AGI – “Il gip ha archiviato le posizioni meno rilevanti di Genovese e Condipodero, ma la vera notizia è che invece ha disposto una proroga delle indagini a carico di Rosario Cattafi e soprattutto ha disposto degli accertamenti che mai nessun giudice fino ad oggi aveva mai richiesto. Sono accertamenti molto precisi, nel senso che si manifesta la volontà di far luce sulla calibro 22 che ha ucciso mio padre”.
Così Sonia Alfano all’AGI commenta l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Messina che ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dalla procura l’11 settembre del 2019 stabilendo che Stefano Genovese e Basilio Condipodero non sono gli esecutori materiali dell’omicidio di Beppe Alfano, il giornalista ucciso dalla mafia a Barcellona Pozzo di Gotto l’8 gennaio 1993.
“Il punto qual è? Che io e il mio avvocato abbiamo sempre sostenuto la responsabilità di Rosario Cattafi in quell’omicidio – ha sostenuto la figlia del giornalista ucciso quasi 28 anni – Cattafi ha sempre negato, e sappiamo poi com’è andata, lui è stato scarcerato. Ma – ha proseguito – nonostante abbiano tentato per decenni di massacrare la mia credibilità e la mia immagine, oggi questo disposto per la prima volta non solo cementifica le mie impressioni e sensazioni, ma soprattutto apre uno spiraglio nei confronti della giustizia da parte nostra”.
“Abbiamo un motivo in più per credere alla giustizia – ha spiegato – perché tra pochi giorni saranno 28 anni da quel delitto e devono essere spiegate tante cose. Sono veramente tanti gli interrogativi che a me sono rimasti e finalmente un giudice ha chiesto di fare luce”.
È più fiduciosa che si possa arrivare alla verità e alla giustizia, ci crede ancora? “Assolutamente sì – ha risposto Sonia Alfano – anche perché se non ci credo io e non ci crede la mia famiglia, allora è finita… perché non c’è nessun altro che si adopererà per dare giustizia a mio padre”.
“Il messaggio che mi sento di dare a queste persone e soprattutto a Rosario Cattafi – ha concluso – è che farò di tutto affinché le sue responsabilità vengano individuate e nel momento in cui la giustizia, queste indagini dovessero darci ragione, io farò di tutto perché venga nuovamente arrestato e condannato. Questo lo devo a mio padre”.
L’ordinanza dice che Stefano Genovese e Basilio Condipodero non sono gli esecutori materiali dell’omicidio di Beppe Alfano. Il gip del tribunale di Messina, Valeria Curatolo, ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dalla procura l’11 settembre del 2019 a cui la famiglia Alfano, rappresentata dall’avvocato Fabio Repici, si era opposta. Per il giudice, le conclusioni cui è giunta la procura, nella sua inchiesta ter, sono da ritenere “condivisibili”.
Era stato il collaboratore di giustizia Carmelo D’Amico a definire Genovese e Condipodero rispettivamente sicario e basista dell’omicidio. Dichiarazioni poi confermate dal fratello Francesco D’Amico ma che il gip ha considerato “non adeguatamente riscontrate”. E anche la versione resa agli inquirenti da Aurelio Micale, altro collaboratore di giustizia, sono state bollate come ‘incerte e generiche’.
Nell’archiviare il procedimento il giudice ha indicato al pm una serie di approfondimenti di indagine, da chiudere entro sei mesi, finalizzati all’individuazione di “possibili ulteriori mandanti” del delitto (oltre al boss Giuseppe Gullotti). Tra i misteri da chiarire, quello legato a un revolver calibro 22, mai sottoposto ad accertamento balistico, le cui tracce erano state scoperte proprio dall’avvocato Repici e sul quale il gip ha ordinato una consulenza tecnica con un esperto internazionale.
Vedi: “Si apre uno spiraglio per fare giustizia sulla morte di mio padre”, dice Sonia Alfano
Fonte: cronaca agi