Stasera in Tv 09 Febbraio – LA FARSESCA AUTOANALISI DI CARLO VERDONE


La “melancomicità” del regista romano su Cine 34 alle 21,00

di Franco La Magna

Premesso che, come spesso avviene, alcuni film d’autore o rari scriteriatamente occupano come tappabuchi i palinsesti notturni – dopo la mezzanotte di oggi, ad esempio, in programma film di Sorrentino (“L’amico di famiglia”, Rete 4, alle 0,50), Ozpetek (“Saturno contro”, su Cine 34, intorno alle 23,30), John Huston (“L’uomo dei setti capestri”, Iris Tv dopo le 23,00), Robert Altman (“Buffalo Bill e gli indiani”, ancora su Iris Tv, alle 3 di notte!) e perfino Carlo Campogalliani (“Silenzio, si gira”!, su Cine 34 sempre alle 3,00 di domattina) – la programmazione della prima serata, quasi sempre regolata su criteri commerciali, non propone anche oggi 9 febbraio emozioni particolari.

Preferibile ripiegare, per una serata davanti al video non troppo impegnativa, sul Verdone nazionale, clamoroso fenomeno divistico (forse secondo soltanto a Totò e Alberto Sordi), ormai da oltre quarant’anni sulla breccia, attore-regista, a cui la critica piuttosto tardivamente ha riconosciuto diritto di cittadinanza in quanto “autore”.

Per la sua opera è stato necessario coniare un neologismo, la “melancomicità”, vero e proprio ossimoro (figura retorica per indicare un mix di contrari), con il quale il multiforme artista si è talmente identificato al punto da trapiantarlo perfino nel titolo di uno dei suoi film, “L’amore è eterno finché dura”, sugli schermi nel 2004.

Di Carlo Verdone, creatore d’una fitta e strampalata galleria di personaggi (alcuni ripresi dalle macchiettistiche invenzioni teatrali, quindi il falso bullo, lo smargiasso, il coatto, l’ossessivo-logorroico, l’imbranato, lo sbruffone, il gradasso, il finto prete, il professore…) questa sera su Cine 34 alle 21,00 prevista la messa in onda del corale “Ma che colpa abbiamo noi” (2002), sgangherato tentativo di autoanalisi di un gruppo di nevrotici rimasto orfano della decrepita psichiatra che lo seguiva.

L’opera, divertente e pensosa, appare come una sorta di summa delle nevrosi, delle fobie, dei tic e delle fissazioni che avvelenano l’esistenza (vero e proprio fetish della poetica verdoniana) clamorosamente espresse anche nell’ansiogeno “Maledetto il giorno che t’tho incontrato” (1992) e quindi anche nella farsesca terapia del gruppo, penosamente umano, di “Ma che colpa abbiamo noi”, commedia d’insieme in cui l’ensemble attoriale trova il collante necessario nell’ambiziosa prova registica, che acutamente guida docilmente le singole personalità con esiti decisamente encomiabili.