L’inquinamento atmosferico da particolato aumenta il rischio di morte prematura, malattie cardiovascolari e disabilità, in tutto il mondo. Lo dimostra lo studio dell’American Heart Association, pubblicato sul Journal of the American Heart Association, una rivista ad accesso libero e peer-reviewed. L’inquinamento da particolato è costituito da piccole particelle liquide e solide, sospese nell’aria e inalate nei polmoni, come le emissioni dei veicoli, il fumo, la polvere, il polline e la fuliggine. Tra il 1990 e il 2019, il numero totale annuale di decessi prematuri per malattie cardiovascolari, dopo anni di disabilità, attribuibili all’inquinamento atmosferico da particolato, è aumentato del 31% in tutto il mondo. L’impennata dei decessi si è distribuita in modo disomogeneo per sesso, con un aumento del 43% dei decessi tra gli uomini rispetto al 28,2% tra le donne. Nei quasi trenta anni di dati esaminati, sono aumentati i decessi e le disabilità dovuti all’inquinamento da particolato all’aperto, mentre sono diminuiti i decessi associati all’uso di combustibili solidi in ambienti chiusi. “Il motivo della diminuzione dell’inquinamento atmosferico domestico da combustibili solidi potrebbe essere un migliore accesso e utilizzo di combustibili più puliti, e cambiamenti strutturali, come il miglioramento dei fornelli e delle stufe a incasso, le cappe per i camini e una migliore ventilazione”, ha detto Farshad Farzadfar, autore senior dello studio e professore di medicina presso il centro di ricerca sulle malattie non trasmissibili dell’Istituto di Ricerca sull’Endocrinologia e il Metabolismo dell’Università di Scienze Mediche di Teheran in Iran. Le regioni con condizioni socioeconomiche più elevate hanno registrato una minore quantità di anni di vita persi a causa di malattie cardiovascolari da inquinamento da particolato, ma anche un maggior numero di anni vissuti con disabilità. “La diminuzione dei decessi può essere considerata una notizia positiva, in quanto indica miglioramenti nell’assistenza sanitaria, nelle misure di controllo dell’inquinamento atmosferico e nell’accesso alle cure; tuttavia, l’aumento degli anni di vita con disabilità suggerisce che, sebbene meno persone muoiano di malattie cardiovascolari, più persone convivono con disabilità”, ha precisato Farzadfar.
Nelle regioni con condizioni socioeconomiche più basse si è verificato l’effetto opposto, con un maggior numero di vite perse e un minor numero di anni vissuti con disabilità. Gli autori dello studio si sono chiesti quale sia l’impatto mondiale di questo tipo di inquinamento e come sia cambiato nel tempo. “Ci siamo concentrati sull’esame dell’onere a livello globale perché l’inquinamento da particolato è un fattore di rischio ambientale diffuso che colpisce tutte le popolazioni del mondo; la comprensione del suo impatto sulla salute cardiovascolare può aiutare a guidare gli interventi di salute pubblica e le decisioni politiche”, ha dichiarato Farzadfar. I ricercatori hanno analizzato l’inquinamento da particolato come fattore di rischio per la morte e la disabilità utilizzando i dati liberamente disponibili di 204 Paesi raccolti, tra il 1990 e il 2019, e riportati nello studio Global Burden of Disease. L’esposizione all’inquinamento da particolato è stata stimata utilizzando uno strumento dell’aggiornamento 2019 del Global Burden of Disease, che ha incorporato informazioni provenienti dal monitoraggio satellitare e a livello del suolo, modelli computerizzati delle sostanze chimiche presenti nell’atmosfera e dati sull’uso del territorio. Tra i numerosi tipi di patologie cardiache, l’attuale analisi delle malattie cardiovascolari si è limitata all’ictus e alla cardiopatia ischemica, ovvero quando si verifica un mancato apporto di sangue e ossigeno a porzioni del cuore, solitamente dovuto all’accumulo di placche nelle arterie, in quanto perché lo studio del 2019 sull’onere globale delle malattie attribuite all’inquinamento da particolato ha esaminato solo queste due diagnosi.” L’Institute for Health Metrics and Evaluation, che fornisce le stime del Global Burden of Disease, ha riportato le stime relative a un determinato fattore di rischio solo in presenza di numerose prove della sua associazione con una malattia”, ha osservato Farzadfar. “Finora, solo l’associazione dell’inquinamento da particolato con la cardiopatia ischemica e l’ictus è stata dimostrata da un gran numero di studi”, ha spiegato Farzadfar. “L’Institute for Health Metrics and Evaluation potrebbe, in futuro, includere altre malattie cardiovascolari”, ha continuato Farzadfar. “Inoltre, la cardiopatia ischemica e l’ictus contribuiscono a una maggioranza significativa di malattie cardiovascolari e le nostre previsioni, pur avendo dei limiti, possono essere utilizzate come una buona stima dell’onere dell’inquinamento da particolato su questo genere di patologie”, ha aggiunto Farzadfar. (AGI)