Superbonus, sopra i 210 miliardi, Il pil resterà intorno all’1%


A dirlo è stato il sottosegretario al ministero dell’Economia durante la seconda giornata dell’edizione di primavera del forum di Cernobbio. Secondo Freni il rigore nei conti e negli investimenti sono i due pilastri per colmare il gap della produttività che secondo The European House-Ambrosetti rende la borsa italiana meno attrattiva
«Siamo prossimi a dirci, ufficialmente, che l’importo complessivo dei bonus edilizi è certamente sopra i 210 miliardi di euro, dal 2021 a oggi. Di tutto questo dobbiamo avere piena comprensione perché, quando lodiamo l’impatto del Pnrr sul sistema Paese non possiamo ignorare che abbiamo speso molto di più per i bonus edilizi di quello che spenderemo per il Pnrr (196 miliardi di euro)». È con queste parole che il sottosegretario al ministero dell’Economia e delle Finanze, Federico Freni, è intervenuto durante la seconda giornata dell’edizione di primavera del forum di Cernobbio in attesa dei conteggi definitivi che arriveranno il nove aprile proprio sulla spesa complessiva del Superbonus.
Freni: il Mef non sbaglia, la crescita sarà intorno all’1%
Quanto alle stime relative al Def, «secondo me, non si discosteranno molto dalle previsioni che il governo aveva definito nella Nadef. Ciò conferma, a tacer d’altro, che al Mef siamo bravi a fare i conti», ha poi sottolineato il sottosegretario a margine dei lavori di chiusura dell’edizione di primavera del forum di Cernobbio.
Interpellato sui dubbi di Bankitalia, in merito all’eccessivo ottimismo sulla stima del pil 2024, che per il governo si aspetta circa all’1%, Freni conferma «saremo lì intorno». «Aspettiamo il Def e vediamo», ha aggiunto il sottosegretario, «mi permetto di ribadire che raramente il Mef ha sbagliato i conti negli ultimi anni». Quanto alla prospettiva sul rapporto con il debito, il sottosegretario ha riaffermato: «certamente resteremo sotto il 140%».
Allargando lo sguardo all’andamento dell’economia italiana, Freni ha sottolineato che «non è più questo il momento di rifugiarsi in un attendismo, ma è il momento di agire. E per farlo dobbiamo assegnare un ruolo centrale alla crescita del sistema finanziario nel corso del 2024». «Illuderci che si possa prospettare una qualsiasi crescita senza un apporto massiccio di risorse dal sistema finanziario alle piccole e medie imprese non è ipotizzabile. In Italia dobbiamo fare i conti con un tessuto industriale che soffre di una strutturale assenza di equity», ha detto il sottosegretario. «Questo paradigma sta cambiando, dobbiamo ancora capire con quale velocità. Ma virare verso l’equity è l’unico modo possibile per far crescere le pmi. Il governo sta lavorando a una serie di strumenti per favorire la capitalizzazione e, soprattutto, il trattenimento in Italia di questa capitalizzazione, perché l’obiettivo è capitalizzare e restare».
Rigore nei conti e investimenti: i due pilastri per colmare il gap della produttività
La crescita della Penisola secondo il sottosegretario passa anche attraverso l’Europa. «Non esiste un’agenda Italia, esiste un’agenda europea. Per avere tutto in Italia dobbiamo avere tutto in Europa, e quindi immaginare una politica industriale e una politica fiscale comune. Ciò vuol dire immaginare un’Europa diversa, cercare di cambiare l’Europa, infatti, non vuol dire non essere europei, criticarla non significa essere anti-europeisti», ha continuato Freni. «In questo momento», ha poi concluso il sottosegretario, «la cosa principale per colmare il gap della produttività è essere rigorosi e fermi nella programmazione. Troppe volte in questo Paese è mancata una pianificazione che tenesse insieme due elementi necessari: il rigore assoluto nella correzione dei conti e la flessibilità, responsabile e doverosa, rispetto al tema degli investimenti».
La bassa produttività rende l’Italia meno attrattiva sui mercati
Infatti, secondo l’ultima elaborazione The European House – Ambrosetti, la bassa produttività rende il Paese meno attrattivo sui mercati. Rispetto ad altri listini europei, la borsa italiana risulta sottodimensionata: il rapporto tra capitalizzazione di mercato e pil per l’Italia si ferma al 33% contro il 195% degli Stati Uniti, il 128% della Francia, il 93% della Spagna e il 49% della Germania. E non basta, per risollevare la borsa italiana, il numero società quotate, aumentato del 41% dal 2010 al 2022 soprattutto per effetto dell’incremento delle quotate sul mercato growth (Egm), passate da 11 a 194. Al contrario, Euronext ha visto le società quotate scendere da 277 a 227.
L’Italia ha numeri più deboli di altri Paesi anche in termini di investimenti esteri diretti in ingresso 2022: Ambrosetti ne ha stimati 448 miliardi di dollari contro i 2.699 miliardi del Regno Unito, i 1.008 miliardi della e Germania gli 897 miliardi della Francia 897. Se l’Italia avesse tenuto il passo del mondo, dove in media gli investimenti esteri diretti sono cresciuti del 123% nel periodo 2010-2022, avrebbe potuto contare su 282,7 miliardi di euro aggiuntivi, una cifra pari a 1,5 volte i fondi del Pnrr.

Di Sara Bichicchi, Anna di Rocco (Mf Newswires), Rossella Savojardo –
Fonte: https://www.milanofinanza.it/news/superbonus-freni-l-importo-complessivo-dei-bonus-edilizi-e-certamente-sopra-i-210-miliardi-