di Antonino Gulisano
Nello sfogliare i miei appunti sul campionato europeo di calcio, sul primo trovo scritto: non tutte le squadre si inginocchiano per sostenere Black Lives Matter, il movimento nato negli Stati Uniti e impegnato nella lotta contro il razzismo. Grande attesa. Contro il Galles erano andati giù solo cinque dei nostri, molte polemiche. La Federcalcio ha colpevolmente lasciato gestire un pallone parecchio bollente ai calciatori. Così poco fa Chiellini, il capitano, provando a spiegare la posizione del gruppo azzurro, scivola male: «Combatteremo il nazismo in altro modo». Lapsus, è chiaro. Poi si corregge. Ma è anche un lampo che spiega una certa confusione di argomenti.
Secondo appunto: Matteo Salvini sorvola: «Applausi, viva la libertà». Subito arriva Matteo Renzi, che si rivolge al 2% di Italia Viva: «Nazionale libera dai segretari di partito». Adorano fare campagna elettorale su tutto, gli azzurri diventano un pretesto magnifico.
Terzo appunto: la squadra italiana dopo tanta sofferenza ha vinto contro l’Austria. Come nel 1915/18 gli italiani dissero: “Il nemico non passerà”. Si placano solo perché Jorginho intanto apre per Spinazzola (molto ispirato). Siamo partiti forte. Con intensità. Con i nostri palleggi. Calcio dominante, come piace a Roberto Mancini.
Sul quarto appunto trovo riproposto il mio pensiero tra multiculturalismo e razzismo. Che l’Italia si alzi. Vi racconto una storia reale avvenuta nel 1962 a New York, magistralmente raccontata dal film Green Book, diretto da Peter Farrelly, vincitore di tre premi Oscar nel 2019. Tony Lip (interpretato dall’attore Viggo Mortensen), buttafuori italoamericano, è rimasto senza lavoro a causa della temporanea chiusura del locale in cui lavorava. È Don Shirley (interpretato da Mahershala Ali), celebre pianista afroamericano, a offrirgli un nuovo impiego, ingaggiandolo come autista personale. Tony, lasciata moglie (Linda Cardellini) e figli, accompagnerà il musicista nel suo tour attraverso il Midwest e il sud degli USA. In quegli stati regolati dalle leggi locali conosciute come “Jim Crow” che imponevano di fatto la segregazione razziale.
Lungo la strada il raffinato e rigoroso Don e il rozzo Tony appianeranno piano piano le loro differenze, imparando a conoscersi. I due non dovranno solo fare i conti con i loro diversi background, ma anche con il razzismo del profondo sud. Per affrontare il viaggio, la casa discografica del pianista consegnerà loro il Green Book, una guida in cui troveranno segnalati hotel e locali in cui i viaggiatori afroamericani potevano recarsi in sicurezza. Del celebre pianista, acclamato per la sua arte, si dimentica del colore della pelle, ma appena scende il sipario anche il colore bianco tra gli emarginati è nel recinto del razzismo. Non si deve confondere tra il multiculturalismo che esiste in alcuni Paesi, che c’è di fatto, e il multiculturalismo come ideologia. È stato il bombardamento del «politicamente corretto» che ci ha fatto dimenticare o dichiarare superata questa distinzione.
A suo tempo i tedeschi accolsero milioni di turchi come “lavoratori ospiti”; noi avevamo e abbiamo i permessi di soggiorno a lunga scadenza; gli Stati Uniti concedono agli stranieri la residenza permanente. Sono tutte soluzioni che occorre, migliorare e “umanizzare”. Tra le soluzioni per superare il razzismo va ripreso un concetto universale: esiste una sola razza umana, non ve ne sono altre. Esistono solo etnie e colori della pelle. Le differenze ideologiche e religiose hanno diviso gli uomini in “razze”.
Dobbiamo distinguere: il concetto di “razzismo” praticato in USA ha una logica e un fondamento, la discriminazione riguarda cittadini tutti americani ma di etnia e colore diverso. Mentre il “razzismo” propagandato dalla destra italiana ed europea è motivato dalla immigrazione e dalla religione. Sull’aspetto religioso bisogna essere chiari. Il “razzismo” è da entrambe le parti: occidentali e islamici. Per superare il “razzismo” da parte dei riformisti e progressisti bisogna introdurre una norma internazionale sulla reciprocità di agibilità religiosa e politica e il rispetto dei diritti umani. Rispettare le leggi e le culture dei paesi di cui si è ospiti o cittadini acquisiti. Ripensare il rapporto dell’immigrazione come status di ospiti o residenti lavoratori europei e non dei singoli Stai dell’Unione europea. Varare una regolamentazione dello Ius soli a livello europeo e non dei singoli Stati dell’Unione.