Splendidi vasi di vetro gallo-romani portati alla luce durante gli scavi in una piccola necropoli. Fuoco e rito nella cultura dell’epoca


Nel settore nord-ovest della ZAC de la Trémelière a Rheu, un’area tranquilla dell’Ille-et-Vilaine, Francia, gli archeologi dell’Inrap (Institut national de recherches archéologiques préventives) stanno svolgendo scavi su un terreno di tre ettari. Questo sito archeologico ha rivelato un patrimonio che spazia dalle tracce di una piccola necropoli gallo-romana a resti di un habitat altomedievale, fornendo una visione straordinaria sulla storia e l’evoluzione di Rheu nel corso dei secoli.

Vaso cinerario in ceramica gallo-romana. © Inrap

Di particolare interesse i tre gruppi di fosse crematorie risalenti all’epoca gallo-romana. Queste fosse crematorie, utilizzate per l’incinerazione dei defunti, offrono uno sguardo prezioso sulle pratiche funerarie dell’epoca. A Rheu sono state portate alla luce una decina di tombe: tre di esse contenevano un vaso cinerario in ceramica e altre due un contenitore in vetro (un vaso globulare integro e una bottiglia).

Il rito funerario romano privato: un viaggio nel passato
Per ottenere una comprensione più approfondita delle pratiche funerarie dell’epoca gallo-romana, è fondamentale esaminare in dettaglio il rito del funerale romano privato, il quale differiva notevolmente dai funerali pubblici.

Il rito funerario privato romano iniziava al momento del trapasso del defunto. Il parente più prossimo si avvicinava al moribondo per dare l’ultimo bacio, raccogliendo il suo ultimo respiro. Questo atto aveva una profonda connessione con la credenza che l’anima abbandonasse il corpo con l’ultimo respiro. Dopo il trapasso, il nome del defunto veniva ripetuto ad intervalli, un rituale noto come “conclamatio.” Questo serviva – originariamente – a confermare la morte e a evitare il pericolo di una morte apparente.

Le donne della famiglia, insieme ad altre donne conosciute come “praeficae,” partecipavano alle lamentazioni. Era una pratica di profonda importanza per la comunità romana dell’epoca.

Successivamente, il corpo del defunto veniva preparato per la sepoltura. Questo processo includeva il lavaggio del corpo e l’applicazione di unguenti per ritardarne la decomposizione. In questa fase, veniva inserita nella bocca del cadavere una moneta, destinata a servire come pagamento per il traghettatore Caronte per il passaggio nell’aldilà, una credenza che attingeva alle radici della mitologia romana.

La scelta tra cremazione e inumazione non influiva significativamente nelle fasi fondamentali del rituale funebre romano privato. Se il defunto era destinato alla cremazione, almeno una parte del corpo veniva sottoposta a una piccola amputazione – un dito o una falange – e coperta di terra. Questo gesto aveva lo scopo di garantire un simbolico contatto tra il defunto e la terra, un elemento essenziale per la purificazione rituale. Quindi si procedeva all’incinerazione del corpo. Nella fossa era disposta la legna e sulla legna il letto funebre con il corpo.

La cremazione stessa avveniva insieme al letto funebre su cui il corpo del defunto era stato trasportato. I resti combusti risultanti venivano raccolti in urne cinerarie di varie forme e materiali, spaziando dai più semplici contenitori di terracotta fino ai pregevoli esemplari di vetro o di marmo decorati a rilievo, a testimonianza della varietà di pratiche funerarie e delle tradizioni culturali all’interno della società romana. Era uso unire alle ceneri, nell’urna, il dito o la falange asportasti e sepolti in precedenza.

 

Fonte: https://www.stilearte.it/