Salario minimo: Orlando, da Meloni effetto Frankenstein su Cnel


“Quando noi poniamo la questione salariale non poniamo soltanto una questione di equità, perché, con buonapace di Brunetta, se diciamo che la contrattazione copre il 95% dei lavoratori italiani e poi contemporaneamente che in 40 anni i salari anziché andare avanti sono andati indietro del 3%, è la dimostrazione palmare che la contrattazione da sola non funziona. Diciamo che sul CNEL c’è stato un effetto Frankenstein, la Meloni ha prodotto una cosa che io temo non riuscirà a controllare conoscendo Brunetta, ma lo dico con grande affetto riconoscendo anche delle doti a Brunetta”. Lo ha detto il deputato Pd Andrea Orlando nel suo intervento conclusivo della Festa nazionale di DEMS, associazione da lui fondata e di cui è presidente, a Rimini. “Ma non serviva investire il CNEL per scoprire che Brunetta era contrario al salario minimo, bastava guardare i verbali del governo Draghi nel quale quell’ipotesi non è stata presa in considerazione, ci fu una divisione politica dentro quel governo su questo tema. Ma quando noi poniamo una questione dei salari poniamo una grande questione di competitività del paese perché non si sta parlando in questo momento del fatto che questo paese è un paese nel quale per dieci persone che vanno in pensione soltanto otto entrano nel mercato del lavoro, perché l’inverno demografico di cui per tanti anni si è parlato sta entrando dentro il mercato del lavoro e mentre non entrano nuovi lavoratori contemporaneamente nell’arco degli ultimi tre anni oltre un milione di italiani se ne sono andati a lavorare in altri paesi. Lavoratori formati contro lavoratori non formati – ha aggiunto Orlando – che importiamo per supplire, se ne sono resi conto anche quelli di destra, al fatto che sempre di più sono le persone che se ne vanno e sempre di più quelle qualificate. Il tema dei salari non è un tema che riguarda soltanto le forze della sinistra, dovrebbe essere una grande priorità nazionale perché come spiegano degli economisti che non sono particolarmente radicali, nei momenti di cambiamento le imprese sono chiamate a scegliere se investire in tecnologia o in forza lavoro, se la forza lavoro è particolarmente conveniente non si investe in tecnologia e se non si investe in tecnologia non si innova il modo di produzione e se non si innova il modo di produzione tu nel corso degli anni perdi quote di mercato a livello globale, questo rischia di succedere”, ha concluso. (AGI)