Lapointe e la sua squadra di ricerca hanno analizzato i livelli di calcio nei sedimenti del lago Linné. Poiché gran parte del terreno orientale, che circonda il lago, è composto da terreni ricchi di carbonato, gli eventi piovosi intensi fanno sì che il carbonato si riversi nel lago, si depositi nei sedimenti sul fondo del lago e possa essere misurato nelle carote di sedimento, come una registrazione delle precipitazioni che risale a circa 2 mila anni fa. Quando Lapointe e i suoi colleghi hanno confrontato tutte queste osservazioni storiche e contemporanee con i dati meteorologici, hanno trovato una correlazione sorprendente. “I maggiori eventi di pioggia e riscaldamento del passato sono tutti legati al blocco atmosferico sulla Scandinavia e sui Monti Urali – ha dichiarato Lapointe – il blocco atmosferico si verifica quando un sistema di alta pressione, con l’aria che ruota in senso orario intorno ad esso, si blocca su una particolare regione, in questo caso specifico, la Scandinavia settentrionale. Insieme a questo sistema di alta pressione, gli eventi di pioggia alle Svalbard sono spesso associati a un sistema di bassa pressione che si deposita sulla Groenlandia, che ruota in senso antiorario”.
I due sistemi ruotano come un paio di ingranaggi intrecciati, attirando aria più calda e umida dall’Oceano medio-atlantico verso l’Artico, provocando rovesci di pioggia alle Svalbard. Da quando sono iniziate le misurazioni osservative, il blocco nell’Artico è aumentato, così come il riscaldamento dell’Artico. “Sarà molto interessante osservare come si comporterà il blocco atmosferico con un ulteriore riscaldamento – ha aggiunto Lapointe – ogni ulteriore aumento probabilmente amplificherà gli effetti delle inondazioni e dei rischi naturali alle Svalbard. Queste proiezioni sul futuro delle Svalbard sono preoccupanti, in quanto nonostante l’arcipelago ha una popolazione di appena 2.650 abitanti durante tutto l’anno, le isole attraggono oltre 130 mila visitatori all’anno, attratti dai loro paesaggi mozzafiato e dalla loro fauna unica”.
I dati paleoclimatici degli ultimi 2mila anni, combinati con potenti modelli al computer e ricerche sul campo su sedimenti lacustri e anelli di alberi, hanno dimostrato che un fenomeno poco studiato, noto come blocco atmosferico, ha a lungo influenzato le oscillazioni di temperatura nell’Artico. Lo rivela uno studio internazionale, condotto da un gruppo di scienziati guidati da François Lapointe, ricercatore associato presso l’Università del Massachusetts Amherst, pubblicato su ‘Nature Communications’. Con il riscaldamento delle temperature, dovuto ai cambiamenti climatici, il blocco atmosferico contribuirà a determinare eventi meteorologici sempre più impattanti. Lo studio si è concentrato sull’arcipelago artico norvegese delle Svalbard, ai margini dell’Oceano Artico.
È noto che l’Artico si sta riscaldando più velocemente della media globale, un fenomeno noto come ‘amplificazione’ artica. Dal 1991, però, le Svalbard hanno registrato una tendenza al riscaldamento doppia rispetto all’aumento della temperatura nell’intero Artico. Di conseguenza, l’arcipelago ha registrato una massiccia perdita di ghiaccio, eventi piovosi estremi e frane. “Volevamo sapere perché le Svalbard si sono riscaldate così velocemente rispetto al resto dell’Artico e capire se queste tendenze continueranno o meno”, ha detto Raymond Bradley, professore emerito presso l’Umass Amherst e coautore dello studio. Per farlo, gli scienziati si sono rivolti ai sedimenti lacustri del lago Linné, sulla costa occidentale delle Svalbard, con lo scopo di ricostruire le condizioni calde e umide degli ultimi 2mila anni. Ciò che rende unico questo lago è la presenza di strumenti che sono stati installati dal 2012 da Michael Retelle, ex allievo e coautore dell’Umass Amherst, attualmente professore di scienze della terra e del clima al Bates College. Questi strumenti tracciano il momento preciso in cui i sedimenti entrano nel lago ogni anno. I sedimenti si riversano nel lago durante i sempre più frequenti temporali anomali. (AGI)