AGI – Forte volatilità per il mercato delle materie prime, in un ciclo che rimarrà rialzista. Questa la previsione dell’analista Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity, secondo cui la corsa nell’applicare sanzioni più pesanti alla Russia per l’invasione dell’Ucraina avrà un impatto drammatico per l’economia manifatturiera europea.
L’unica strada che l’Italia ha davanti è diversificare le fonti e gli approvvigionamenti, accelerare la firma di contratti di fornitura con i paesi africani e dare piena capacità ai rigassificatori che non stanno viaggiando a pieno regime.
“Ad oggi non sono ancora state applicate sanzioni specifiche nel comparto materie prime ed energia ma è come se fosse già avvenuto – spiega Torlizzi all’AGI – perché il mercato sconta l’incertezza sulle sanzioni e sulle restrizioni alle esportazioni nonché l’ipotesi dell’esclusione della Russia dal circuito Swift. Le banche non stanno accettando lettere di credito e questo blocca i commerci”.
Secondo problema sono le interruzioni delle tratte commerciali: “Il traffico marittimo sul Mar Nero è bloccato. Le forniture di ghisa dalla città ucraina di Mariupol non arrivano già più in Italia. È un problema enorme per il settore siderurgico”.
“Non solo le acciaierie non quotano il materiale – fa notare Torlizzi – ma lo stesso a cascata avviene per l’ alluminio. La Russia, attraverso la compagnia Rusal, detiene il 6% della produzione mondiale e i fornitori europei hanno bloccato le quotazioni”.
Il conflitto – ricorda l’esperto – arriva in un momento in cui i mercati dovevano già fare i conti con le tensioni legate all’offerta che duravano da circa due anni. L’escalation militare ha incendiato una situazione già difficile e questo non può che tradursi in una forte volatilità dei prezzi.
“Il quadro è molto nervoso e si presta a fiammate che poi rientrano ma la tensione è strutturale”. A spingere al rialzo le materie prime è in primo luogo – osserva Torlizzi – la decisione della Germania di “cancellare più o meno definitivamente Nord Stream 2. La politica energetica della ex cancelliera Merkel, che ha puntato sul gas russo e sullo sviluppo delle fonti rinnovabili riducendo l’energia nucleare, ha accresciuto la dipendenza dalla Russia. È stata una politica miope, incentrata sugli interessi tedeschi”.
Per l’Europa invece – afferma Torlizzi – la cosa giusta da fare è diversificare le fonti: “È importante quanto ha detto il premier Draghi, che ha aperto al carbone, all’estrazione nel Mar Adriatico, al gas del Nord Africa, alla Tap, inserendo le fonti rinnovabili in un mix sostenibile”.
Un processo però che richiederà anni ma di cui “il Paese ha comunque enormemente bisogno. È diventato ormai chiaro che un piano di sviluppo non può essere basato sul green senza l’apporto del fossile: le due fonti devono andare di pari passo. La sfida dei prossimi anni sarà di aumentare le energie verdi ma gradualmente“.
Ora invece l’Italia e l’Europa sono con le mani legate. “Con la Russia non abbiamo potere negoziale, non abbiamo margine di manovra. È chiaro a tutti che chi controlla la materia prima ha un vantaggio competitivo su tutti gli altri. L’Occidente sconta una situazione di grande dipendenza e ora l’auspicio è che possa nascere un dibattito più sano e non ideologico“.
La situazione del gas
“Le quotazioni del gas sono diminuite rispetto al picco toccato subito dopo l’invasione russa, ma finché non sarà chiaro il quadro della situazione in Ucraina non ci sarà spazio per una vera discesa: anche con un calo del 30% siamo sempre a un prezzo doppio rispetto a gennaio”, spiega Torlizzi.
“La cancellazione di Nord Stream 2 comporterà il rincaro dei prezzi gas per i prossimi anni di circa 30 euro a megawattora. Se per quest’anno si stimava un prezzo medio al Ttf di 50 euro per Megawattora, senza il gasdotto arriveremo nell’anno a 80. Questo perché il mercato contava su Nord Stream 2”.
“Il punto chiave – prosegue – è il livello dell’azione di ristoccaggio di gas nella stagione estiva: se si rivelasse più debole del previsto, il rischio è di arrivare all’inverno con un livello insufficiente. A questo punto, non si tratta di calcolare solo la fiammata legata al rischio guerra che poi rientra: l’instabilità non potrà che aggravarsi”.
Il presidente Usa Biden ha promesso un apporto ma per Torlizzi “non sarà sufficiente a colmare l’eventuale blocco delle forniture russe, che nessun player mondiale può rimpiazzare”.
La prospettiva allora, è lavorare per ridurre pian piano la dipendenza da Mosca. “Bisogna tener conto che gli impianti di gas liquefatto statunitensi già lavorano al massimo della capacià produttiva e che noi non abbiamo sufficienti rigassificatori. Inoltre, si tratta di un gas che tende a costare di più rispetto a quello che arriva tramite gasdotto. Infine, ricorrere al gas liquefatto ci costringe ad entrare in concorrrenza con l’Asia e con la Cina in particolare”.
E la Germania? “Probabilmente confida nel gas liquefatto americano ma non ha rigassificatori. Credo che assisteremo a grandi sorprese sul fronte tedesco: non mi stupirebbe se Berlino riattivasse le centrali nucleari”.
La questione minerali
Occhi puntati non solo sull’alluminio, il cui costo è schizzato al massimo storico, ma anche su materiali quali palladio e titanio di produzione russa. “I prezzi – precisa l’analista – sono saliti ma non in maniera eccessiva perché ancora non ci sono sanzioni. Però i fornitori non stanno quotando. Possiamo dire che in questo momento non c’è mercato. La situazione è preoccupante”.
Anche in questo caso si deve puntare a diversificare gli approvvionamenti e a spingere la produzione ove possibile. “Ci sono Paesi come l’Australia e il Cile che hanno un sottosuolo ricco: in futuro dobbiamo concentrarci su queste aree. Ma anche l’Europa ha ricchezze che andrebbero incentivate. Bisogna però cambiare mentalità: se si vogliono mantenere alti standard di vita, la miniera vicino casa va riaperta. Dobbiamo essere consapevoli che la dipendenza viene sfruttata come arma di pressione politica“.
I prezzi dei cereali
Anche i prezzi di grano e mais stanno subendo rialzi dei prezzi importanti: “Le conseguenze non saranno solo economiche”, avverte Torlizzi. “Possono concretizzarsi effetti sociali gravi anche nei paesi emergenti, come quelli del Nord Africa: le ‘primavere arabe’ scoppiarono dopo l’aumento dei prezzi dei generi alimentari. E allora l’Europa potrebbe fare i conti con nuove ondate di flussi migratori: una prospettiva che può avere risvolti drmamatici”.
Source: agi