Sanità territoriale integrata: Terzo settore e istituzioni si sono confrontati ieri all’Assemblea regionale siciliana sulle possibili strategie di collaborazione in vista di obiettivi strategici delineati dalla riforma dell’assistenza territoriale e dalla Missione 6 del Pnrr. Un approfondimento, organizzato dalla Samot, storica realtà delle cure palliative, sul ruolo del Terzo settore nell’ambito della programmazione sanitaria regionale e della progettazione degli interventi sociosanitari di supporto alle politiche di welfare e di tutela della salute. “Sanità integrata è il nodo principale dello sviluppo della sanità – commenta Giorgio Trizzino, fondatore e coordinatore della Samot nonché relatore del disegno di legge 117/17 “Codice del Terzo settore” al Senato e alla Camera – è prevista nel Pnrr, bisogna dunque collaborare con tutte le realtà che sono presenti nel sociale. Integrare vuol dire fare lavorare accanto enti locali e sanità. In Sicilia siamo un pò indietro rispetto a questa parte della riforma, occorre fare in fretta”. Coinvolti i vertici degli assessorati regionale della Salute e della Famiglia, esperti e rappresentanti del Terzo settore. Un primo passo con l’impegno e la promessa di tornare a confrontarsi in autunno nell’ottica di questa integrazione, diventata urgente e necessaria. Il ruolo del Terzo settore costituisce un valore aggiunto ai sistemi territoriali coniugando aspetti sanitari e aspetti sociali insiti già nel loro statuto. Di fronte alla necessità di una medicina territoriale in agonia, occorre una progettualità che coinvolga maggiormente tali enti, capaci di supportare il sistema sanitario e nello stesso tempo tutelare i cittadini garantendo una sanità accessibile a tutti.
“Il contributo chiave del Terzo settore per una sanità territoriale integrata” è stato il titolo del convegno moderato da Ignazio Tozzo, ragioniere generale della Regione siciliana, e dal direttore di Tv2000 e RadioInBlu Vincenzo Morgante. Tra esperienze, criticità e proposte, il dibattito è entrato subito nel vivo con la volontà da parte di tutti partecipanti di porre le basi per una nuova sanità territoriale a partire dalla valorizzazione dell’assistenza domiciliare. “In un contesto di invecchiamento della popolazione e di aumento delle malattie croniche – aggiunge Trizzino – le cure domiciliari rappresentano un’area di fondamentale importanza all’interno del sistema sanitario. Il ruolo cruciale del Terzo settore consiste nell’assistenza diretta, nel supporto logistico e psicologico e nella garanzia della continuità delle cure. Le cure domiciliari migliorano la qualità di vita del paziente riducendo al tempo stesso i costi sanitari complessivi, evitando ricoveri ospedalieri e degenze prolungate, alleggerendo la pressione su ospedali e case di cura, contribuendo ad un utilizzo più efficiente delle risorse sanitarie pubbliche e private”. Il dirigente generale del Dipartimento di pianificazione strategica dell’assessorato regionale della Salute Salvatore Iacolino ha sottolineato: “Serve alimentare correttamente i flussi di informazione per garantire una presa in carico completa del paziente e garantire agli over 65, che hanno bisogno, un’assistenza a casa dove evidentemente il comfort e il percorso di umanizzazione possono essere applicati con grande intensità e concretezza”. Il cambio di passo a favore di una sanità integrata è stato fatto, a detta della dirigente generale dell’assessorato regionale alla Famiglia Maria Letizia Di Liberti: “L’articolo 55 del decreto 117 stabilisce proprio come gli enti del Terzo settore possono, assieme alle pubbliche amministrazioni, identificare quelli che sono i fabbisogni, e quindi la programmazione in senso lato, ma anche la progettazione di interventi specifici. Tutto questo interessa l’ambito sociale, del quale mi occupo, ma anche quello sanitario”. Delle criticità sul fronte integrazione ha parlato il dirigente generale del Dipartimento per le attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico Salvatore Requirez, mentre la presidente della Federazione italiana cure palliative Tania Piccione, nonché coordinatrice regionale della Samot, ha tracciato una lucida analisi sull’impatto sociale delle cure palliative. Tra gli esperti che hanno partecipato all’incontro, l’economista Leonardo Becchetti: “C’è bisogno di un mix tra pubblico, privato profit e privato not for profit dove ognuno metta in gioco quelle che sono le proprie caratteristiche e i propri vantaggi competitivi. Il pubblico per le situazioni gravi, le acuzie; il privato per il post acuzie, la tecnologia e i materiali; il non profit per le attività di più alto valore relazionale e di servizio”. Qualità della vita, coesione sociale e dimensione relazionale “sono aspetti su cui puntare oggi – ha sottolineato Luca Degani, presidente Uneba (l’Unione nazionale enti di beneficenza e assistenza) Lombardia – il Terzo settore da sempre ha risposto ai bisogni in divenire della società italiana. Lo ha fatto nell’Ottocento quando rispondeva alla povertà economica, agli inizi del Novecento quando ha creato la cooperazione per quei lavoratori che con la prima rivoluzione industriale italiana necessitavano di risposte su sanità e vita, per le fragilità e lo svantaggio sociale alla fine del Novecento con le onlus. Oggi risponde con le imprese sociali e con i nuovi soggetti del Terzo settore”. Presente anche il portavoce Forum Terzo Settore, Giuseppe Montemagno: “Il Terzo settore, soprattutto negli ultimi anni e durante l’emergenza epidemiologica da Covid-19, ha dimostrato il valore della sua presenza nel territorio attraverso la vicinanza e l’aiuto concreto alle persone. Con il Codice del Terzo settore, approvato nel 2017, è stato finalmente dato un riconoscimento legislativo e normativo ad attività svolte da tantissimi anni ma c’è ancora tanto da fare, soprattutto sul tema della co-programmazione e co-progettazione introdotti dal Codice e su questo bisogna lavorare con le amministrazioni pubbliche”. (AGI)