RIVOLUZIONE FISCALE, DIMEZZATA L’IMPOSTA SUI REDDITI DI CAPITALE


 

Di Renato Costanzo Gatti

L’articolo 27 della legge di bilancio Meloni che chi ha redditi da capitale assolve a ogni richiesta del fisco, presente o futura, pagando il 14% — non più il 26% previsto dalla legge — su quanto guadagnato con l’investimento fatto. La sola condizione è che si versi tutto entro settembre, anche senza vendere le quote proprie di fondi o i titoli in portafoglio.

L’obiettivo del governo è appunto raccogliere soldi subito: la Ragioneria stima quasi mezzo miliardo da questo provvedimento.

Ma un effetto delle misure è quello di dimezzare o quasi le tasse su chi ha redditi da capitale, benché questi ultimi siano già tassati molto meno dei redditi da lavoro. L’impatto sarà massiccio perché, secondo l’Istat, in Italia nei fondi comuni sono investiti circa 700 miliardi di euro e circa 1.200 miliardi in polizze assicurative.

Regaliamo soldi al capitale, alla rendita, alla speculazione e tagliamo le pensioni; dove sono i partiti? Dove sono i sindacati? La destra sta rivelando la sua natura di serva del capitale e nemica del lavoro.

Le lacrimevoli discussioni filosofiche sul limite del 60 euro del point of sale (POS) denunciano l’incapacità intellettuale della sinistra di comprendere il vero gioco pro rendita messo in moto dall’art. 27.

Quell’articolo permette di prendere le quotazioni del 31/12/2022 come base per calcolare la differenza rispetto al prezzo di acquisto e quindi di determinare la base imponibile delle speculazioni finanziarie al prezzo stracciato, da fiera di paese, del 14%.

Ma chi ha scritto quella norma non ha previsto che il capitale, nella sua integerrima avidità di guadagno, potrebbe organizzare una colossale fregatura di stato. Infatti se al 31 dicembre  ogni quotazione di borsa fosse determinata dalla programmata vendita di una sola azione di ogni titolo ad un prezzo catastroficamente basso, ebbene su quel prezzo si determinerebbe una perdita che produce due effetti: primo effetto si renderebbero intassabili le plusvalenze  realizzate sui titoli che ricorrono alla liquidazione figurativa prevista dalla legge; secondo effetto la perdita immaginaria determinata sarebbe compensabile con le plusvalenze realizzate su altri titoli.

Insomma, un duplice regalo a “chi fa”, alla rendita, alla speculazione finanziaria, ai mondi estranei al mondo del lavoro. Se quindi al 31/12 ci sarà un crollo in borsa non terrorizzatevi, è una manovra per arricchire i ricchi, alla faccia dell’art. 1 della costituzione che d’ora in poi recita essere l’Italia “una repubblica fondata sulle imposte pagate dal lavoro”.