In un commento pubblicato da Ispi e firmato da Leonida Tedoldi, professore di Storia delle relazioni internazionali all’Università di Bergamo, si legge che “si è definito uno stallo che però non potrà che favorire il presidente del governo uscente. In sostanza, i popolari hanno aumentato il loro consenso elettorale, raggiungendo il 33% dei voti, ma non hanno conseguito gli obiettivi, soprattutto la “spallata” al “sanchismo” invocata spesso dal leader Alberto Feijóo, e indicata da sondaggi. “Se il Partito Popolare è quello che ha ottenuto il maggior numero di voti, confermando il trend delle consultazioni amministrative e prosciugando il serbatoio elettorale di Ciudadanos – prosegue l’analisi del professor Tedoldi – ha però eroso, con una certa sorpresa, anche parte di quello di Vox. Questo ha determinato un arretramento della formazione di estrema destra, depotenziando anche la spinta della destra nel suo complesso. Infatti, i voti reali dei due partiti di destra non sono riusciti ad andare al di là del solito bacino elettorale”. Non per niente, “il leader di Vox, Santiago Abascal ha già accusato i Popolari di aver fagocitato il proprio elettorato a loro vantaggio. Sono segni che, se visti nell’ottica di una futura coalizione stabile di destra (questione assai controversa, sebbene ci siano delle alleanze in due comunità autonome) potrebbero determinare uno stallo nella crescita generale di quella parte politica”. Sul fronte opposto, il partito socialista (31,7% dei voti) si è fermato ad 1.4 punti percentuali di differenza dai popolari, un recupero insperato alla luce delle elezioni amministrative di maggio”. Secondo l’analista, “la strategia del presidente del governo Pedro Sánchez, centrata sul ricorso immediato alle urne dopo la sconfitta alle amministrative – ha avuto l’effetto sperato – da pochi all’interno della leadership del partito, così come in pochi erano convinti della rimonta”. In questo contesto, continua l’analisi dell’esperto, “l’unica possibilità sarebbe ciò che ha già invocato nel discorso di ieri sera: un governo di minoranza – in Spagna è più praticato che in altri sistemi parlamentari europei – che ha bisogno però di un’astensione dei socialisti. Al momento questa possibilità non è in campo. La distanza tra i due più importanti partiti del paese è notevole su tutti i versanti, compreso quello delle normali relazioni istituzionali”. Su questo pesa certamente una campagna elettorale e un’opposizione parlamentare diretta contro la persona del presidente Sanchez, che non ha fatto altro che affossare ogni dialogo costruttivo tra i due leader”.
Spagna in stallo ma Sanchez più forte a guida Ue
In un commento pubblicato da Ispi e firmato da Leonida Tedoldi, professore di Storia delle relazioni internazionali all’Università di Bergamo, si legge che “si è definito uno stallo che però non potrà che favorire il presidente del governo uscente. In sostanza, i popolari hanno aumentato il loro consenso elettorale, raggiungendo il 33% dei voti, ma non hanno conseguito gli obiettivi, soprattutto la “spallata” al “sanchismo” invocata spesso dal leader Alberto Feijóo, e indicata da sondaggi. “Se il Partito Popolare è quello che ha ottenuto il maggior numero di voti, confermando il trend delle consultazioni amministrative e prosciugando il serbatoio elettorale di Ciudadanos – prosegue l’analisi del professor Tedoldi – ha però eroso, con una certa sorpresa, anche parte di quello di Vox. Questo ha determinato un arretramento della formazione di estrema destra, depotenziando anche la spinta della destra nel suo complesso. Infatti, i voti reali dei due partiti di destra non sono riusciti ad andare al di là del solito bacino elettorale”. Non per niente, “il leader di Vox, Santiago Abascal ha già accusato i Popolari di aver fagocitato il proprio elettorato a loro vantaggio. Sono segni che, se visti nell’ottica di una futura coalizione stabile di destra (questione assai controversa, sebbene ci siano delle alleanze in due comunità autonome) potrebbero determinare uno stallo nella crescita generale di quella parte politica”. Sul fronte opposto, il partito socialista (31,7% dei voti) si è fermato ad 1.4 punti percentuali di differenza dai popolari, un recupero insperato alla luce delle elezioni amministrative di maggio”. Secondo l’analista, “la strategia del presidente del governo Pedro Sánchez, centrata sul ricorso immediato alle urne dopo la sconfitta alle amministrative – ha avuto l’effetto sperato – da pochi all’interno della leadership del partito, così come in pochi erano convinti della rimonta”. In questo contesto, continua l’analisi dell’esperto, “l’unica possibilità sarebbe ciò che ha già invocato nel discorso di ieri sera: un governo di minoranza – in Spagna è più praticato che in altri sistemi parlamentari europei – che ha bisogno però di un’astensione dei socialisti. Al momento questa possibilità non è in campo. La distanza tra i due più importanti partiti del paese è notevole su tutti i versanti, compreso quello delle normali relazioni istituzionali”. Su questo pesa certamente una campagna elettorale e un’opposizione parlamentare diretta contro la persona del presidente Sanchez, che non ha fatto altro che affossare ogni dialogo costruttivo tra i due leader”.