Studente viene bocciato, vince il ricorso, ma il consiglio di classe lo boccia nuovamente. Genitori ricorrono al Consiglio di Stato: “Giudizio della scuola insindacabile”


La sentenza in commento riguarda un fatto trattato dal Consiglio di Stato, con atto del 7/12/2023, n° N. 01603/2023 che ha per oggetto l’impugnazione della non ammissione dell’alunna alla classe successiva.

Il giudizio traeva origine da un primo provvedimento di non ammissione alla classe successiva, disposto dall’Istituto scolastico che veniva impugnato da parte ricorrente, che ne richiedeva anche la sospensione degli effetti in via cautelare. Il TAR rigettava la domanda cautelare e la scuola aveva, quindi, proceduto alla rivalutazione dell’alunna, confermando il giudizio di non ammissione che veniva impugnato dalla famiglia.
La questione
Il Consiglio di Stato, pronunciatosi con ordinanza in parte respingeva e in parte accoglieva il ricorso, statuendo che “considerato che, non avendo l’Amministrazione scolastica fatto pervenire alcun elemento, dagli atti acquisiti al giudizio risulta che in adempimento della predetta ordinanza sia stata compiuta la prescritta rivalutazione dell’alunna, con la motivata conferma del giudizio di non ammissione alla classe successiva, ma non che sia stato finora attivato il predetto piano didattico personalizzato, pur essendosi il nuovo anno scolastico già avviato” e ordinando, quindi, all’Istituto scolastico ed al competente Ufficio scolastico regionale, ciascuno per quanto di competenza, “di approntare e sottoporre ai genitori ed attivare immediatamente un adeguato piano didattico personalizzato, assicurando il suo svolgimento per l’intera durata dell’anno scolastico”. Contro il medesimo nuovo provvedimento di non ammissione parte ricorrente ha, altresì, adito il Tribunale Amministrativo Regionale, al fine di ottenerne l’annullamento della bocciatura.
Cosa si contestava?
In particolare, parte ricorrente lamentava che la commissione che aveva rivalutato l’alunna era formata dai medesimi docenti che a fine anno scolastico avevano deciso per la non ammissione alla classe successiva, riproponendo sostanzialmente il medesimo giudizio, senza tener conto del ritardo della scuola nell’attuazione del piano didattico personalizzato.
Il giudizio di non ammissione alla classe successiva è di discrezionalità della scuola
In via generale, va osservato, specifica l’organo giudicante, che il sindacato del giudice amministrativo sui provvedimenti di non ammissione alla classe successiva adottati dall’amministrazione scolastica incontra i limiti propri del sindacato di legittimità sulla discrezionalità tecnica della P.A.. In particolare, secondo la giurisprudenza “il giudizio di non ammissione alla classe superiore è espressione di discrezionalità tecnica, che il G.A. può sindacare solo per ciò che concerne i profili di manifesta illogicità, difetto di istruttoria e di travisamento dei fatti; rimangono, invece, insindacabili nel merito le valutazioni della capacità di apprendimento e delle competenze acquisite dagli studenti che sono affidate in via esclusiva al personale docente della scuola, così come l’apprezzamento effettuato sulla base di conoscenze tecnico – scientifiche e il giudizio di valore che caratterizza l’attività didattica. Il G.A. è, dunque, istituzionalmente sfornito del potere di sindacare le valutazioni tecnico discrezionali relative all’apprendimento dell’alunno, le quali sono operate dall’autorità amministrativa sulla base di precise cognizioni tecnico – scientifiche e in forza di un giudizio qualitativo di valore che va ad informare di sé l’attività didattica, che non è utilmente replicabile in sede giudiziaria” (cfr., TAR Campania, Napoli, sez. IV, 15 marzo 2022, n. 1719 e, nello stesso senso, ancor più di recente il TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 22 maggio 2023 n. 1700).
Lo scopo del PDP non è quello di garantire una promozione automatica
Il CDS osserva, dopo aver ricostruito il quadro normativo che lo scopo di tutta la normativa che prevede il PDP, è quello di garantire il successo formativo degli alunni e non quello di garantire l’acceso alle classi successive indipendentemente dal livello di apprendimento raggiunto, la mancata individuazione di misure compensative o dispensative adeguate nel PDP, ovvero la mancata attuazione delle stesse durante l’anno scolastico da parte dell’istituto non costituiscono, per essi soli, sufficienti elementi per giustificare una pronuncia di illegittimità riguardo al giudizio di non ammissione alla classe superiore, ma possono comportare, eventualmente, una responsabilità della scuola per le proprie omissioni”).
Un vizio del verbale non compromette la bocciatura
Interessante quanto osserva il CDS, in questa articolata sentenza, in materia di verbalizzazione.
Il verbale è stato sottoscritto dal segretario e dal Dirigente scolastico e, come noto, ha la funzione di provare le modalità di formazione della volontà collegiale e di permettere il controllo delle attività svolte, per cui le irregolarità o carenze di verbalizzazione non sono di per sé idonee ad inficiare la procedura qualora non sia stato validamente provato che detta funzione sia rimasta compromessa; il verbale, infatti, non è atto collegiale ma solo un documento che attesta, con le dovute garanzie legali, il contenuto della volontà collegiale (cfr. TAR Lazio – Roma, sez. I, 4 novembre 2020, n. 11375, che richiama Consiglio di Stato sez. II, 27 giugno 2019, n. 4432; Consiglio di Stato, sez. IV, 22 settembre 2005, n. 4989)
In questa circostanza trova, poi, applicazione il principio secondo cui “la sottoscrizione del segretario verbalizzante è requisito necessario e sufficiente ai fini del perfezionamento del verbale in quanto proveniente dall’autore giuridico e dal garante della genuinità del verbale stesso (in questo senso anche Cons. Stato n. 2692/2014); ne consegue che la mancata sottoscrizione di uno dei commissari non inficia l’esistenza e la legittimità del verbale (cfr. Tar Lazio, sez. II-ter, 29 dicembre 2021, n. 13587)”.
Né in senso contrario, conclude il Consiglio di Stato, è possibile affermare che il verbale è stato sottoscritto dal Dirigente scolastico che non figura né nella nomina dei componenti del Consiglio di Classe né nella convocazione dei docenti di classe. Infatti, il Dirigente scolastico è componente di diritto del Collegio di Classe, all’interno del quale svolge il ruolo di presidente (cfr. art. 5, comma 8, del D.Lgs 297/1994 e art. 2, comma 3, del D.Lgs 62/2017).
Di avv. Marco Barone – fonte: https://www.orizzontescuola.it/