti i cittadini che ancora credono nella giustizia, per gli eredi delle 24 vittime morte in quel crollo che vedono riaprire ferite mai rimarginate, ma soprattutto per le stesse vittime quasi tutte giovanissimi/e
“E’ una sentenza che ci ha meravigliato: ma da dove è venuto questo concorso di colpa? Persino la Cassazione ha confermato la condanna per uno dei componente della Commissione Grandi Rischi“. Questo il commento dell’avvocato Maria Grazia Piccinini, madre di Ilaria Rambaldi, 25enne morta in quel crollo, “Come si può oggi dire che i ragazzi dovessero stare fuori quando tutti ricordano certe rassicurazioni? Sconcerta poi che questo giudice che ha già fatto sentenze di risarcimento per il sisma si ricordi solo adesso del concorso di colpa?”.
“La storia è proprio l’opposto, e cioè che questi ragazzi andarono a dormire alle due di notte perché si erano sentiti dire che più ‘scossette’ c’erano, più energia si scaricava” – prosegue l’avvocato Piccinini – “la verità è che furono rassicurati“.
No, caro signor Giudice, questa sentenza è tutta da riscrivere, essa è un pugno nello stomaco… e noi del Quotidiano dei Contribuenti sosterremo la Piccinini, in memoria della sua giovane Ilaria e di tutte le altre vittime innocenti e senza colpe, se non quella di essersi fidate degli adulti e delle istituzioni.