Sul Recovery la maggioranza punta a un patto con l'opposizione


AGI – L’agenda post Regionali? “Pe ora è scritta sulla sabbia”. L’espressione di un ‘big’ della maggioranza la dice lunga sull’attesa del voto delle Regionali. Perchè, soprattutto se dovesse prevalere il sì al referendum, il risultato che ne deriverebbe sarebbe la ‘blindatura’ della legislatura, ma sul resto permangono solo incognite. Tre a tre, quattro a due, cinque a uno: il voto di domenica e lunedì si giocherà soprattutto sulla ruota di Toscana e Puglia. Con la sconfitta di Giani il quadro per la maggioranza (ed eventualmente per il governo) si complicherebbe, tanto che anche all’interno del fronte rosso-giallo c’è chi non esclude in prospettiva l’appalesarsi di un esecutivo istituzionale.

Gli altri risultati, ipoteticamente, potrebbero non causare un terremoto, perlomeno a detta di molti esponenti di Pd, M5s, Iv e Leu. Certo, tutte queste forze politiche (così come quelle dell’opposizione) si misureranno al proprio interno con quanto succederà alle elezioni, ma sulla carta varrebbe ancor di più il ragionamento di quanti affermano che il governo è al riparo dall’appuntamento delle Regionali.

Il punto di vista del Colle

Quelli legati alla durata del governo sono scenari che non giungono fino al Colle, che come sempre si riserva di intervenire solo se e quando diventasse realmente necessario. Le diverse ipotesi vengono dunque guardate ora con grande distacco avendo a mente alcune linee guida; innanzitutto l’interesse principale del Paese è vedere approvata la manovra nei tempi previsti ed essere nelle condizioni di accedere ai fondi del Next generation plan.

In attesa di vedere quali saranno i risvolti politici del voto di domenica e lunedì dunque al Colle non si anticipa nessuna ipotesi, anche se dal punto di vista puramente teorico da sempre la linea prevalente in caso di rimpasto è che se il numero dei ministri da sostituire fosse esiguo non ci sarebbe passaggio parlamentare mentre se il numero fosse cospicuo si renderebbe necessario un nuovo passaggio alle Camere da parte del premier.

Ma soprattutto l’attenzione del Quirinale è alla ripresa del Paese dopo la crisi del coronavirus, ai risvolti economici e sociali di questa fase di transizione verso la fine della pandemia e dunque alla stesura in tempi rapidi e con contenuti concreti e lungimiranti del piano italiano per il Next generation.

Cosa succederebbe in Parlamento se vincesse il centrodestra?

Ma cosa succederebbe in Parlamento nel caso di una vittoria del centrodestra? Quale sarebbe l’agenda? Sono interrogativi che, uniti a quelli sulle possibili conseguenze delle urne sulla vita dei partiti, deputati e senatori si pongono da giorni. Al momento il post-Regionali a Montecitorio prevede un punto fermo che è la riforma costituzionale Fornaro che inserisce dei correttivi nella Carta che attenuerebbero gli effetti del taglio dei parlamentari. Restano dubbi sull’iter della legge elettorale con Italia viva che chiede di inserire anche la sfiducia costruttiva e il superamento del bicameralismo.

Anche il Pd, a ridosso del voto, ha proposto una serie di riforme per il superamento del bicameralismo paritario (tra cui la sfiducia costruttiva e la possibilità di revoca dei ministri) che saranno tradotte in un disegno di legge costituzionale. Ai primi di ottobre ci sarebbe in calendario anche il ddl sull’omofobia e poi già all’inizio della prossima settimana la Commissione Bilancio della Camera esaminerà il ‘Recovery plan’ con l’Aula che si esprimerà a stretto giro – probabilmente il 30 settembre – con le risoluzioni.

Al Senato, invece, c’è il dl agosto in scadenza ad ottobre. Altri appuntamenti fissati: martedì il premier Conte sara’ audito al Copasir, il 24 settembre dovrebbe esserci l’udienza pubblica nella Giunta per le elezioni sul ‘caso Lotito’, con il previsto voto successivo (probabilmente a scrutinio segreto) nell’emiciclo del Senato (con un ordine del giorno i rosso-gialli puntano a ‘bloccare’ la relazione dell’azzurro Paroli e a rinviare la partita in Giunta per le elezioni).

Fari puntati su decreti sicurezza e sul Mes

Ma è chiaro che i fari sono puntati su ben altro. Per esempio sulle modifiche dei dl sicurezza: il Pd intende aspettare il 30 settembre per evitare che la Lega possa promuovere un referendum (raccogliendo le firme dopo quella data la consultazione slitterebbe di un anno) ma con Iv e Leu spingerà per cambiare i provvedimenti. E c’è il Mes: il fronte favorevole all’utilizzo del fondo Salva Stati insisterà per inserire quei fondi nella legge di bilancio con M5s che continua ad opporsi (“Crea tensioni”, dice Di Maio) ma che – di fronte ad un aut aut dem – potrebbe essere costretto ad aprire.
La partita più importante è sul ‘Recovery plan’

La partita più importante resta la gestione del ‘Recovery plan’. E se un esponente di primo piano del Pd rilancia le parole di Zingaretti a ‘Porta a porta’, ovvero che “nel caso di un quattro a due saranno chiare le responsabilità della sconfitta, ricadrebbero su Iv e M5s”, è perchè potrebbe essere il voto di domenica a decidere chi avrà la ‘golden share’ del piano di rilancio per l’Italia. Con un ‘big’ del Pd che la mette così: “Più che i progetti preparati dai ministeri bisognerebbe puntare subito su come mettere i soldi nelle tasche degli italiani, con azioni di spesa rapida”.

L’ipotesi è che la legislatura vada avanti con un patto proprio sul ‘Recovery’ (solo la parte legata ai prestiti sarà contenuta nella Nadef di metà ottobre). “Maggioranza e opposizione devono decidere insieme come spendere i 220 miliardi di euro”, dice oggi Di Maio. La risposta della Meloni è ‘tranchant’ (“Di Maio dice che si può aprire un confronto con le opposizioni sul Recovery Fund? Bontà sua”), del resto Fdi già si ‘rivolge’ al Quirinale: “Se ci sarà una vittoria schiacciante il Colle ne prenda atto”, dice Lollobrigida.

“Mi piacerebbe fosse possibile sottrarre ai tatticismi della politica quotidiana un grande tema come il Recovery Fund”, afferma Berlusconi.Tuttavia il clima al momento tra maggioranza e opposizione non è dei migliori, “Salvini e Meloni dicono cose incredibili sul Recovery Plan e sul fatto che i soldi da restituire andranno a pesare sulle prossime generazioni”, ha sottolineato oggi il ministro dell’Economia Gualtieri. E Renzi: “Salvini ha detto che preferisce chiedere soldi agli italiani, per me è una bischerata”.

Conte punta dritto a rilanciare il governo

Insomma bisognerà vedere quale sarà l’atteggiamento dei gruppi dopo le elezioni ma in tanti osservano che dal voto sulle Regionali si desumerà quale piega prenderà la legislatura. Con il premier Conte che, al di là del risultato delle Regionali, punta dritto per rilanciare l’azione dell’esecutivo. Ma con il rischio di un rimpasto dietro l’angolo. Oppure – altra ipotesi sul tavolo – con l’eventualità di un Parlamento che rischia di finire nel ‘pantano’ per dedicarsi, parallelamente all’interlocuzione del governo con Bruxelles (il 25 il premier sarà a Bruxelles, mentre si è aperta anche la trattativa su come modificare il trattato di Berlino con il governo che punta sull’obbligatorietà dei ricollocamenti), al ‘Recovery plan’. Ma tutto è rimandato a lunedì.

I timori dell’opposizione

Ci sono i timori di FI per l’eventualità di un ampliamento del distacco con Lega e Fdi, quelli del partito di via Bellerio sulle sorti della campagna elettorale di Salvini (con uno sguardo al risultato di Zaia) che il 3 ottobre si troverà ad affrontare il processo a Catania; e quelli di Fratelli d’Italia che per ora hanno in ‘dote’ solo l’Abruzzo con Marsilio e puntano alla ‘doppietta’ con Acquaroli e Fitto.

Le preoccupazioni della maggioranza

Nella maggioranza i pentastellati puntano al referendum ma occorrerà capire quale sarà la tenuta del Movimento 5 stelle, e non solo nelle regioni del Sud, e il punto di caduta delle fibrillazioni interne sul tema della guida, del rapporto con Casaleggio e di un asse più strutturale con il Pd anche in prospettiva delle prossime amministrative (“Gli attacchi di Di Battista non sono rivolti al Pd”, ha cercato di rassicurare oggi il capo politico M5s Crimi).

Tra i dem si guarda soprattutto alla Toscana, anche Guerini ha ‘blindato’ la segreteria Pd di Zingaretti che si è speso più di altri per compattare i rosso-gialli alle Regionali e che di fronte ad un ‘pareggio’ potrebbe rilanciare soprattutto sul Mes e sull’agenda di governo. “E’ maldestro il tentativo della destra di far diventare qualsiasi consultazione un giudizio sul governo”, dice da Leu il capogruppo alla Camera, Fornaro. E poi c’è Italia viva che potrebbe rilanciare la strada di un confronto con Calenda. “Se guiderò un grande partito popolare? “Credo di sì. Partirà da Iv, vedremo come si chiamerà. O magari guiderà un altro e io farò il navigatore accanto o il passeggero”, spiega Renzi. 

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Fonte: politica agi