Studi classici, Sapienza prima Sette atenei italiani nella top 10


La classifica QS: bene anche Politecnico di Milano, Normale e Bocconi

Di Gianna Fregonara e Orsola Riva

Ai vertici Nella graduatoria dei primi 50 ci sono pure il Politecnico di Torino e la Luiss
La Sapienza si conferma in cima al mondo negli studi classici per il terzo anno di fila, davanti alle storiche rivali Oxford e Cambridge. Subito dietro, al quarto posto, c’è la Normale di Pisa. Il Politecnico di Milano è settimo in ingegneria meccanica e aeronautica, settore ad altissima competizione internazionale, ottavo in arte e design, decimo in architettura. La Bocconi è settima in business&management, ottava in marketing, 16esima in economia e econometria, 17esima in finanza. La Luiss 14esima in studi politici e internazionali.
Nella nuova classifica delle Università Qs by Subject 2023 l’Italia ottiene sette piazzamenti nella top ten mondiale: siamo al terzo posto fra i Paesi dell’Europa continentale, dietro alla Svizzera (32) e alnon l’Olanda (16) ma davanti a Francia (sei), Svezia (cinque) e Germania (quattro). Se allarghiamo lo sguardo alle prime 200 posizioni siamo secondi solo ai tedeschi, a dimostrazione che il sistema, nonostante l’esiguità dei finanziamenti pubblici, funziona mediamente bene e anzi in alcuni dipartimenti raggiunge vette d’eccellenza che lo rendono competitivo a livello internazionale.
È vero che in questa classifica il parametro più penalizzante per gli atenei italiani — il rapporto fra numero di studenti e docenti che da noi è di uno a venti (in Germania è quasi la metà: uno a 12) — è valutato. I quattro criteri che determinano il piazzamento nel ranking sono la reputazione accademica — ovvero come i colleghi delle altre università valutano il lavoro di ricerca svolto dai vari dipartimenti —, la reputazione dei laureati presso i datori di lavoro, il numero di citazioni e l’impatto delle ricerche svolte. E l’Italia, nonostante spenda solo l’1,5% del Pil in ricerca e sviluppo contro il 2,3 della Francia e il 3,1 della Germania, è brava a fare tanto con poco.
Insieme a Times Higher Education e all’Arwu di Shanghai, questa classifica è uno degli strumenti più consultati da studenti e famiglie al momento della scelta dell’università, anche se non manca di sollevare critiche per il possibile conflitto di interesse determinato dal servizio di consulenza offerto dagli esperti di Qs ai singoli atenei per aiutarli a migliorare il proprio posizionamento. «Le classifiche mondiali sono strumenti che hanno assunto un valore importante nell’orientare i talenti — ha detto Donatella Sciuto, rettrice del Politecnico di Milano —. Il tema dell’attrattività è uno dei punti chiave del nostro Piano strategico per il prossimo triennio». «Il ranking premia gli studi umanistici del nostro Ateneo, ma la Sapienza è tra le prime 50 università al mondo in diverse altre materie, tra le quali Fisica, Astronomia e Diritto», ha commentato la rettrice Antonella Polimeni.
Anche quest’anno sono le università americane e inglesi a farla da padrone nella classifica. Su 54 materie censite, gli Stati Uniti si aggiudicano 32 prime posizioni, il Regno Unito 15, le altre sette se le spartiscono la Svizzera (quattro), l’Olanda (due) e l’Italia (una). C’è poco da meravigliarsi: l’intero sistema universitario italiano dispone di un budget simile a quello della sola Harvard. E da noi le tasse universitarie sono molto più basse di quelle delle università pubbliche inglesi come Oxford e Cambridge e addirittura ridicole se paragonate alle rette delle università private americane del circuito dell’Ivy League.

Fonte: Corriere