Secondo i recenti dati della International Respiratory Coalition, un’alleanza contro le malattie respiratorie tra 54 Paesi europei di cui anche l’Italia è entrata a far parte di recente, la bronchite cronica “toglie” il respiro a 3,5 milioni di persone in Italia, e “ruba” oltre 480mila anni di vita in salute, collocando il nostro Paese al secondo posto nell’Unione Europea, dopo la Germania, per la peggior qualità di vita causata dalla BPCO. Tra chi ne soffre, la metà non è in grado di affrontare le attività quotidiane, come salire una rampa di scale o perfino spostarsi da una stanza all’altra della casa. Nei casi più severi i pazienti affermano che, tosse insistente e mancanza di fiato costante, rendono la vita difficile per almeno 24 giorni al mese. Contro questa malattia non esistono cure, ma solo trattamenti farmacologici, broncodilatatori e antinfiammatori, che aiutano a gestirla. A queste efficaci terapie ormai consolidate, si aggiunge ora un nuovo e promettente approccio “naturale”, un mix di arginina e vitamina C che, agendo sinergicamente, riduce la dispnea con un impatto positivo importante sulla qualità della vita dei pazienti. A dimostrarlo è uno studio multicentrico italiano, che ha coinvolto la UOC Pneumologia dell’Ospedale Luigi Sacco di Milano e l’Ospedale Civico di Codogno, in provincia di Lodi. I risultati verranno presentati in occasione del XXV Congresso Nazionale di Pneumologia, che si aprirà domani a Milano, e in vista della XXII Giornata Mondiale della BPCO che si celebra il prossimo 20 novembre, quest’anno dedicata alla conoscenza della funzionalità respiratoria. “Nel nostro Paese la bronchite cronica registra numeri importanti, con una prevalenza al di sopra dei 40 anni del 5-10%, che raggiunge il 20% negli over 70, con 28mila decessi ogni anno e costi diretti e indiretti di circa 15 miliardi di euro – dichiara Pierachille Santus, Professore di Malattie Respiratorie presso l’Università degli Studi di Milano e Direttore di pneumologia all’ospedale Sacco di Milano e autore principale dello studio -. La broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) deriva da un’infiammazione cronica dell’apparato respiratorio che “restringe” le vie aeree riducendo il passaggio dell’aria verso i polmoni e distrugge così il tessuto polmonare dove avviene lo scambio di ossigeno con il sangue. È importante intercettarla ai primissimi sintomi, non sottovalutarla e ricordarsi che il fattore di rischio principale è tutt’ora il fumo”, spiega. Un’indagine condotta da GfK Eurisko in cinque paesi europei (Italia, Germania, Regno Unito, Belgio e Spagna), su un campione di 4.250 persone con BPCO dai 18 anni in su, ha mostrato che nel 79% dei casi i pazienti hanno difficoltà a fare qualsiasi tipo di attività sportiva; nel 62% non riescono a dedicarsi come vorrebbero al proprio hobby; nella stessa percentuale (62%) non riescono a prendersi cura dei bambini o a giocare con loro; il 56% limita i viaggi, il 53% la vita affettiva, il 47% gli incontri con gli amici e il 42% le uscite per andare al ristorante, al cinema, a teatro, al pub. “Per questo è essenziale riuscire a trovare nuovi approcci terapeutici in grado di migliorare la qualità della vita dei pazienti, costretti a convivere con una patologia cronica caratterizzata da sintomi fortemente impattanti, quali fiato corto, stanchezza, tosse secca e difficoltà respiratorie”, sottolinea Santus. Il nuovo studio è stato condotto su 150 pazienti con BPCO, divisi in due gruppi: in aggiunta alla terapia inalatoria standard, a 77 soggetti è stato dato il mix di arginina e vitamina C e a 74 solo un placebo. All’inizio dello studio tutti i soggetti mostravano caratteristiche simili e avevano un livello simile di gravità della malattia, ma successivamente sono emerse significative differenze fra i due gruppi in termini di qualità della vita e di benessere percepito. Dopo 4 settimane di trattamento, infatti, i ricercatori hanno registrato un significativo miglioramento nella scala CRQ, un questionario di misurazione utilizzato per valutare la qualità della vita dei pazienti e che tiene conto, nello specifico, di quattro aspetti: dispnea, affaticamento, funzione emotiva e capacità di svolgimento delle attività quotidiane. Gli stessi pazienti hanno beneficiato, in particolare, di una significativa riduzione della dispnea. Inoltre, è stato evidenziato anche un significativo miglioramento nella scala LCADL (London Activity of Daily Living Scale), altro strumento che valuta il livello di dispnea durante le attività quotidiane, la cura di sé, le attività domestiche, l’attività fisica e le attività ricreative. “I dati indicano chiaramente che il mix di arginina e vitamina C, in aggiunta alla terapia inalatoria standard in fase clinicamente stabile, è capace di indurre un miglioramento della qualità di vita e della dispnea – evidenzia Santus -. L’arginina è un amminoacido con un ruolo nella produzione di ossido nitrico (NO), prodotto dall’endotelio come modulatore del tono vascolare. La produzione di livelli adeguati di NO nell’endotelio vascolare è fondamentale per la regolazione del flusso sanguigno e per la vasodilatazione, fattori che contribuiscono a migliorare la performance muscolare. La vitamina C liposomiale, invece, grazie ad una nanotecnologia che ne ottimizza l’assorbimento senza effetti collaterali, riduce lo stress ossidativo e migliora lo stato di salute generale dell’apparato respiratorio. Alla luce di questi dati – conclude l’esperto – sono necessari ulteriori futuri studi che ci consentano di individuare i fattori predittivi della risposta clinica al mix di arginina e vitamina C, somministrata in aggiunta all’abituale terapia inalatoria, nei pazienti con Bpco”. (AGI)