Pioggia di emendamenti, con distinguo, dalle opposizioni sul premierato forte voluto dal centrodestra e portato a sintesi dal governo con 4 modifiche che giungono dopo il confronto con i leader dei partiti. A ‘metterci la faccia’ in commissione Affari costituzionali del Senato sarà infatti, come si è appreso, l’esecutivo. Il che, a norma di regolamento, aprirà il termine per presentare dei subemendamenti e allungherà, di fatto, i tempi rispetto alla prima ipotesi, quella di fare firmare le modifiche al ddl Casellati ai capigruppo di maggioranza.
Ma è necessario partire dai testi che sono stati messi a punto, innanzitutto da quello che riscrive l’articolo 94 della Costituzione. Si è, infatti, appreso che il punto di caduta trovato dal ministro Elisabetta Casellati, al termine di un week end di lavoro e confronto, porta a una riformulazione: “In caso di revoca della fiducia al presidente del Consiglio eletto, mediante mozione motivata, il Presidente della Repubblica scioglie le Camere. In caso di dimissioni volontarie del Presidente del Consiglio eletto, previa informativa parlamentare, questi può proporre, entro sette giorni, lo scioglimento delle Camere al Presidente della Repubblica, che lo dispone. Qualora non eserciti tale facoltà e nei casi di morte, impedimento permanente, decadenza, il Presidente della Repubblica può conferire, per una sola volta nel corso della legislatura, l’incarico di formare il Governo al Presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento con il Presidente del Consiglio”. Il ‘boccino’, si riassume da esponenti di maggioranza, resta comunque in mano al presidente votato dai cittadini. Al premier poi viene attribuito il potere di proporre la revoca dei ministri e nel testo restano le modifiche sul semestre bianco salta il premio di maggioranza previsto al 55%. Dal Giappone, è il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni a dare l’imprimatur alla norma anti ribaltone: “Per quello che riguarda la maggioranza, sono molto contenta del fatto che lavorando si sia trovata una formulazione della norma che e’ piu’ chiara rispetto alla precedente e che ribadisce un fatto semplice: sono gli italiani, se passa la riforma, che devono scegliere da chi farsi governare. Serve stabilita’ dei governi, basta con gli inciuci, basta col trasformismo, basta con i governi tecnici”, dice. Mentre una voce critica si leva dal centrodestra, con l’ex presidente del Senato Marcello Pera, che parla di un lavoro non ancora terminato.
Dalle opposizioni, intanto, è pioggia di modifiche. Alla base di molte, la convinzione che quello maggioranza sia “un vero pasticcio”, per alcuni addirittura “inemendabile”. Sono circa duemila le richieste di cambiamento che arrivano dalle forze di minoranza: 1000 da Avs, circa 800 dal Pd, 12 da M5s (‘mai alla Calderoli’, sottolineano i pentastellati per spiegare che non puntano all’ostruzionismo), 16 da Iv che vuole sminare anche il diritto di fronda del ‘premier in seconda’, 8, si è appreso, da Azione. Quanto ai tempi d’esame, una volta ‘fascicolati’ i testi, spetterà al presidente della Prima Commissione di Palazzo Madama, Alberto Balboni, avanzare una proposta. (AGI)
MAO