Sono 5 milioni gli stranieri in Italia, gli italiani all’estero sono ancora di più


Presentato a Roma il Dossier Immigrazione dell’Idos. Il contributo all’economia resta positivo, con un guadagno per l’erario di 6,5 miliardi. Sono 28 mila i morti o i dispersi in Mediterraneo dal 2014

AGI – Il numero dei cittadini stranieri residenti in Italia – immigrati o nati nel Paese – si è assestato, nell’ultimo quinquennio, sui 5 milioni (5.050.257 il dato provvisorio del 2022, l’8,6% della popolazione), mentre sono saliti a quasi 6 milioni gli italiani residenti all’estero (erano 4 milioni nel 2010), che nel 2018 avevano conosciuto un picco di espatri (155.900) gradualmente ridottosi nei quattro anni successivi (82.500 nel 2022). Lo scrive l’Idos nell’ultima edizione del Dossier Statistico Immigrazione.

“Una stabilità, quella delle presenze straniere in Italia – osservano gli autori del report – che ridimensiona la retorica dell’invasione e che, allo stesso tempo, è il risultato di dinamiche interne legate ai trasferimenti da e per l’estero (273mila e 133.236 nel 2022), alle nascite (55mila, un settimo – 14,1% – delle totali 392.598), ai decessi (10mila), nonchè alle acquisizioni della cittadinanza italiana (133.236), sempre più spesso a seguito di lungoresidenza (42% dei casi nel 2021) e relative a minori (40%)”.

Sulla scia della crisi sanitaria, nell’ultimo triennio (2020-2022) la dinamica naturale è stata meno positiva, ma sempre migliore di quella degli italiani, anche per via della più giovane età media (36 anni contro 46 nel 2021).

Dal 2020 al 2022 la popolazione italiana è diminuita di oltre un milione di unità, per via di un saldo naturale negativo, mentre quella straniera è aumentata di più di 140mila: “è dunque evidente il contributo positivo (sebbene non risolutorio) al declino demografico del Paese, rafforzato anche dai nuovi arrivi”.

Uno studente su 10 è straniero

Ad oggi gli alunni stranieri sono circa 872.360, oltre un decimo (10,6%) di tutti gli scolari in Italia, e per più dei due terzi (67,5%, pari a 588.986) sono nati in Italia.

Nonostante la componente straniera, e in particolare quella delle seconde generazioni, sia l’unica ad aumentare, anche per via della bassa natalità degli italiani (negli ultimi 10 anni, mentre il numero totale di scolari è diminuito del 7,8%, quello degli stranieri è cresciuto del 15,4%), l’incidenza degli scolari di origine immigrata diminuisce man mano che sale il grado di scuola (dal 12,4% nelle primarie all’11,2% nelle secondarie di primo grado, fino all’8,0% nelle secondarie di secondo grado), a conferma delle maggiori difficoltà di completare il percorso di formazione.

Differenze notevoli, tra italiani e stranieri, restano anche nella scelta degli indirizzi superiori, con i primi che si orientano verso i licei in più della metà dei casi (54,0%) e i secondi per meno di un terzo (30,2%) o al massimo in due casi su 5 (42,2%) se nati in Italia, preferendo nettamente istituti tecnici o professionali.

Terminate le superiori, poi, è significativo che solo poco più di un terzo degli alunni stranieri si iscriva all’università (36,6%, quota che però sale al 47,8% tra i soli nati in Italia), a fronte di oltre la metà degli italiani (55,8%), al punto che tra gli immatricolati l’incidenza di quelli stranieri è di appena il 6,4%.

Si tratta in tutto di 21.260 nuovi iscritti stranieri, di cui la metà è costituita da studenti internazionali, ovvero da giovani che non provengono da percorsi scolastici in Italia, ma arrivano appositamente dall’estero per condurre gli studi accademici nel Paese.

“Circostanza, questa – segnala il report – che restringe le possibilità di competere per posti di lavoro ad alta qualifica anche da parte delle nuove generazioni cresciute in Italia, compromettendone la mobilità sociale”.

Allo Stato un guadagno netto di 6,5 miliardi

Il contributo degli immigrati all’economia italiana e al suo sistema di protezione sociale, a dispetto di evidenti criticità, continua ad essere positivo: nel 2021 il saldo tra spese (28,2 miliardi di euro) e introiti (34,7 miliardi di euro) dello Stato imputabili all’immigrazione ha segnato un guadagno per l’erario pubblico di 6,5 miliardi di euro, fortemente cresciuto rispetto al 2020 (circa un miliardo di euro in più) grazie alla ripresa post-pandemica dei settori in cui gli stranieri sono più impiegati.

Analogamente, dal 2011 al 2021, se le imprese in capo a italiani sono diminuite del 4,1%, quelle gestite da immigrati sono cresciute del 41,5%. Nel 2022, con ulteriori 5 mila nuove attività aperte nell’anno (+0,8%), le imprese immigrate operanti in Italia si avvicinano a quota 650mila (il 10,8% del totale).

A crescere sono soprattutto l’imprenditorialità femminile (pari al 24,6% delle attività a conduzione immigrata) e le società di capitali, più che raddoppiate dal 2011 al 2021 (+149,9% e +65mila).

Migranti a Lampedusa

28 mila morti e dispersi in Mediterraneo da 2014

Lungo le rotte migratorie del Mediterraneo scompaiono migliaia di migranti diretti in Europa: dal 2014 ad agosto 2023 i morti e dispersi accertati sono stati circa 28mila (ma probabilmente altrettante sono state le vittime di naufragi non intercettati), di cui 2.411 solo nel 2022 (in tre casi su 5 lungo la rotta centrale) e già altri 2.324 nei primi 8 mesi del 2023.

In particolare, lungo la rotta centrale (ancora la più letale al mondo) tra gennaio e agosto 2023 il numero delle persone arrivate – quasi tutte, in ogni caso, sbarcate in Italia – è stato di circa 115mila, a fronte delle 105.561 nel corso del 2022 e delle 67.724 del 2021, con un aumento del numero di morti o dispersi in mare nei primi sette mesi dell’anno (903, per una media di 4,3 al giorno, secondo il Forum tunisino per i diritti economici e sociali) e con i migranti giunti dalla Tunisia che per la prima volta hanno superato quelli arrivati dalla Libia”.

“Questi ultimi sono diminuiti – accusa il Dossier – anche perchè la guardia costiera del Paese nordafricano ne ha nel frattempo intercettati a migliaia in mare e ricondotti nei propri centri di detenzione, dove, secondo l’Ohchr, ‘ci sono ragionevoli motivi per ritenere che le persone migranti siano vittime di crimini contro l’umanità e che atti di omicidio, sparizione forzata, tortura, riduzione in schiavitù, violenze sessuali, stupri e altri atti disumani sono stati commessi in relazione alla loro detenzione arbitraria”.

Rimpatriati solo 11,7% degli espulsi

Nel 2022, su oltre 500mila stranieri in condizione di soggiorno irregolare in Italia – un decimo rispetto ai poco più di 5 milioni regolarmente residenti – soltanto a 36.770 è stata intimata l’espulsione, circa uno ogni 14 (inclusi 2.804 afgani e 2.221 siriani, che pure fuggono da Paesi in guerra e da gravi pericoli per la propria persona). Di questi, solo 4.304 (11,7%) sono stati effettivamente rimpatriati: una quota estremamente bassa e inferiore a quelle registrate perfino negli anni dell’emergenza sanitaria (15,1% nel 2021 e 13,7% nel 2020), caratterizzati da forti restrizioni nella mobilità internazionale.

I flussi previsti non coprono la carenza manodopera

Secondo la programmazione dei flussi decisa dal governo in settembre, in tre anni saranno ammessi in Italia complessivamente 452mila lavoratori stranieri: 136mila nel 2023, 151mila nel 2024 e 165mila nel 2025.

Ma il provvedimento, varato su forte pressione dei datori di lavoro (in grave carenza di manodopera sin dalla crisi pandemica), “è ancora molto lontano dal coprire l’effettivo fabbisogno (stimato dal governo in 833mila lavoratori nello stesso arco di tempo) e – in mancanza di una riforma del meccanismo a cui soggiacciono, da oltre 20 anni, gli ingressi e le permanenze per lavoro dall’estero – è soggetto alle stesse gravi distorsioni osservate lungo questo intero periodo”.

In effetti, anche quando è regolarmente impiegata, la manodopera straniera in Italia è spesso relegata a lavori precari, faticosi, sottopagati e rischiosi per la salute. Quasi due occupati stranieri su tre svolgono mansioni operaie o di bassa qualifica, una quota doppia rispetto agli italiani.

Tre lavoratori stranieri ogni 4 in Italia sono impiegati in aziende medio-piccole, per lo più a conduzione familiare, o presso le famiglie, come collaboratori domestici e badanti.

Complessivamente gli stranieri incidono per il 10,3% sul totale degli occupati e per il 16,0% sui disoccupati. Il loro tasso di occupazione, dopo due anni in cui era risultato più basso, torna a superare lievemente quello degli italiani (60,6% a fronte del 60,1%) ma non cambia la rigida divisione del lavoro per cittadinanza e genere, con più di un terzo delle lavoratrici straniere (34,0%) impiegate nei servizi domestici o di cura alle famiglie (2,4% le italiane) e il 42,2% degli uomini occupato nell’industria e nelle costruzioni (35,6% gli italiani).

L’Italia continua a occupare massivamente gli stranieri in attività manuali e a bassa qualifica, da cui derivano retribuzioni inferiori (di ben un quarto rispetto alla media) e questa compressione dei salari ha ridotto, tra l’altro, anche la loro capacità di risparmio, scesa dal 38% del reddito nel 2017 al 27% nel 2022. Questo rigido modello di “segregazione occupazionale” influisce – secondo Idos – sulle condizioni di vita e di inserimento degli immigrati.

Nonostante la quota di residenti stranieri in situazione di povertà e di esclusione sociale sia del 40% (quasi doppia rispetto agli italiani), pari a due milioni di persone, a giugno del 2023 solo un decimo (10,7%), cioè meno di 215mila, fruiva del reddito di cittadinanza.

E dal 2024 il nuovo Assegno di inclusione, contemplando nuovi e più stringenti requisiti, di fatto ridurrà l’attuale platea di beneficiari stranieri del Reddito di cittadinanza a un terzo, ovvero ad appena 73 mila individui, il 3,6% di tutti quelli in condizioni di indigenza e marginalizzazione.

 

Fonte. AGI