AGI – Il governo “sta valutando l’ipotesi di praticare sui carburanti un’accisa mobile” “al fine di contenere l’impatto sui consumatori finali” dell’aumento dei prezzi legato alla guerra in Ucraina. Lo ha sottolineato il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, nel corso dell’informativa nell’Aula del Senato. “Poiché c’è stato un maggior gettito Iva questo potrebbe essere utilizzato per ridurre le accise e ottenere una riduzione del prezzo alla pompa”, ha spiegato Cingolani. Ma, ha aggiunto “sappiamo che operare sui carburanti è molto complesso”.
Come funziona l’accisa mobile
La misura semplifica (ma soprattutto rende vincolante nella sua applicazione) il meccanismo di sterilizzazione dei perversi effetti moltiplicatori degli aumenti del prezzo industriale dei carburanti sull’Iva, che insiste in percentuale fissa sulla sommatoria tra prezzo industriale e accisa. È un meccanismo già introdotto con la legge Finanziaria del 2008 ma rimasto finora inapplicato.
Tre anni per fare a meno del gas russo
“Nel lungo termine, a partire dal prossimo inverno, sarebbe necessario sostituire completamente 30 bcm di gas russo con altre fonti. Sebbene questo sia possibile in un orizzonte minimo di 3 anni, tramite misure strutturali, per almeno i prossimi due inverni sarebbe complesso assicurare tutte le forniture al sistema italiano” ha sottolineato Cingolani.
“In questo momento il flusso di gas dalla Russia è il più alto mai registrato. La fornitura è assolutamente costante in tutta Europa, l’Europa sta continuando ad acquistare gas, la fornitura continua”, ha assicurato il ministro. “Se la materia è la stessa non e possibile mi costi cinque volte di più perché stiamo mettendo in ginocchio gli operatori. Certo, non c’è qualcuno in Italia che sta facendo una cosa sbagliata, il problema è di questi hub che non lavorano sulla materia prodotta ma scambiando certificati. È solo una grande speculazione da parte di certi hub. È un problema molto serio che non sta mettendo in ginocchio solo l’Italia ma tutti Paesi europei”, perché “a parità di gas oggi pago un euro mezzo a metro cubo mentre un anno fa 30 cent, e questo sta mettendo tutti in ginocchio”, ha aggiunto il ministro.
“Si è sollevata una riflessione sul fatto che l’Europa continua a comprare gas dalla Russia, la fornitura è continua e si parla di pagamenti da oltre un miliardo di euro giorno, che in periodo di guerra ha implicazioni che vanno oltre il settore energetico. Il price cap sul gas uguale per tutta l’Europa sarebbe una grande notizia”.
Per ridurre di 20 miliardi di metri cubi le importazione di gas dalla Russia nel breve medio termine il governo valuta “un incremento fino a 9 miliardi di metri cubi l’anno”. “Per far questo – ha spiegato il ministro – è indispensabile un accordo con il Governo algerino per ottenere forniture aggiuntive via gasdotto all’Italia al posto dell’attuale export di Gnl verso altri mercati. La missione del Ministro degli esteri in Algeria del 28 febbraio ha esplorato con successo tale possibilità, prevedendo anche la possibilità di future importazioni addizionali di gas a fronte di nuovi investimenti in attività di produzione di gas nel territorio algerino”.
Il contingentamento della domanda
Il Governo “potrebbe intervenire anche con misure di contingentamento della domanda e di accelerazione dell’efficientamento energetica” ha sottolineato il ministro della Transizione ecologica, “sono ipotizzabili misure di flessibilità sui consumi di gas (ad esempio l’interrompibilità nel settore industriale, che però può agire per brevi periodi settimanali in caso di picchi della domanda) e sui consumi di gas del settore termoelettrico (dove pure esistono misure di riduzione del carico in modo controllato) e misure di contenimento dei consumi negli altri settori”.
Inoltre, ha proseguito Cingolani, “si potrebbe avere un “incremento delle importazioni di energia elettrica dal Nord Europa, per ridurre il consumo di gas del parco termoelettrico italiano”. “C’è una riflessione avviata su possibili misure strutturali per eliminare la dipendenza totale di importazioni dalla Russia” (in linea con il pacchetto europeo RePower Eu che è in corso di finalizzazione) e tra queste “c’è la possibilità di un raddoppio della capacità Tap“.
Il nodo dei rigassificatori
Le misure strutturali che il governo sta valutando, ha spiegato Cingolani, comprendono: “nuova capacità di rigassificazione su unità galleggianti ancorate in prossimità di porti, realizzabile in 12-18 mesi (dall’ottenimento delle autorizzazioni) per circa 16-24 miliardi di metri cubi. Tale soluzione è più rapida e flessibile rispetto a terminali onshore, e di minore costo per il sistema; nuova capacità di rigassificazione onshore. In particolare, sono anche realizzabili progetti per due terminali per complessivi circa 20 bcm anno di capacità, già autorizzati, in circa 36-48 mesi; raddoppio della capacità Tap. Questo ci permetterebbe di incrementare di circa 10 miliardi di metri cubi all’anno i flussi. Per far questo, sono necessari circa 45 mesi per incremento dei primi 2 bcm (tramite interventi in Albania) e circa 65 mesi per l’incremento di ulteriori 8 bcm (ulteriori interventi in Albania e Grecia e alcuni interventi sulla rete italiana)”.
Source: agi