Tra le vittime anche un cittadino americano e un operatore Oim. Berlino prepara rimpatrio cittadini tedeschi
Sono oltre 600 i morti dei combattimenti in Sudan tra l’esercito regolare e i paramilitari delle Forze di sostegno rapido in corso dal 15 aprile. A riferirlo il ministro della Sanità di Khartoum, Ibrahim Haizam, secondo cui nelle strade si trova “un gran numero” di cadaveri che non sono stati portati via a causa dell’intensità degli scontri. Con il rischio, ha avvertito, di epidemie, mentre un terzo degli ospedali della capitale non è operativo.
L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) parla anche di almeno 3.551 persone rimaste ferite negli scontri.
Bombardamenti sono stati segnalati in diverse aree di Khartoum dopo l’inizio del cessate il fuoco, alle 6 di questa mattina. Numerose le segnalazioni di violenze dopo l’entrata in vigore del cessato il fuoco annunciato dalle Forze paramilitari di supporto rapido del Sudan (RSF), che avevano annunciato una tregua di 72 ore per motivi umanitari.
“La tregua coincide con il benedetto Eid Al-Fitr per aprire corridoi umanitari per evacuare i cittadini e dare loro l’opportunità di salutare le loro famiglie”, aveva scritto l’RSF in un comunicato a cui non sono seguiti commenti immediati da parte dell’esercito sudanese.
Sia il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che il segretario di Stato americano, Antony Blinken, avevano chiesto separatamente un cessate il fuoco di “almeno” tre giorni per celebrare l’Eid al-Fitr nel Paese a maggioranza musulmana. Il Comitato centrale dei medici del Sudan ha dichiarato in un comunicato: “Nella notte di Eid al-Fitr, diverse aree di Khartoum sono state bombardate e sono ancora esposte a bombardamenti e scontri tra le forze armate e le RSF.
Tra le vittime c’è anche un cittadino americano, come confermato dal dipartimento di Stato. Il Pentagono ha annunciato il riposizionamento di truppe a Gibuti in vista di un’eventuale missione di evacuazione dell’ambasciata Usa a Khartoum. “Possiamo confermare la morte di un cittadino americano in Sudan, siamo in contatto con la famiglia a cui porgiamo le più sentite condoglianze”, ha dichiarato un portavoce del dipartimento di Stato, che non ha fornito ulteriori dettagli o l’identità della vittima che non lavorava nell’ambasciata Usa.
Il dipartimento della Difesa Usa ha iniziato a pre posizionare militari nel caso si renda necessaria l’evacuazione di emergenza del personale diplomatico e di altri americani dal Sudan, ha reso noto John Kirby, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale, citato dal Washington Post. Il Presidente Biden ha deciso nei primi giorni della settimana, dopo che un convoglio americano a Khartoum è stato preso di mira e due tentativi di cessate il fuoco sono falliti, di spostare forze ed equipaggiamenti in una base “vicina” a Gibuti. “Nessuna decisione è stata ancora presa sull’evacuazione”, ha precisato Kirby, precisando che i funzionari americani in Sudan “si stanno riparando nelle loro case o posti di lavoro anche se il dipartimento di Stato sta cercando di riunire il personale in un luogo centrale di Khartoum”.
A perdere la vita negli scontri anche un operatore dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Lo ha confermato il direttore della stessa agenzia dell’Onu, secondo cui l’uomo, che viaggiava a bordo di un’auto insieme alla famiglia a sud di El Obeid, è finito in mezzo al fuoco incrociato delle due parti.
Berlino prepara rimpatrio cittadini tedeschi
Il governo di Berlino – sottolinea tuttavia la Dpa – si sta preparando ad evacuare i cittadini tedeschi che si trovano in Sudan. Un primo tentativo della Bundeswehr mercoledì non è andato in porto a causa della situazione di pericolo a Khartoum. Nel paese ci sono oltre 150 cittadini tedeschi.
Tajani: “200 italiani nel Paese, molti in residenza ambasciatore”
In Sudan attualmente ”ci sono circa 200 cittadini italiani” e ”un numero importante di nostri connazionali sono nella residenza dell’ambasciatore”, ha dichiarato il vice premier e ministro degli Esteri Antonio Tajani alla Farnesina durante una conferenza stampa congiunta con il consigliere federale della Confederazione Svizzera Ignazio Cassis. ”Stiamo monitorando la situazione attraverso l’unità di crisi e il nostro ambasciatore sta lavorando intensamente”, ha aggiunto Tajani spiegando che ”è stata ricostruita una unità di lavoro presso la sua residenza”.
Il titolare della Farnesina ha spiegato che ”c’è una rete di contatto che permette a tutti i cittadini italiani che vivono in Sudan di essere raggiunti” e che ”minuto per minuto la nostra unità di crisi segue gli sviluppi della situazione”.