Piero Sansonetti
Nella settimana che si apre oggi, il Senato darà il via libera alla legge sull’autonomia differenziata. Si chiama così. È un provvedimento che aumenta i poteri delle Regioni e comporta come conseguenza immediata (ma anche progressiva) un enorme trasferimento di ricchezze dal Mezzogiorno verso il Nord. E un grande aumento delle differenze nell’ efficienza dello Stato tra le due Italie che stanno per nascere. Soprattutto in campo sanitario. È il prezzo che Giorgia Meloni deve pagare a Salvini per garantire la saldezza dell’alleanza. Per la Lega è uno straordinario successo che la ripaga ampiamente dai colpi ricevuti in questi mesi dal Presidente del Consiglio, e dei bocconi amari inghiottiti (ultimo il siluramento del Presidente leghista della Sardegna, realizzato con una convergenza tra l’iniziativa politica di Meloni e quella giudiziaria della Procura). L’autonomia differenziata è la madre di tutte le battaglie della Lega e porterà un indubbio beneficio elettorale al partito di Salvini, già in occasione delle elezioni europee.
Il prezzo da pagare è salatissimo. In termini economici e sociali per tutto il Mezzogiorno, in termini politici generali per tutto il paese. Con l’autonomia differenziata non ci sarà più una sola Italia. La scelta è quella di costruire un paese a due velocità. I favorevoli a questa iniziativa sostengono che un forte arricchimento del Nord può portare a un aumento del Pil nazionale e una parte, seppur modesta, di questa nuova ricchezza può “sgoccilare” (come dicono gli economisti) anche al Sud. (È la teoria che gli americani chiamano del trickle-down). La storia e l’esperienza però dicono che non è così. Tutti i sostenitori del tubo-liberismo hanno sempre sostenuto che se i ricchi diventano più ricchi ci guadagnano qualcosina anche i poveri. I fatti dimostrano il contrario.
Fonte: L’Unità