Riceviamo e pubblichiamo la riflessione del prof. Antonino Gulisano sulla nuova legge della regione siciliana, che supera il vecchio concetto del PRG (Piano Regolatore Generale) e sul moderno concetto di città.
A distanza di 42 anni si modifica sostanzialmente tutta la materia che riguarda la pianificazione territoriale e regionale. La stella polare di questa riforma è il consumo del suolo tendente a zero, con direttrici chiare per la rigenerazione urbana.
Si mette ordine al sistema di pianificazione semplificando le procedure e attribuendo alla Regione competenze specifiche e di coordinamento con il Piano territoriale regionale (PTR), che rappresenta il quadro di riferimento per gli Enti Locali, i Liberi consorzi, le Città metropolitane e le Unioni di comuni, con particolare riferimento alle caratteristiche naturali, culturali, paesaggistico-ambientali, geologiche, rurali, antropiche e storico-archeologiche. I vecchi Piani regolatori generali vengono soppiantati dai Piani urbanistici generali (PUG) che danno certezze sia nei tempi di redazione che nell’applicazione effettiva degli stessi.
Si attendeva da decenni una riforma urbanistica in Sicilia, adeguata alle mutate realtà del nostro territorio e alle differenti sensibilità che sono cresciute nel tempo, con una maggiore attenzione alla salvaguarda dell’ambiente, ma anche alla sicurezza, se pensiamo al cresciuto rischio idrogeologico. Con questa norma la Regione diventa soggetto attivo della pianificazione del territorio.
Anche se la regione Sicilia ha fatto un passo avanti nel governo del territorio, molte criticità permangono e a cui pongo alcuni quesiti:
1) La nuova progettazione deve comprendere contemporaneamente un decentramento e un accentramento d’individui e di occupazioni.
2) Il ruolo chiave nella pianificazione del territorio con il nuovo strumento come il PUG in sostituzione dei vecchi PRG deve essere potenziata la connettività.
3) Per arrivare a ciò è necessaria una cura socio – spaziale delle forme urbane, che dovrà relazionare località, individui, comunità e flussi globali attraverso la condivisione degli spazi pubblici
4) Recuperare lo Spazio fisico delle nuove Agorà come centri di comunicazione e socialità interindividuali.
5) Ripristinare le funzioni residenziali, culturali e artigianali, non inquinanti, anche con incentivi alle iniziative private finalizzate alla conservazione, al restauro e all’utilizzazione del patrimonio storico – architettonico, incoraggiare processi dinamici di valorizzazione che possano rilanciare la vocazione turistico- culturale del centro-storico o meglio antico
La rivoluzione tecnologica, suppone l’inizio di qualcosa di nuovo e forse è arrivato il momento di rispondere alla domanda che già si pose Koolhaas: “e se dichiariamo semplicemente che non c’è una crisi e ridefiniamo la nostra relazione con la città e i suoi spazi non come suoi costruttori ma come suoi sostenitori?”. La città contemporanea in cui ci troviamo a vivere si presenta come una realtà stratificata e complessa che solo può essere intesa se si prendono in considerazione tutti i suoi elementi di cambio e non solo le sue relazioni di continuità o di opposizione col passato.
Desidero sottolineare, in modo sintetico, il significato di spazio fisico e spazio dei flussi.
La rivoluzione dello spazio, nell’era della tecnologia informatica e dell’economia globalizzata, è una dimensione fondamentale del processo complessivo di trasformazione strutturale che sta avvenendo nella società. La trasformazione dello spazio va inserita nel più ampio significato di una trasformazione sociale complessiva: lo spazio non è un riflesso della società, ma una espressione di essa, dimensione fondamentale inseparabile dal generale processo di organizzazione e sviluppo sociale. La nuova dimensione di spazio fisico e di spazio di flussi va visto in una nuova visione di vasti territori integrati funzionalmente e differenti socialmente. Queste nuove forme spaziali sono le aree metropolitane. Le relazioni sociali sono contraddistinte allo stesso tempo da individualismo e da comunitarismo. Entrambi i processi d’identificazione sfruttano, per affermarsi sia la dimensione spaziale sia quella della comunicazione.
Le città di tutto il mondo sono sempre più multietniche e multiculturali. La criminalità è saldamente inserita nel tessuto cittadino, garantendo occupazione, reddito e organizzazione sociale alla cultura dell’illegalità. L’interruzione delle comunicazioni interindividuali e interculturali e il trionfo dell’organizzazione dello spazio come difesa dall’altro da sé, determina la formazione di aree molto segregate: comunità protette da cancelli per i benestanti e ghetti per i miserabili.
La rivoluzione dello spazio nell’era del network society si organizza lungo tre direttrici:
- La prima ha a che fare con la funzione: GLOBALITA’ E LOCALISMO
- La seconda con il significato: INDIVIDUALISMO e COMUNITARISMO
- La terza con la forma: Articolazione tra SPAZIO FISICO e SPAZIO DEI FLUSSI
Nella funzione della globalità: L’economia, la tecnologia, i media, autorità istituzionali sono organizzate sotto forma di reti globali. Nella funzione dall’altra del localismo: il lavoro, il tempo libero, le identità culturali e la partecipazione politica sono essenzialmente locali. Le istituzioni locali diventano un nodo fondamentale della catena della rappresentatività, in grado di regolare l’intero processo politico grazie al loro valore aggiunto di dare voce ai cittadini più da vicino.
Il paradosso del XXI secolo è che potremmo tranquillamente continuare a vivere in una dimensione prevalentemente urbana anche in assenza di città, ossia, senza sistemi spaziali di comunicazione culturali e di condivisione. La città, come sistema di comunicazione, deve assolvere questa funzione di collegamento tra il globale e il locale. Le nostre società sono contraddistinte dallo sviluppo simultaneo d’individualismo e di comunitarismo. Individualismo inteso come concentrazione su progetti, interessi individuali; comunitarismo inteso come identità condivisa o la formazione di una sfera pubblica condivisa, come dice Habermas.
Le trasformazioni urbanistiche vengono innescate da dinamiche economico-finanziarie e la pianificazione di un contesto urbano ha l’obiettivo primario di recuperare il pesante deficit urbanistico esistente in termini di dotazione di aree da destinare a verde, parcheggi e servizi pubblici. Il problema del costo di tali trasformazioni deve proporsi la stesura dei piani particolareggiati a macchia di leopardo. Tali costi riguardano due aspetti fondamentali: quelli dell’opera di per sé e quelli necessari all’acquisizione delle aree. Poiché la prevalenza delle aree strategiche necessarie al processo di riqualificazione della nostra città è di proprietà privata, bisogna individuare un percorso che superi l’infausta “politica dei vincoli” da sempre causa scatenante di abbandono del territorio alle più diverse utilizzazioni non autorizzate, né utilizzabili, ad abusivismo edilizio e discariche a cielo aperto, o al servizio dei più forti o di chi è in condizioni d’inserirsi nel sistema delle speculazioni.
Tale politica può trovare oggi giustificazione solo nel caso di un’attendibilità finanziaria delle correlative previsioni pubbliche. Nel caso contrario, e questo è il caso, per ottenere la massima riqualificazione del tessuto urbano, è quella di muoversi in direzione della perequazione con un ampio coinvolgimento del privato all’interno di un regime immobiliare trasparente, equo e solidale.