Sisma 2016: oggi sette anni, la resilienza al femminile


Castelluccio di Norcia, Amatrice, Pescara del Tronto, Norcia, Arquata del Tronto, Accumoli, Visso, Pretare, Montemonaco, Montefortino, Bolognola, Fiastra, Camerino, Castelsantangelo sul Nera. Sette anni fa, alle 3,36 della notte del 24 agosto 2016, il sisma distrusse borghi antichi e si prese 303 vite, anche quelle di adolescenti e giovanissimi. I feriti furono 388. Gli sfollati 41mila. Fu una catastrofe, che diede una tragica replica il 30 ottobre dello stesso anno.
I monaci benedettini si inginocchiarono impotenti a pregare nella piazza di Norcia vedendo la basilica distrutta, eccetto la facciata e l’abside. Fu costruita sulla casa natale di San Benedetto, la pietra angolare del monachesimo occidentale nel VI secolo. Pescara del Tronto oggi è rasa al suolo. I centri storici di Visso e Castelluccio di Norcia sono tuttora off limits. Amatrice è un cantiere. La ricostruzione procede ma è lenta, parte della popolazione continua a vivere nei prefabbricati, e nei prefabbricati si celebrano le sante messe. Anche gli alberghi e i ristoranti si trovano talvolta nei prefabbricati, dotati di qualche ridotto confort.
Ci sono, però, segnali di resilienza. Molti degli sfollati andarono sulla costa e lì i più giovani, soprattutto studenti, hanno convinto i loro genitori a rimanere sull’adriatica, dove ci sono più scuole e più occasioni. Qualcuno però ha fatto il percorso inverso. E’ il caso di Giulia Alberti e di suo marito Alessandro, che lasciarono lavori sicuri a Fermo per trasferirsi a Montefortino sui Sibillini, dove hanno creato un allevamento di pecore, un’azienda per filare, un orto con le piante tintorie e un piccolo museo della lana. Nei primi sette mesi del 2023 ben 3000 persone hanno seguito il percorso ‘Come nasce un filo’, dalla pecora agli attrezzi per filare e colorare i tessuti con prodotti esclusivamente naturali.

“Nel 2011 con un vecchio arcolaio di fine Ottocento – dice Giulia – cominciammo a Fermo a filare il pelo del nostro cane di razza akita. Ne uscirono fuori una sciarpa e un cappellino. Il gioco si trasformò in una professione. Nel 2014 nacque il nostro primo figlio e comprammo un pezzo di terra a Rocca di Montefortino. Nel giugno 2016 ultimammo la ristrutturazione della vecchia stalla e ne creammo un mini appartamento di 60 metri quadrati. Ad agosto la catastrofe, ma la casa ne uscì indenne. Lo prendemmo come un segno e moltiplicammo i nostri sforzi. La pubblica amministrazione era completamente bloccata per le conseguenze del sisma e impiegammo 14 mesi per ottenere tutti i permessi. Nel 2018 comprammo le prime pecore e poi dal Canada arrivarono i macchinari per filare con un investimento da 400mila euro. Oggi le macchine lavorano a mesi alternati: un mese filiamo i peli di cane, un mese la lana delle pecore. Il prodotto viene venduto con il marchio ‘Sibillana’. Lo utilizzano anche primarie case di moda internazionali, che usano i nostri filati per le loro borse. Oggi viviamo del nostro lavoro senza una lira di finanziamento pubblico. Solo la Banca Etica ci diede una mano all’inizio. Abbiamo 35 pecore e filiamo la lana di 3mila pecore dei dintorni, esclusivamente di razza sopravissana”.

Claudio Colotti, fotoreporter marchigiano, spiega che la resilienza post terremoto si deve anche alle donne, le nuove ‘Sibille’. “Marta Baldassarri (36 anni) ha aperto tre anni fa il suo piccolo atelier di tintura e sartoria a Ripe di San Ginesio, un minuscolo borgo dell’appennino maceratese. Da sempre legata alla natura in un rapporto quasi mistico – spiega Colotti – subito dopo il sisma, quando tutti le sconsigliavano di trasferirsi nel cratere, Marta ha preso la decisione di vivere accanto alle sue montagne. Tinge e stampa ogni capo con materiale esclusivamente vegetale che raccoglie personalmente nei boschi. Fiori, radici, foglie, bacche e cortecce vengono trattati in maniera naturale in modo da trasferire su tessuti biologici e organici i loro pigmenti. Ogni suo capo colorato con materia viva, oltre ad essere unico ed irripetibile, ha un impatto zero sull’ambiente. I workshop che Marta tiene a Ripe di San Ginesio sono molto partecipati”.
Colotti prosegue il suo elenco delle campionesse di resilienza anti terremoto: “Milena Bruni, 31 anni, poco prima che nascesse la sua piccola Diana nel 2022, decide di aprire insieme alla sua mamma Noemi, una veterinaria, un’azienda di allevamento di capre proprio sotto il loro amato Monte Bove, a Ussita, nel cuore del cratere sismico. In un territorio in cui per tradizione il latte viene trasformato in formaggi di altissima qualità, mamma e figlia decidono di puntare su un settore completamente diverso. E’ così che nasce ‘L’incanto degli Appennini’, un marchio che produce una vasta linea di cosmetici naturali con il latte delle loro capre”.

Sono storie che meritano di essere conosciute. Non stiamo parlando di una fiction alla Heidi. Sono persone reali che sfidano il sisma con la forza della loro testa e delle loro braccia. I Governi e i Commissari che si sono succeduti (Errani, De Micheli, Farabollini, Legnini e Castelli) devono sapere che ci sono uomini e donne che non si arrendono. La fioritura di Castelluccio e le lenticchie continuano ad attirare d’estate decine di migliaia di persone. Il sisma ha allargato le fenditura trasversale sul versante occidentale del monte Vettore. Gli umani di montagna, però, non demordono. La Regola aurea è sempre quella di Benedetto da Norcia: ‘Ora et labora’. Vale da più di mille anni e continuerà a vivere, nonostante tutto, in quel luogo incantato tra i monti della Laga e i Sibillini.(AGI)

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