“La carne è carne, solo se sei complice della violenza. Comunicazione N. 796”. Comincia così, la lettera scritta dal dirigente dell’Istituto nautico di Genova e Camogli, Paolo Fasce, dopo lo stupro di gruppo a Palermo. La comunicazione è indirizzata a tutta la comunità scolastica: genitori, studentesse e studenti, personale scolastico. Fasce riporta nella circolare, in tutta la loro crudezza, le frasi scambiate in chat dai 7 ragazzi arrestati per la violenza. L’obiettivo è sensibilizzare gli studenti del Nautico sul comportamento da tenere in caso si trovino a essere osservatori, anche lontani di situazioni del genere. “Assurge agli onori della cronaca l’ennesimo caso di stupro di gruppo”, scrive Fasce. “Non mancano, anche d’estate, notizie su femminicidi e altri esempi di inciviltà maschile ed essendo lo scrivente dirigente scolastico di una scuola che ha ancora solo il 12% di studentesse sento la responsabilità, ancora una volta, di esprimermi su queste tematiche, autorizzato dal quadro di educazione civica che ogni membro del personale scolastico è chiamato a incarnare, ciascuno nelle rispettive responsabilità”, spiega il preside.
Nella lettera sono presenti i crudi stralci delle chat e degli audio che alcuni dei ragazzi che hanno partecipato allo stupro di gruppo di una diciannovenne, la sera del 4 luglio, a Palermo, si scambiavano la sera della violenza e il giorno dopo. “Sono stati trascritti e riportati da alcuni mezzi di informazione”, sottolinea il preside. “Ritengo utile pubblicarli perché non è escluso che nelle chat dei nostri figli appaiano commenti o considerazioni che, pur non essendo generati a valle di eventi del genere, possono essere bestialità equivalenti espresse in contesti non degni di attenzione penale, ma il salto in quella direzione è solo questione di casualità ed occasioni”.
Dopo un riferimento anche a ‘Lo stupro’ di Franca Rame, Fasce evidenzia che “ciò che mi aspetto dagli studenti dell’istituto nautico, alcuni dei quali per meri motivi statistici si troveranno in situazioni preliminari a questo genere di degenerazioni, è che svolgano attivamente il delicato ruolo di bonificatori”.
“Sminare il terreno dai discorsi che poi possono degenerare in atti depravati è molto più facile che opporsi quando queste situazioni si sono accese e, beninteso, se ci si ritrova in questo genere di contesti occorre frapporsi, se se ne ha la forza, o invocare le forze dell’ordine affinché intervengano, se questa non basta”, scrive il dirigente. “Le silenziose azioni di prevenzione della degenerazione non consentono di raggiungere visibilità, like e approvazione collettiva perché, spesso, restano un atto privato invisibile. Restano però indelebili e senza prezzo nella coscienza di chi le compie. Essere coinvolti in questo genere di situazione e poi recriminare perché ci si è accodati ad altri è una mera scusa psicologica che ignora il fatto che nelle dinamiche di gruppo si è trascinati e si trascina e sottrarsi è questione di adultità. In altre parole, parafrasando uno degli stralci riportati dalle chat di quei poveri degenerati e dovendo essere chiari per non dare adito ad alcun equivoco – conclude – la carne è carne, solo se consideri il corpo di una donna come un oggetto o una ‘cosa’ di cui disporre e se sei complice della violenza”. (AGI)