Per la prima volta, a cent’anni dal suo omicidio per mano della milizia fascista il 10 giugno 1924, viene esposta a Roma a Palazzo Braschi la ‘pistola fumante’ del delitto di Giacomo Matteotti. Si tratta della lettera scritta dal carcere a Benito Mussolini da Amerigo Dumini, capo della squadra fascista che uccise il parlamentare socialista, il cui corpo fu ritrovato solo il 16 agosto 1924. Malgrado sia una testimonianza di incredibile portata storica, non è l’unico motivo di interesse della mostra ‘Giacomo Matteotti. Vita e morte di un padre della democrazia’ al Museo di Roma a Palazzo Braschi da domani 1 marzo al 16 giugno 2024.
Curata da Mauro Canali con la direzione e il coordinamento di Alessandro Nicosia, la mostra ripercorre la vita del leader socialista, deputato e segretario del Partito Socialista Unitario (Psu), dagli esordi giovanili all’affermazione nazionale, dalle battaglie per la democrazia all’opposizione al fascismo, di cui aveva compreso fra i primi la natura totalitaria, fino al brutale omicidio perpetrato dal regime mussoliniano. Con la profonda dignità e l’alto senso civico dimostrati in un tragico momento della nostra storia, Matteotti è diventato l’archetipo dell’avversario tenace e incorruttibile del fascismo. Un esempio il suo, animato da un solido imperativo morale e da un forte slancio civile, che ancora interroga la vita politica e culturale del nostro Paese.
“La mostra per la prima volta fornisce documenti istruttori raccolti da Mauro Del Giudice e Guglielmo Tancredi, due magistrati serissimi, che risolvono in maniera chiara il vecchio dilemma se Mussolini sapesse o meno dell’omicidio”. A dirlo durante l’incontro con la stampa il professor Canali, grande biografo di Matteotti, che a maggio manderà di nuovo in stampa il suo libro sul leader del Psu ucciso un secolo fa rivelando documenti inediti sul ‘pilotaggio’ del ritrovamento del cadavere circa due mesi dopo l’assassinio.
“Ci sono lettere scritte dal killer a Mussolini – ha spiegato Canali – in cui diceva al Duce che aveva eseguito i suoi ordini e gli chiedeva di tirarlo fuori di galera (per la cronaca fu condannato a cinque anni, undici mesi e venti giorni, di cui quattro condonati in seguito all’amnistia generale del 1926 – ndr)”.
“Mussolini quindi non solo sapeva, ma ha dato l’ordine di uccidere Matteotti”, ha detto ancora il professore sottolineando che c’era anche un chiaro movente: “Nella mostra abbiamo dato spazio al discorso fatto in Parlamento da Matteotti il 30 maggio 1924. Lì il leader del Psu fa capire di essere un pericolo – ha aggiunto – gli storici si sono soffermati molto sul movente, sembrava che Mussolini fosse impazzito decidendo questo omicidio in dieci giorni”. “Ci doveva essere qualcosa di più. A mio avviso la mostra lo dice – ha spiegato ancora Canali – infatti c’è un articolo pubblicato postumo in Inghilterra di Matteotti che accusa il governo fascista di essere corrotto e di aver preso i soldi sulla questione petrolifera. Il killer quando esce e teme per la sua vita, manda all’estero una lettera-testamento in cui scrive di aver ricevuto l’ordine di uccidere Matteotti perché non palasse l’11 giugno 2024 quando avrebbe denunciato la questione della corruzione legata al petrolio”, ha concluso.
Alla presentazione della mostra c’erano anche il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri oltre all’assessore alla Cultura del Comune di Roma Miguel Gotor. La Capitale si appresta a ricordare la figura di Matteotti nel centenario dell’omicidio con diverse iniziative di cui la mostra è uno dei momenti più importanti.
“E’ una mostra doverosa perché ricorre nel centenario assassinio, ma anche perché non i limita a ricordare Matteotti martire del regime fascista, ma anche a ricordare e valorizzare la sua figura straordinaria di politico socialista protagonista di pagine importanti della Storia d’Italia tra cui quella che lo vide intransigente oppositore del regime. Ma anche la sua interessantissima parabola”. Così il sindaco Gualtieri ricordando la figura del politico ucciso dal regime fascista, quello che l’ex segretario del Psi e oggi presidente della Fondazione Nenni, Claudio Martelli, ha definito “un eroe” (“Di Matteotti si parla solo come un martire. Tipica trasfigurazione italiana: è un eroe, non una vittima inconsapevole della sua fede ma uno che ha sfidato il regime e stava per documentare la corruzione”).
“Matteotti è stato sempre dalla parte giusta della Storia – ha aggiunto Gualtieri – un uomo contro la guerra, contro il fascismo, critico all’interno del Psu con i legami con la Russia. La mostra ci evita di schiacciare Matteotti nella pagina tragica della sua biografia. Parla di lui prima e di quello che ha lasciato, la sua eredità. Si è appena chiusa la mostra su Berlinguer e ora questa che fa parte di una politica culturale che noi vogliamo rilanciare”, ha detto il sindaco.
Main partner dell’esposizione è Banca Ifis. Alla presentazione il presidente Ernesto Fürstenberg Fassio ha sottolineato che “il sostegno alla mostra su Matteotti ribadisce l’impegno della Banca Ifis a favore della sostenibilità culturale”. “Con questo evento – ha concluso il presidente di Banca Ifis – vogliamo anche ribadire il nostro impegno a favore della sostenibilità culturale, un aspetto fondamentale della nostra idea di sostenibilità, che abbraccia la dimensione ambientale, sociale e di governance. Perché la cultura è un motore di crescita e sviluppo sostenibile, un mezzo per costruire comunità più consapevoli, resilienti e inclusive”. (AGI)
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