I grandi animali preistorici come i mammut sembrano essere l’elemento principale nell’abitudine alimentare degli antichi americani. A questo curioso risultato giunge uno studio, pubblicato sulla rivista Science Advances, condotto dagli scienziati della McMaster University. Il team, guidato da James Chatters, ha utilizzato l’analisi degli isotopi stabili per modellare le abitudini alimentari di una donna appartenente al popolo Clovis. Rinvenuto in Montana, in un sito funerario Clovis, il corpo della donna risale a circa 13 mila anni fa, ed era la madre di Anzick-1, un bimbo di appena un anno e mezzo analizzato nell’ambito di studi precedenti. Abitanti del Nord America, i Clovis erano ritenuti specializzati nella caccia ai grandi animali. Durante questo periodo di tempo, i mammut vivevano sia nell’Asia settentrionale che nelle Americhe e migravano per lunghe distanze, per cui erano una risorsa affidabile, ricca di grassi e proteine. “La possibilità di utilizzare questi animali come fonte di cibo – sostiene Chatters – contribuisce a spiegare in che modo il popolo Clovis si sia potuto diffondere in tutto il Nord America e nel Sud America in appena poche centinaia di anni. Ciò conferma anche molti dati provenienti da altri siti, come le dimensioni dei resti di megafauna e delle punte di frecce trovati nei siti Clovis”. La caccia ai mammut forniva uno stile di vita flessibile e ha permesso a queste comunità di spostarsi in nuove aree senza dover fare affidamento su selvaggina più piccola e localizzata, che invece poteva variare significativamente da una regione all’altra. “Questi umani erano notevolmente mobili – commenta Potter – trasportavano risorse come pietre per utensili per centinaia di chilometri”. I ricercatori hanno modellato le abitudini alimentari del popolo Clovis analizzando i dati isotopici relativi ai resti di Anzick-1 e di sua madre. Gli isotopi, spiegano gli esperti, forniscono un’impronta chimica della dieta di un consumatore e possono essere confrontati con quelli di potenziali elementi della dieta per stimare il contributo proporzionale di diversi elementi”. Il gruppo di ricerca ha quindi confrontato l’impronta digitale isotopica stabile della madre con quella di una vasta gamma di fonti alimentari dello stesso periodo e della stessa regione. Stando a quanto emerge dall’indagine, circa il 40 per cento dell’alimentazione della donna si basava sulla carne di mammut, mentre il resto era associato a grandi animali, come alci e bisonti. A differenza di quanto ipotizzato in precedenza, i piccoli mammiferi svolgevano invece un ruolo molto marginale nell’alimentazione di questa popolazione. Da ultimo, gli studiosi hanno confrontato la dieta della madre con quella di altri onnivori e carnivori dello stesso periodo, tra cui leoni americani, orsi e lupi. Questo paragone ha rivelato delle similitudini con le abitudini dei felini dai denti a sciabola, specializzati nella caccia ai mammut. I risultati, sostengono gli autori, suggeriscono anche che i primi esseri umani potrebbero aver contribuito all’estinzione della megafauna durante l’era glaciale. “Questo studio – conclude Shane Doyle, direttore esecutivo di Yellowstone Peoples, che ha contattato numerosi rappresentanti dei governi tribali in Montana, Wyoming e Idaho – rimodella la nostra comprensione di come i popoli indigeni in America prosperassero cacciando il mammut, che era uno degli animali più pericolosi e dominanti dell’epoca”. (AGI)